Gli aspetti fiscali delle case e appartamenti per vacanze
di Cristoforo FlorioIn ambito nazionale, la definizione di “casa vacanze” è rinvenibile nell’articolo 12, comma 5, Allegato 1, D.Lgs. 79/2011, a mente del quale si definiscono tali: “le case o gli appartamenti, arredati e dotati di servizi igienici e di cucina autonomi, dati in locazione ai turisti, nel corso di una o più stagioni, con contratti aventi validità non inferiore a sette giorni e non superiore a sei mesi consecutivi senza la prestazione di alcun servizio di tipo alberghiero”.
Tale norma, tuttavia, è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 80/2012) e, pertanto, allo stato attuale, i contorni legislativi della “casa vacanze” sono rinvenibili esclusivamente nelle norme regionali. Per citarne alcune a mero titolo esemplificativo:
- in Emilia-Romagna, sono case e appartamenti per vacanza gli immobili composti da uno o più locali, arredati e dotati di servizi igienici e cucine autonome, gestiti in forma imprenditoriale, per l’affitto ai turisti, senza offerta di servizi centralizzati, ad eccezione del servizio di ricevimento e di recapito, nel corso di una o più stagioni turistiche con contratti aventi validità non superiore a cinque mesi consecutivi, laddove si considera “gestione in forma imprenditoriale” quella che viene esercitata da chi ha la proprietà o l’usufrutto di oltre tre case o appartamenti e li concede in locazione con le modalità e nei limiti della definizione sopra riportata (articolo 11, L. R. 16/2004);
- in Piemonte, sono definite case e appartamenti vacanze (CAV) le unità abitative di civile abitazione, arredate e dotate di servizi igienici e di cucina autonoma, date in uso a turisti, senza la somministrazione di alimenti e bevande né l’offerta di servizi centralizzati di tipo alberghiero, ad eccezione di alcuni servizi previsti dalla normativa regionale e possono essere gestite unitariamente in forma imprenditoriale diretta o indiretta (articolo 6, L. R. 13/2017);
- nel Lazio, le case e gli appartamenti per vacanze sono strutture destinate ad abitazione ed arredate, da destinare ad uso dei turisti, collocate in uno o più stabili ubicati nel medesimo territorio comunale e gestite in forma non imprenditoriale o imprenditoriale, fermo restando che la gestione in forma imprenditoriale è comunque obbligatoria nel caso in cui il numero di case e appartamenti per vacanze sia pari o superiore a tre;
- in Campania, sono case e appartamenti per vacanze le case e gli appartamenti dati in locazione ai turisti, senza la prestazione di alcun servizio di tipo alberghiero, ma con obbligo di recapito referente ospiti, per una permanenza minima di tre giorni e massima di novanta giorni e possono essere gestite: a) in forma imprenditoriale (fornendo solo una serie di servizi specificamente previsti) oppure b) in forma non imprenditoriale, dai proprietari che hanno la disponibilità fino ad un massimo di tre unità abitative nel territorio regionale, senza organizzazione in forma di impresa e senza promozione pubblicitaria (anche in questo caso con la fornitura una serie di servizi specificamente previsti) (articolo 3, L. R. 17/2001).
Ciò premesso, sul piano tributario occorre capire quale sia la tipologia di reddito che produce la casa vacanze ai fini delle imposte dirette e, a tal fine, è necessario operare alcune distinzioni, anche alla luce delle varie normative regionali.
Come regola generale, le disposizioni locali classificano la casa vacanza quale “struttura ricettiva extralberghiera”, a differenza di ciò che di norma accade per le locazioni turistiche.
Pertanto, parrebbe logico inquadrare la casa vacanze nell’esercizio di una vera e propria attività commerciale, a differenza della locazione turistica, nell’ambito della quale, invece, non essendo mai prevista né possibile la fornitura di servizi alla persona, l’esercizio dell’attività avviene in forma di “privato” (fermo restando il limite delle quattro unità immobiliari previsto dalla normativa nazionale in relazione alle c.d. “locazioni brevi”).
Nelle locazioni turistiche, infatti, gli unici servizi forniti sono solo ed esclusivamente le utenze che corredano l’utilizzo dell’alloggio quali, ad esempio, l’uso dell’acqua, dell’energia elettrica, del riscaldamento, dell’aria condizionata, della televisione, delle linee telefoniche e delle connessioni wi-fi o di altri servizi più strettamente connessi alla cosa locata e non all’ospite.
Sulla distinzione tra locazione turistica e casa vacanze è utile ricordare che la risoluzione n. 55/E/2002 aveva chiarito che i particolari requisiti e le modalità di esercizio dell’attività ricettiva in case e appartamenti per vacanze, così come descritti dalla legge regionale, configurano un’attività affine a quella alberghiera, che presenta un carattere imprenditoriale, non essendo limitata alla mera gestione degli immobili.
Sulla base di tale assunto, quindi, qualora l’attività di casa vacanze sia svolta senza il requisito della professionalità abituale, si configurerebbe un reddito diverso derivante da attività commerciale non esercitata abitualmente (articolo 67, comma 1, lettera i), Tuir), da determinarsi come differenza fra l’ammontare dei corrispettivi delle prestazioni di alloggio percepiti e le spese inerenti alla loro produzione (articolo 71, comma 2, Tuir).
Laddove, invece, tale attività venga esercitata con una vera e propria “formula imprenditoriale”, con il requisito dell’abitualità, fornendo unitamente alla prestazione di alloggio prestazioni accessorie quali, a titolo esemplificativo, i servizi di pulizia, cambio biancheria, lavaggio e stiratura di indumenti, potrebbe sussistere una vera e propria organizzazione di mezzi e persone e, pertanto, si configurerebbe la produzione di un reddito d’impresa (in questo senso, si vedano: risoluzioni n. 381691/1980, n. 361700/1977 e n. 181786/1980, nonché Cassazione n. 21841/2018).
Alla luce di quanto precede, dunque, sembrerebbe che la gestione dell’appartamento con la formula della casa vacanze non sia invece mai suscettibile di produrre redditi di tipo fondiario, con conseguente impossibilità di applicare la cedolare secca.
Ciò in quanto, di norma, l’inquadramento regionale come casa vacanze identifica tali appartamenti quali attività turistico-ricettive extralberghiere e, indipendentemente dal fatto che i servizi alla persona siano poi effettivamente resi o meno, tale classificazione le distinguerebbe – anche sul piano fiscale – dalle locazioni turistiche, nell’ambito delle quali si verifica solo un mero godimento dell’immobile per finalità di vacanza, di durata limitata nel tempo e a fronte del pagamento di un corrispettivo da parte dell’ospite.
Peraltro, ad alimentare la confusione sul tema, vi è anche da dire che, a parere di chi scrive, appare difficilmente comprensibile la figura della casa vacanze svolta in forma non imprenditoriale, presentandosi quale una sorta di ibrido tra la locazione turistica e un’attività turistico-ricettiva extralberghiera, con tutte i conseguenti dubbi di carattere tributario relativi al corretto inquadramento fiscale del reddito.
Resta fermo che, sul piano giuridico, l’intreccio tra regole regionali e norme fiscali statali sta presentando alcuni profili di incoerenza rispetto al sistema gerarchico delle fonti del diritto vigente in Italia. Infatti, complice lo sviluppo vertiginoso della normativa in materia, finalizzato a contenere il fenomeno economico delle locazioni turistiche che è cresciuto notevolmente in poco tempo, si sta giungendo al paradosso secondo il quale una norma di rango inferiore (disciplina regionale) stabilisce, di fatto, la qualifica tributaria di un reddito ai fini dell’imposizione diretta, che invece è (o dovrebbe essere) un tema di esclusiva competenza di una norma di rango superiore (disciplina statale).