Finanziamento dei soci sotto la lente del codice civile e del fisco – 2° parte
di Andrea BongiUno degli aspetti più delicati dal punto di vista sia civilistico che fiscale riguarda la rinuncia del socio al finanziamento a suo tempo effettuato alla società. Dal punto di vista fiscale è, infatti, essenziale, al fine di vincere specifiche presunzioni, porre in essere tutta una serie accortezze necessarie per evitare di far emergere materia imponibile da assoggettare a tassazione.
In caso di finanziamento soci, produttivo di interessi, la rinuncia del socio può riguardare anche il credito per interessi maturati, ma non riscossi con conseguenti ricadute fiscali.
Così come il finanziamento del socio alla società nasce come decisione unilaterale del socio (e non dell’assemblea), anche l’eventuale rinuncia alla restituzione, totale o parziale, costituisce una decisione di pertinenza dello stesso socio, che dovrà avere cura di comunicarla alla società in modo che l’amministratore possa predisporre le opportune scritture contabili.
Anche per la rinuncia al finanziamento è necessario predisporre almeno i due seguenti documenti:
- la comunicazione del socio di rinuncia alla restituzione;
- la presa d’atto della società alla rinuncia stessa.
Ovviamente, tali documenti, in particolare la comunicazione del socio alla società, debbono essere redatti in forma scritta e risulta preferibile che gli stessi abbiano anche data certa (conseguita, ad esempio, tramite invio con posta elettronica certificata).
La rinuncia ai finanziamenti da parte dei soci persone fisiche di una Srl aumenta il costo fiscale della partecipazione e ha effetti, ai sensi dell’articolo 47, comma 7, Tuir, in caso, ad esempio, di liquidazione della società.
Il regime fiscale della rinuncia ai crediti da parte dei soci ha subito una significativa evoluzione normativa con l’articolo 13, D.Lgs. 147/2015, che ha modificato l’articolo 88, Tuir, spostando la disciplina dal comma 4 al comma 4-bis. Secondo l’attuale formulazione normativa infatti: “La rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvenienza attiva per la società solo per la parte che eccede il relativo valore fiscale del credito.
Il socio deve comunicare alla società il valore fiscale del credito mediante dichiarazione sostitutiva di atto notorio; in assenza di tale comunicazione, il valore fiscale è assunto pari a zero”.
Tale dichiarazione sostitutiva da parte del socio dovrà essere, pertanto, rilasciata all’interno della comunicazione alla rinuncia che lo stesso invierà alla società o con atto separato.
Sul versante del socio, gli articoli 94, comma 6, e 101, comma 7, Tuir, prevedono che l’ammontare della rinuncia al credito si aggiunge al costo della partecipazione nei limiti del valore fiscale del credito oggetto di rinuncia.
In caso di liquidazione della società, l’articolo 20-bis, Tuir, attraverso il rinvio all’articolo 47, comma 7, stabilisce che l’utile da partecipazione conseguito dal socio è determinato sostanzialmente come differenza tra: “le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci … costituiscono utile per la parte che eccede il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate” (costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione che include l’incremento derivante dalla rinuncia ai finanziamenti).
Pertanto, in caso di liquidazione, viene tassata come reddito di partecipazione solo l’eventuale eccedenza tra quanto ricevuto dal socio e il costo fiscale della partecipazione, che comprende anche il valore dei finanziamenti oggetto di rinuncia.
La rinuncia al credito da parte del socio, dal punto di vista civilistico e contabile, costituisce una prestazione che aumenta il patrimonio della società ed esprime la volontà di patrimonializzare la stessa, con conseguente aumento del valore fiscale delle quote sociali.
Sul punto, è opportuno precisare, infatti, che il documento contabile Oic 28 esclude categoricamente che la rinuncia del socio al finanziamento possa determinare l’iscrizione di una sopravvenienza attiva, a prescindere dalle disposizioni contenute nel già citato articolo 88, Tuir.
In caso di finanziamento soci fruttifero, la rinuncia del socio al credito può riguardare anche gli interessi maturati, ma non percepiti.
Di questa situazione si è recentemente occupata la Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Lombardia, che nella sentenza n. 465 del 13.2.2025, ha accolto il ricorso di una società che aveva richiesto il rimborso delle ritenute sugli interessi maturati sul finanziamento fruttifero di un socio a seguito della rinuncia di quest’ultimo.
L’accoglimento della richiesta della società si è basata sul recente intervento della Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 16595/2023, ha enunciato il seguente principio di diritto:
“In tema di imposte sui redditi di capitale – in ragione di quanto previsto dagli artt. 88, comma 4-bis, 94, comma 6, 101, comma 5, t.u.i.r. a seguito delle modifiche di cui all’art. 13 L. 14 settembre 2015, n. 147 – la rinuncia, operata da un socio nei confronti della società, al credito avente ad oggetto interessi maturati su finanziamenti erogati nei confronti di una società partecipata, non comporta l’obbligo di sottoporne a tassazione il relativo ammontare, con applicazione, ai sensi dell’art. 26, quinto comma, del D.P.R. n. 600 del 1973, della ritenuta fiscale, cui la società è tenuta quale sostituto d’imposta, avendo le nuove disposizioni rimediato all’asimmetria fiscale o “salto d’imposta” di cui al precedente regime”.
In sostanza, la Cassazione ha, dunque, ritenuto che, per effetto delle modifiche normative intervenute sulle pertinenti disposizioni del Tuir a partire dall’anno d’imposta 2016, non sussistono più i presupposti giustificativi della tesi interpretativa dell’incasso giuridico (più volte sostenuta dall’Agenzia delle entrate per giustificare comunque la tassazione degli interessi e la debenza delle relative ritenute), in quanto viene meno l’esigenza di prevenire i possibili “salti d’imposta” che, secondo i giudici di legittimità, il precedente assetto normativo era in grado di generare.