18 Ottobre 2017

Fictio iuris sui fabbricabili estesa ai comproprietari non coltivatori

di Luigi Scappini
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La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22486 del 27 settembre 2017, è tornata a occuparsi di Ici, con specifico riferimento all’agevolazione, ora estendibile anche ai fini Imu, prevista per il mondo agricolo, in ragione della quale, per fictio iuris, i terreni edificabili posseduti e condotti da coltivatori diretti e/o Iap non si considerano tali, bensì agricoli e conseguentemente non scontano imposizione.

La norma, che si rende applicabile esclusivamente ai “professionisti” del mondo agricolo, intendendo come tali, in prima battuta, coloro che ritraggono la maggior parte del proprio reddito dall’attività agricola, è stata oggetto di numerosi arresti giurisprudenziali negli ultimi tempi.

Come noto, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lett. b), D.Lgs. 504/1992, non si considerano fabbricabili i terreni – sebbene ai sensi di quanto previsto dall’articolo 36, comma 2, D.L. 223/2006 siano a tutti gli effetti tali – posseduti e condotti dai soggetti indicati nel comma 1 dell’articolo 9, sui quali persiste l’utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all’allevamento di animali.

Punto di partenza è, quindi, quello di delimitare l’ambito soggettivo di applicazione della fictio iuris prevista dal Legislatore che, per effetto del richiamo ai soggetti di cui all’articolo 9, comma 1, D.Lgs. 504/1992, riguarda i coltivatori diretti e gli attuali Iap (imprenditori agricoli principali) che, a decorrere dal 2004 sono andati in sostituzione dei precedenti Iatp (imprenditori agricoli a titolo principale).

Proprio in riferimento al requisito soggettivo, la Corte di Cassazione, con una serie di recenti arresti (sentenze n. 13745/2017, n. 14132/2017, n. 14134/2017 e n. 14135/2017) ha avuto modo di precisare come il trattamento agevolato previsto per i terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti e Iatp (ora da intendersi Iap) compete esclusivamentea quanti traggono dal lavoro agricolo la loro esclusiva fonte di reddito e non va, quindi, riconosciuto, a chi sia titolare di pensione, avendo ottenuto la cancellazione dall’elenco dei coltivatori diretti anche nel caso in cui il contribuente continui a lavorare il fondo” (in senso conforme anche le sentenze n. 12565/2010 e n. 9601/2012).

La ratio della norma, a parere dei supremi Giudici, impone una tale interpretazione in quanto tesa “a incentivare la coltivazione della terra” e a rendere meno onerosa l’imposizione tributaria per tutti quei soggetti che “ritraggono dal lavoro della terra la loro esclusiva fonte di credito”, ragion per cui non compete ai pensionati.

Passando ad analizzare il requisito oggettivo richiesto, la norma è esplicita nell’individuarlo nel possesso e nella conduzione diretta del terreno e, quindi, lo stesso deve essere utilizzato per un’attività di coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali o funghicoltura.

Solamente in caso di verifica di entrambi i requisiti può rendersi applicabile la fictio iuris che, come anticipato, va a premiare coloro che ritraggono il loro reddito dall’attività agricola.

Il venir meno di tali requisiti inibisce l’applicazione dell’agevolazione, ragion per cui, ad esempio, la stessa non si renderà mai applicabile nell’ipotesi in cui il proprietario del fondo lo abbia concesso in locazione o comodato a un coltivatore diretto o a uno Iap o, comunque, in forza di un titolo concesso, non possa sfruttarlo direttamente.

Tuttavia, tale principio dell’obbligo di conduzione diretta, trova una deroga parziale nell’ipotesi di terreno posseduto in comproprietà, infatti, come affermato con la recente ordinanza n. 22486/2017 richiamata in premessa, “In tema di Ici, il D.Lgs. 504/1992, articolo 2, comma 1, lettera b) nel considerare agricolo un terreno, pur suscettibile di utilizzazione edificatoria, a condizione che sia posseduto e condotto da soggetti indicati nell’articolo 9, comma 1 (coltivatori diretti od imprenditori agricoli) e che persista l’utilizzazione agro – silvo – pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura e all’allevamento di animali, si riferisce a una situazione incompatibile con la possibilità di sfruttamento edilizio dell’area, avente carattere oggettivo, e pertanto, nel caso di comunione di un fondo edificabile in cui persiste la predetta utilizzazione da parte di uno solo dei comproprietari, trova applicazione non solo al comproprietario coltivatore diretto, ma anche agli altri comunisti che non esercitano sul fondo l’attività agricola” (in senso conforme ex multis sentenze n. 15566/2010 e n. 13261/2017).

In senso conforme si ricorda anche la circolare MEF 3/DF/2012 con cui è stato affermato come la fictio iuris si estende, in caso comproprietà di un fondo, a tutti gli intestatari, a prescindere dalla circostanza che lo stesso sia condotto da uno solo avente i requisiti richiesti.

 

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