30 Settembre 2014

Gli esodi incentivati sospendono gli obblighi occupazionali

di Luca Vannoni
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Le
situazioni di crisi, richiamate da
l comma 5 dell’art.3 della L. n. 68/99, sospendono
gli obblighi occupazionali legati al collocamento dei
lavoratori disabili.   Nel novero delle ipotesi individuate da tale norma, non è inclusa la procedura di incentivazione all’esodo prevista, per i lavoratori prossimi alla pensione, dalla Legge Fornero (L. n. 92/2012, art. 4, co. 1 – 7).
A seguito dei numerosi quesiti ricevuti, il Ministero prova a colmare il vuoto normativo con la circolare 22 del 24 settembre 2014 e, con un’interpretazione analogica estensiva
, ritiene applicabile anche a tale fattispecie
la sospensione degli obblighi per il collocamento obbligatorio.
Partiamo con l’analizzare il dato letterale della norma dal dato letterale della norma.
Le ipotesi previste espressamente dal comma 5 dell’art. 3 della L. n. 68/99 sono le situazioni
di crisi aziendale, ristrutturazione, riorganizzazione, causali che legittimano al ricorso della cassa integrazione straordinaria,
i contratti di solidarietà difensivi e le aziende che attivano una
procedura di mobilità.
Tali casi non sono mai stati interpretati dal Ministero del Lavoro in modo tassativo.
La gravità della crisi attuale aveva già spinto il Ministero del Lavoro a intervenire sulla materia, con il riconoscimento
della sospensione in caso di ricorso ai Fondi di Solidarietà del settore credito, alla
cassa integrazione in deroga ovvero in caso di
contratti di solidarietà ex L. n. 236/1993.
Relativamente alla cassa in deroga, è opportuno precisare che l’interpello 10/12, nel consentire la sospensione, ha specificato che riguarda esclusivamente la cassa integrazione straordinaria in deroga, e non quella ordinaria in deroga, in quanto devono sussistere le causali che legittimano la CIGS.
Le evidenti analogie tra la procedura di mobilità e l’esodo incentivato L. n. 92/2013 portano così il Ministero, come detto, a procedere con l’estensione della sospensione.
La Legge Fornero, infatti, ha previsto tale strumento in caso
di eccedenza del personale per i datori di lavoro che impiegano mediamente
più di 15 dipendenti, mediante l’
accordo con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello aziendale,
con l’impegno del datore di lavoro di versare una prestazione pari all’importo del trattamento di pensione che spetterebbe e il versamento all’INPS della contribuzione fino al raggiungimento dei requisiti minimi per la pensione. I lavoratori interessati sono coloro che raggiungono i requisiti
pensionistici entro 4 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Tale procedura, a dire il vero,
non ha trovato nella prassi un utilizzo significativo, soprattutto a causa dei costi non proprio leggeri, anche perché il sistema pensionistico, stante i suoi precari equilibri di tenuta finanziaria, non può essere sovracaricato di costi e spese ulteriori legate a situazioni di crisi.
Ad ogni modo, si ritiene
che anche l’utilizzo dei nuovi fondi di solidarietà bilaterale, di cui è stato appena costituito il fondo residuale presso l’INPS,
potrà dare diritto alla sospensione, sempre che vi siano causali per il ricorso a tale ammortizzatore sociale legate crisi aziendale, ristrutturazione, riorganizzazione.
Ricordiamo, infine, che la sospensione
opera temporaneamente, per la durata dei programmi di risanamento, in proporzione all’attività lavorativa effettivamente sospesa e per singolo ambito provinciale.