18 Novembre 2021

Gli effetti tributari della cessione di ramo d’azienda

di Luigi Ferrajoli
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La scheda di FISCOPRATICO

L’imposta di registro è applicata secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponde il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo nonché prescindendo da quelli extra testuali e dagli atti ad esso collegati. Ciò è quanto prevede il disposto normativo di cui all’articolo 20 del “Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro” (T.U.R.), recentemente riformulato dalla L. 205/2017, che ha emendato la precedente versione (“L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”).

L’opera interpretativa che l’Ufficio, in forza della predetta norma, è chiamato a svolgere per la registrazione ha evidentemente lo scopo di accertare l’effettiva attività giuridica posta in essere dal contribuente, di modo da applicare la regola impositiva che la legge associa a tale particolare attività.

Già prima dell’introduzione della novella del 2017 la giurisprudenza aveva avuto modo di analizzare l’area delle operazioni di gestione straordinaria e, in particolar modo, il tema della cessione di partecipazioni societarie rinvenienti da un’operazione di conferimento d’azienda riqualificata poi dall’Amministrazione finanziaria come “cessione d’azienda”.

In tale contesto, le corti di merito avevano ritenuto che l’imposta di registro dovesse essere applicata secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti assoggettati a registrazione, anche in assenza di corrispondenza con il titolo o con la forma apparente, in ragione del fatto che la cessione totalitaria delle quote di una società aveva la medesima funzione economica della cessione aziendale.

Alla luce di tali presupposti, è stato riconosciuto come l’Amministrazione finanziaria avesse il potere di riqualificare come cessione d’azienda la cessione totalitaria delle quote di una società senza essere tenuta a provare l’intento elusivo delle parti” (CTP Milano, sez. VII, 15.10.2018, n. 4416).

Ciò doveva però essere contemperato con il principio per cui, ai fini della riqualificazione operata dall’Ufficio atta a “stabilire i presupposti ed i criteri della tassazione, occorre far riferimento al contenuto e agli effetti che emergono dall’atto stesso, senza possibilità di utilizzare elementi ad esso estranei, né di ricercare contenuti diversi da quelli che risultano dalla concreta realizzazione della volontà delle parti” (CTP Milano, sez. VII, 04.10.2018, n. 4159).

Per quanto attiene alla riqualificazione come vendita d’azienda soggetta ad imposta di registro con le aliquote proporzionali della vendita di una partecipazione totalitaria (preceduta o meno da un conferimento o scissione d’azienda), la Cassazione ha poi sostenuto che quest’ultima, comportando il trasferimento del potere di disposizione dell’azienda della società partecipata a favore dei loro acquirenti, fosse riqualificabile come una vendita d’azienda.

Invero, “una cessione totale delle quote di una società a responsabilità limitata e del suo intero patrimonio sottende l’alienazione della correlativa azienda, in quanto complesso di beni organizzati funzionalmente per l’esercizio dell’attività economica imprenditoriale”, tant’è che “la cessione totalitaria delle quote di una società ha la medesima funzione economica della cessione dell’azienda sociale: entrambi tali contratti tendono a realizzare l’effetto giuridico del (…) trasferimento dei poteri di godimento e disposizione dell’azienda sociale da un gruppo di soggetti (i partecipanti alla società che cedono le loro quote) ad un altro soggetto, o gruppo di soggetti” (Cass. Civ., sez. trib., sent. n. 881/2019).

In ogni caso, la riqualificazione della vendita di una partecipazione totalitaria come vendita aziendale non può essere legittimata dalla nuova formulazione dell’articolo 20 T.U.R., in quanto essa impone di applicare tale imposta “secondo gli effetti giuridici” del predetto atto, non solo tralasciando gli elementi extra testuali e gli atti collegati, ma anche considerando gli “elementi desumibili dall’atto medesimo”. Pertanto, dovendo essere considerati unicamente gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, non può rilevare lo scopo economico perseguito dalle parti, quand’anche fosse quello di acquistare in via indiretta l’azienda della società compravenduta.

Infine, il nuovo articolo 20 T.U.R. non consentirebbe alle vendite frazionate di beni o insiemi di beni che costituiscono un complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa di essere riqualificabili come vendite d’azienda posto che, in tale caso, se considerate autonomamente, esse non potrebbero dar luogo ad una vendita d’azienda.

Tuttavia, l’Ufficio conserva il potere di contestare alle parti di aver concluso una vendita d’azienda.

Ciò, naturalmente, presuppone il previo assolvimento dell’onere probatorio circa il fatto che esse abbiano perseguito la finalità di dissimulare un tale negozio dietro l’apparenza di una vendita di beni.