19 Dicembre 2017

Falcidia da sovraindebitamento alla prova della nota di variazione

di Luca Caramaschi
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Nelle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento previste dalla Legge 3/2012 uno dei problemi che si pongono è quello del corretto trattamento Iva da riservare alla falcidia del credito e della corrispondente riduzione del debito da parte del soggetto interessato dalla procedura. La questione va affrontata sotto due aspetti:

  • la verifica della possibilità di ottenere la restituzione dell’Iva addebitata in fattura relativa a crediti non incassati a causa della crisi aziendale del debitore;
  • il momento a partire dal quale ciò diventa possibile.

Per risolvere la questione è necessario affidarsi alla previsione contenuta nell’articolo 26, comma 2, del decreto Iva, che negli ultimi tempi ha riscontrato un frenetico interesse normativo con il quale si era avviata una modifica per assimilare lo scenario Iva a quello delle dirette, ma che poi ha avuto un radicale ripensamento, sicché oggi è possibile emettere nota di credito solo a fronte dei casi seguenti:

  • il mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali rimaste infruttuose;
  • il mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose;
  • il mancato pagamento a seguito di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bisF., ovvero di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), sempre L.F., pubblicato nel Registro delle imprese.

Relativamente al primo punto, l’attuale scenario normativo è tornato quello “storico”, descritto nella C.M. 77/E/2000, secondo cui per emettere nota di credito è necessario attendere la chiusura della procedura: per quanto attiene, in particolare, all’ipotesi di mancato pagamento, in tutto o in parte, a causa di procedure concorsuali rimaste infruttuose, dell’importo fatturato, è da rilevare, in via generale, che tale circostanza viene giuridicamente ad esistenza allorquando il soddisfacimento del creditore attraverso l’esecuzione collettiva sul patrimonio dell’imprenditore viene meno, in tutto o in parte, per insussistenza di somme disponibili, una volta ultimata la ripartizione dell’attivo. Le aperture normative proposte con la Stabilità 2016 (L. 208/2015), che avrebbero permesso di emettere la nota di credito non alla fine ma all’inizio della procedura concorsuale (così come previsto per le imposte dirette) sono state drasticamente revocate dalla successiva Stabilità 2017 (L. 232/2016).

Con riferimento al secondo punto, è lo stesso articolo 26, al comma 12, a definire le ipotesi che permettono l’emissione nella nota di variazione, quando si afferma che “Ai fini del comma 2, una procedura esecutiva individuale si considera in ogni caso infruttuosa:

  1. nell’ipotesi di pignoramento presso terzi, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti che presso il terzo pignorato non vi sono beni o crediti da pignorare;
  2. nell’ipotesi di pignoramento di beni mobili, quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti la mancanza di beni da pignorare ovvero l’impossibilità di accesso al domicilio del debitore ovvero la sua irreperibilità;
  3. nell’ipotesi in cui, dopo che per tre volte l’asta per la vendita del bene pignorato sia andata deserta, si decida di interrompere la procedura esecutiva per eccessiva onerosità”.

Per quanto concerne, infine, le ipotesi dell’accordo di ristrutturazione del debito e del piano attestato di risanamento, va segnalato che sono state aggiunte queste fattispecie, che pur non essendo a tutti gli effetti procedure concorsuali, sono comunque inserite nell’attuale legge fallimentare. Sul piano attestato va osservato che l’elemento rilevante e necessario per recuperare l’Iva da parte del creditore è l’iscrizione del piano stesso al Registro imprese, adempimento facoltativo e comunque posto a carico del debitore, sicché il creditore nell’esercizio del suo diritto a recuperare l’Iva è condizionato dal comportamento del debitore (fattispecie simile, peraltro, a quanto accade nel comparto delle dirette).

Ma in tale scenario normativo, come si colloca l’accordo di composizione della crisi?

Alla soluzione del quesito non è di molto aiuto nemmeno il comma 3 del citato articolo 26, nel quale si ricorda che le operazioni venute meno a seguito di sopravvenuto accordo tra le parti possono essere oggetto di nota di accredito solo entro il termine di un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile. Appare chiaro, infatti, che nel caso della procedura di composizione della crisi di cui alla L. 3/2012 il venir meno dell’operazione non deriva da sopravvenuto accordo tra le parti e, quindi, certamente non si applica il termine dell’anno. Inoltre, per il creditore che ha emesso fattura al debitore che ha attivato il piano per la composizione della crisi da sovraindebitamento, la nota di variazione fa riferimento piuttosto al caso descritto nel precedente comma 2 e cioè il venir meno dell’operazione per mancato pagamento.

Al riguardo, un condivisibile approccio alla questione potrebbe essere il seguente: se non vi è dubbio che la procedura di composizione della crisi ex articolo 6 e seg. della L. 3 /2012, rientra a pieno titolo tra le procedure concorsuali (ricordiamo al riguardo la frase di esordio dell’articolo 6 sopra citato: “Al fine di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento non soggette né assoggettabili a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dal presente capo… in cui emerge che il legislatore denomina le disposizioni della L. 3/12 quali procedure concorsuali”), deve allora ritenersi verificato il presupposto normativo che condiziona la possibilità di emettere la nota di credito, nel senso che siamo all’interno dell’ipotesi menzionata nel comma 2 del citato articolo 26.

A questo punto l’indagine si sposta sul momento in cui è possibile emettere la nota di variazione. La C.M. 77/E/2000 ha segnalato anzitutto che la condizione di “infruttuosità” regge sia la fattispecie della procedura esecutiva, sia quella della procedura concorsuale, sicché non sarà possibile emettere la nota di variazione all’avvio della procedura, ma solo quando con essa si manifesta la condizione di infruttuosità, in pratica la certezza del mancato incasso. Nelle procedure concorsuali tradizionali (fallimento e concordato preventivo), sempre la citata circolare ha chiarito che da una parte occorre attendere il momento di acclarata infruttuosità della procedura con riferimento al credito, dall’altra che non può rientrare in questa situazione il creditore che non partecipa alla procedura, il quale anche successivamente alla chiusura definitiva della procedura non sarebbe legittimato a trarne beneficio fiscale in termini di Iva, ancorché vada notato che tale lettura sia certamente caratterizzata da eccessiva rigidità. Per quanto riguarda il momento della raggiunta infruttuosità della procedura concorsuale, sempre la C.M. 77/E/2000 aveva individuato per il fallimento la data in cui il piano di riparto diviene esecutivo per mancata opposizione dei creditori, e per il concordato preventivo, la data di omologazione dello stesso, limitando il diritto ai soli creditori chirografari che avessero visto falcidiato in tutto o in parte il credito. Con riguardo alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, l’analogia proposta tra piano per la composizione della crisi e concordato preventivo, da una parte, e liquidazione giudiziale e fallimento dall’altra permette di formulare la seguente interpretazione: per il credito falcidiato a seguito di piano per la composizione della crisi (comprendendo anche i crediti privilegiati, qualora il piano preveda il non totale pagamento ai sensi dell’articolo 7 della L. 3/2012) il momento di possibile emissione della nota di accredito dovrebbe coincidere con il decreto di omologa emanato dal Giudice ex articolo 12 della L. 3/2012.

Analoghe considerazioni potrebbero riguardare anche l’altra procedura descritta nella L. 3/2012, e cioè la liquidazione giudiziale ex articolo 14-ter, osservando però che per il credito falcidiato a seguito di procedura di liquidazione giudiziale sono tre i momenti rilevanti:

In attesa degli opportuni chiarimenti di prassi ufficiale si ritiene costituisca un comportamento prudente attendere l’ultimo dei momenti sopra citati per emettere la relativa nota di variazione in diminuzione per il recupero dell’Iva.

 

La dichiarazione IVA e le novità normative ed interpretative