19 Marzo 2019

Finanziamento soci: il verbale assembleare non è necessario

di Alessandro Bonuzzi
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Durante l’espletamento dei controlli nei confronti delle imprese, l’Agenzia delle entrate, spesso, si sofferma con particolare “enfasi” sui finanziamenti soci, soprattutto quando riguardano somme di denaro consistenti, al fine di scovare una qualche irregolarità sulla quale poi fondare una eventuale contestazione. In molti casi, però, le verifiche si traducono in una “caccia alle streghe”.

È quanto accaduto nel caso oggetto dell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 6104 del 01.03.2019. Nell’occasione il Fisco ha riqualificato i finanziamenti dei soci erogati in favore di una Srl come contributi, con conseguente ripresa a tassazione delle somme interessate ai fini dell’Irpeg (ora Ires) e dell’Irap. La contestazione ha avuto origine dall’assenza di un verbale assembleare, non ritenendo l’Agenzia sufficiente che le risultanze di bilancio attribuissero ai versamenti natura di finanziamento; ciò in quanto lo stato patrimoniale, il conto economico e la nota integrativa costituiscono mere dichiarazioni di scienza alle quali non può essere dato alcun valore probatorio.

Già la Commissione Tributaria Regionale Sicilia, confermando la sentenza di prima grado, aveva respinto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate con conseguente annullamento integrale dell’atto accertativo. La Corte di Cassazione, nell’ordinanza in commento, ha corroborato le ragioni del contribuente ritenendo il ricorso infondato.

In tema di finanziamento soci in Srl, l’articolo 2467 cod. civ. detta una regola di interpretazione, secondo cui sono finanziamenti le erogazioni effettuate dal socio in un momento di squilibrio della società, e una regola di giudizio, secondo cui i soci finanziatori sono postergati ai terzi creditori nella restituzione delle somme erogate, senza tuttavia imporre alcuna forma legale da seguire.

Ne deriva che, al fine di qualificare la natura di un versamento di denaro del socio in favore della Srl, occorre avere riguardo ai criteri generali del diritto societario. E il criterio base per qualificare una erogazione del socio alla società è dato dalle risultanze di bilancio.

In effetti, il bilancio rappresenta il documento contabile fondamentale che la società è obbligata a redigere per dar conto dell’attività svolta nell’esercizio. Gli amministratori, nel predisporlo, si assumono la responsabilità della qualificazione che attribuiscono alle relative poste. Si aggiunga altresì che esso ha un rilievo pubblicistico, atteso il deposito presso il Registro delle imprese: pertanto, qualsiasi operazione ivi contabilizzata è opponibile ai terzi, compreso l’Erario.

Sicché può di certo affermarsi che il bilancio rappresenta il documento principale da cui partire per qualificare la natura di un’entrata patrimoniale per la società.

Di contro, la mancanza del verbale assembleare di finanziamento non può essere ritenuta dirimente, riguardando i rapporti “interni” tra soci e società. Peraltro, il vizio, dato dall’assenza del verbale assembleare autorizzativo del finanziamento, è sanato dall’avvenuta approvazione da parte dei soci del bilancio dal quale risulti l’ammontare versato.

Ebbene, nel caso oggetto della controversia in esame, la Suprema Corte ha rilevato che le risultanze di bilancio tengono conto delle somme erogate dai soci, evidenziando l’obbligo sociale di restituzione con conseguente corretta qualificazione del versamento come operazione di finanziamento. Di talché, le erogazioni di denaro devono essere esonerate da imposizione, sia ai fini Irpeg che Irap, e la contestazione mossa dall’Agenzia delle entrate non ha ragione d’essere.

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