I beni “non soggetti” ad ammortamento
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariNell’ambito delle disposizioni civilistiche e fiscali riguardanti il bilancio ed il reddito d’impresa, sono contemplate delle fattispecie di beni che, pur avendo utilità pluriennale, non sono ammortizzabili o, se lo sono, non trovano riconoscimento in sede fiscale. Il primo gruppo di beni “non ammortizzabili” è costituito dai terreni, in considerazione del fatto che la loro utilità non si esaurisce nel tempo, salve le ipotesi in cui, in ragione del particolare utilizzo, il terreno stesso sia soggetto a un deperimento effettivo. Si tratta, in particolare, dei seguenti specifici casi (D.M. 31.12.88):
- terreni adibiti a cava per le imprese che fabbricano cemento (aliquota 8%);
- piste di atterraggio degli aeroporti (aliquota 1%);
- terreni adibiti a sedime ferroviario (aliquota 1%);
- terreni adibiti ad autostrada (aliquota 1%);
- terreni permanentemente adibiti da imprese edili a deposito di materiale (risoluzione n. 7/1579/1982).
La Cassazione (sentenza n. 10225/2017) ha affermato che il costo di acquisizione di un terreno, strettamente e funzionalmente pertinenziale ad un impianto di distribuzione di carburante, deve essere ammortizzato, ai sensi dell’articolo 102, comma 2, Tuir:
- secondo il coefficiente del 12,5% previsto dal DM 31.12.88 per “chioschi, colonne di distribuzione, stazioni di imbottigliamento, stazioni di servizio” riconducibile al Gruppo IX – Industrie manifatturiere chimiche, specie 2 – Raffinerie di petrolio, produzione e distribuzione di benzina e petroli per usi vari, di oli lubrificanti e residuati, produzione e distribuzione di gas di petrolio liquefatto;
- a condizione che rimanga accertato, in concreto, che detto terreno abbia una “vita utile” limitata, ovvero che la sua utilizzazione sia “limitata nel tempo”, ai sensi dell’articolo 2426, comma 1, n. 2, cod. civ..
Non sono altresì ammortizzabili:
- le cave per estrazione di materiale per l’edilizia, anche se è comunque riconosciuta la possibilità di dedurre il costo, nel limite della quota imputabile ad ogni esercizio, ai sensi dell’articolo 108, comma 3, Tuir, qualora l’acquisto della cava abbia “natura di costo direttamente imputabili ai beni la cui cessione dà origine ai ricavi dell’impresa stessa” (risoluzione n. 9/082/1977);
- gli autoveicoli di proprietà dei soci che vengono utilizzati da organismi economici (es. società cooperative di lavoro, carovane, compagnie, gruppi, ecc.) per il trasporto di persone o cose (risoluzione n. 9/11603/1977);
- i cavalli da corsa (risoluzione n. 9/306/1980) e le scorte vive cedute in leasing (risoluzione n. 9/1342/1980), i cui costi sono deducibili, ai sensi dell’articolo 108, comma 3, Tuir.
Anche le quote di ammortamento relative a beni utilizzati per esposizione e/o dimostrazione sono fiscalmente indeducibili dal reddito d’impresa, trattandosi di beni che non possono considerarsi strumentali all’attività d’impresa, essendo destinati alla vendita.
Non sono, inoltre, deducibili dal reddito d’impresa, le quote di ammortamento degli immobili patrimoniali, ovverosia dei fabbricati destinati a civile abitazione (categorie catastali del gruppo A, esclusi gli A/10) non utilizzati direttamente a titolo esclusivo per l’esercizio dell’impresa, a condizione che non si tratti di beni posseduti, ai fini del realizzo, dalle imprese di costruzione e rivendita immobiliare.
Infine, a norma dell’articolo 90, Tuir, le quote di ammortamento dei fabbricati in parola, concorrono a formare il reddito di impresa secondo le modalità proprie dei redditi fondiari disciplinate dall’articolo 37, Tuir, ovvero:
- per gli immobili patrimonio tenuti a disposizione dell’impresa (ovvero non locati), il reddito è determinato in base alla rendita catastale rivalutata del 5%, ai sensi dell’articolo 3, comma 48, L. 662/1996;
- per gli immobili patrimonio locati a terzi, il reddito è determinato assumendo il maggior valore tra la rendita catastale rivalutata del 5% e il canone di locazione pattuito in contratto, assunto per l’intero importo (senza poter invocare la riduzione forfetaria delle spese prevista dall’articolo 37, comma 4-bis, Tuir) ed eventualmente ridotto soltanto dell’importo delle spese di manutenzione ordinaria effettivamente sostenute sull’immobile (e rimaste a carico dell’impresa), considerate fino a corrispondenza di un tetto massimo di riduzione dei canoni di locazione pari al 15% dei medesimi.
La principale conseguenza della determinazione del reddito degli immobili patrimonio, secondo le citate regole dei redditi fondiari, consiste, infatti, nell’impossibilità di dedurre dal reddito di impresa le spese e gli altri componenti negativi relativi agli immobili stessi, compresi gli ammortamenti.