8 Gennaio 2019

Gli enti senza scopo di lucro e la Legge di bilancio 2019 – I° parte

di Guido Martinelli
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Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale lo scorso 31 dicembre, è ormai pienamente in vigore la L. 145/2018 che reca il bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019.

Numerosi sono gli interventi normativi che incidono sulla gestione degli enti senza scopo di lucro.

Proviamo ad analizzare le novità.

L’articolo 1, comma 51, L. 145/2018 reca l’abrogazione dell’articolo 6 D.P.R. 601/1973. La norma consentiva la riduzione al cinquanta per cento dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche (oggi Ires) nei confronti degli enti di assistenza sociale, società di mutuo soccorso, enti ospedalieri, enti di assistenza e beneficienza, enti culturali in genere dotati di personalità giuridica.

La reazione del mondo del volontariato all’entrata in vigore di questa norma è stata molto forte, tanto da indurre illustri esponenti del Governo a preannunciare una “marcia indietro” con un futuro provvedimento legislativo teso a ripristinare l’agevolazione, che, comunque oggi è da intendersi abrogata.

La norma già non avrebbe comunque trovato applicazione nei confronti degli enti del terzo settore, in virtù di quanto previsto dall’articolo 89, comma 5, D.Lgs. 117/2017 (c.d. “codice del terzo settore”) a decorrere dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea di cui all’articolo 101, comma 10, del codice citato, e comunque non prima del periodo di imposta successivo alla operatività del registro unico nazionale del Terzo settore.

L’articolo 1, comma 56, L. 145/2018 abroga l’articolo 10, comma 2, D.L. 119/2018 (convertito con L. 136/2018).

Trattasi della norma, già criticata (si veda, a tal proposito, il precedente contributo “Il decreto fiscale e le novità per gli enti non commerciali”), che poneva in capo ai cessionari gli obblighi di fatturazione e registrazione relativi ai contratti di sponsorizzazione e pubblicità posti in essere dalle società e associazioni sportive dilettantistiche che avessero optato per gli adempimenti di cui alla L. 398/1991.

Il venir meno di questa norma non risolve, però, i numerosi dubbi interpretativi che ancora sono legati all’applicazione del comma precedente che esonera dall’obbligo della fattura elettronica tutti gli enti senza scopo di lucro che abbiano optato per la L. 398/1991e che nel periodo di imposta precedente hanno conseguito dall’esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a euro 65.000  prevedendo, invece, in presenza di maggiori ricavi la necessità di assicurarsi “che la fattura sia emessa per loro conto dal cessionario o committente soggetto passivo di imposta”.

I punti oscuri della norma, sui quali appare necessario un urgente chiarimento, sono i seguenti:

  1. Se l’associazione in 398/91 con volume d’affari superiore a 65.000 euro volesse emettere fattura ad un’altra associazione in regime 398, chi provvede?
  2. Il cessionario committente o soggetto passivo di imposta dovrà emettere una fattura in nome e per conto oppure emettere un’autofattura da assoggettare al regime di inversione contabile? I software che elaborano le fatture elettroniche prevedono la possibilità di emettere la fattura elettronica in nome e per conto? Come può l’ente senza scopo di lucro assicurarsene?
  3. Cosa succede se il cliente – nel rispetto del principio di inversione – emette una fattura indicando un importo diverso da quello contrattualmente convenuto? Prevale quanto indicato nel contratto e soprattutto quanto risulta dal pagamento tracciabile o prevale quanto indicato nella fattura elettronica? Quali sono i profili di responsabilità del cliente dell’associazione?
  4. Come si calcola il volume dei 65.000 euro? È necessario tener conto degli importi fatturati o degli importi che concorrono alla formazione della base imponibile? (i rapporti convenzionati, ex articolo 143 Tuir, con la Pubblica Amministrazione concorrono o meno alla formazione del plafond dei 65.000? I contributi assoggettati a ritenuta ai sensi dell’articolo 28 D.P.R. 600/1973 sono da calcolare oppure no?) Le entrate commerciali non connesse alle attività istituzionali, concorrono, o meno, al plafond dei 65.000 euro? Se nel corso del periodo di imposta successivo supero il plafond, posso continuare ad emettere fattura cartacea fino alla fine del periodo?
  5. L’associazione in 398 deve fare qualcosa per la conservazione elettronica delle fatture emesse per suo conto dal cliente?
  6. Qualora il contribuente emetta fattura per una prestazione di servizi non connessa alle attività istituzionali e conseguentemente da assoggettare agli adempimenti e modalità di liquidazione delle imposte ordinarie, in relazione a tali prestazioni si configura l’obbligo di emissione diretta della fattura elettronica o la semplificazione è legata semplicemente all’opzione del regime 398?
  7. Permane l’obbligo di emissione di fatturazione elettronica nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni? Quali sono gli obblighi di conservazione connessi?

A questo punto una riflessione si impone.

Essendo questa una norma che, nelle originarie intenzioni, doveva avere ragioni di semplificazione, che così non appare alla luce dei numerosi dubbi sopra elencati che inducono al rischio di non applicarla correttamente, la scelta potrebbe essere quella di decidere, da parte degli enti che applicano la L. 398/1991 di non applicarla e di procedere sempre e comunque, in presenza di ricavi commerciali, ad emettere fattura elettronica.

Non credo che un comportamento di questa natura possa essere in alcun modo sanzionato e ritengo che oggi, in presenza delle perplessità sopra evidenziate, questo costituisca per le associazioni, il comportamento più conveniente e meno rischioso.

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