9 Novembre 2017

Il fabbricato esiste fiscalmente dall’accatastamento

di Fabio Garrini
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L’accatastamento del fabbricato ne fa presumere il completamento e quindi obbliga il contribuente a pagare l’IMU (e la TASI) dovuta su tale immobile: questo è il pensiero della Cassazione espresso nella sentenza n. 20319 del 23 agosto 2017. Confermando una linea interpretativa ormai consolidata, i giudici della Suprema Corte individuano nell’iscrizione catastale il presupposto che impone al contribuente di considerare come terminato il fabbricato sul quale sono stati effettuati lavori di costruzione, respingendo la contestazione del contribuente che pretendeva di non pagare imposta, asserendo che il fabbricato avrebbe rilevanza fiscale nel momento in cui fossero rispettati entrambi i requisiti dell’accatastamento e dell’ultimazione.

Al contrario, secondo la Cassazione, l’accatastamento è sufficiente per rendere dovuto il prelievo locale.

La costruzione dell’immobile

Visto il richiamo operato dall’articolo 13, comma 3, del D.L. 201/2011 all’articolo 5, comma 6, del D.Lgs. 504/1992, ai fini IMU si applicano anche le previsioni riguardanti l’utilizzo edificatorio del terreno nonché quelle riguardanti i fabbricati interessati da interventi di ristrutturazione. Allo stesso modo devono essere valutati anche ai fini TASI, attesa l’identità delle basi imponibili.

Qualora su un terreno sgombro da fabbricati vengano iniziati lavori di edificazione, tale terreno deve essere considerato quale area edificabile indipendentemente dalla destinazione conferitagli dallo strumento urbanistico: pertanto, anche un terreno che sia classificato dal piano regolatore come non edificabile ma che venga ad essere interessato dalla costruzione di un edificio, deve scontare l’imposta come area edificabile, quindi non sul valore catastale ma facendo riferimento al valore venale.

La tassazione quale terreno edificabile si estende sul periodo temporale che decorre dalla data di inizio dei lavori di costruzione sino alla data di ultimazione di questi, ovvero sino alla data in cui il fabbricato risulti essere utilizzato, se tale momento si dimostra essere precedente, come previsto dall’articolo 5, comma 6, del D.Lgs. 504/1992: a partire da quest’ultimo momento l’imposta dovrà invece essere corrisposta in relazione al fabbricato.

La sentenza in commento interviene sul tema dell’individuazione del momento di completamento dell’edificio, affermando: “ai fini dell’assoggettabilità ad imposta dei fabbricati di nuova costruzione, il criterio alternativo, previsto dall’articolo 2 D.Lgs. 504/1992, della data di ultimazione dei lavori, ovvero di quella anteriore di utilizzazione, acquista rilievo solo quando il fabbricato non sia iscritto ancora in catasto, realizzando tale iscrizione, di per sé, il presupposto principale, per assoggettare il bene all’imposta.”

In passato la Cassazione si era espressa in maniera analoga:

  • nella sentenza n. 8781/2015, ove si afferma che “costituisce – certo – espressione di insegnamento giurisprudenziale costante il fatto che l’iscrizione di un’unità immobiliare nel catasto edilizio rappresenta di per sé presupposto sufficiente per l’assoggettamento di un bene a Ici”;
  • nella sentenza n. 7905/2005, ove viene constato che “… appare chiaro che l’imposta è dovuta per il solo fatto che sia stata dichiarata l’ultimazione del manufatto e si sia provveduto al suo accatastamento, restando estranea alla sfera attinente al rapporto tributario tutto quanto afferisce alla effettività abitabilità del bene stesso, ovvero alle sue caratteristiche igienico – sanitarie. La pronuncia impugnata ha richiamato questo principio e ne ha fatto buon governo, avendo dato rilievo alla dichiarazione di ultimazione, trasmessa dalla società all’ufficio comunale, ed al suo accatastamento, che rappresentano le uniche due circostanze rilevanti ai fini impostivi”;
  • nella sentenza n. 24924/2008, nella quale i giudici hanno osservato come ai sensi dell’articolo 2 del D.Lgs. 504/1992 il fabbricato è l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano, affermando che “l’iscrizione al catasto edilizio urbano (ora dei fabbricati) di una unità immobiliare costituisce presupposto sufficiente per l’assoggettamento della stessa all’afferente imposta comunale”.

Pertanto, concludendo sul punto, il solo fatto che il contribuente abbia provveduto a richiedere l’accatastamento dell’immobile di per sé qualifica detto immobile quale fabbricato, che conseguentemente deve essere assoggettato al tributo sulla base della rendita catastale.

L’individuazione del primo momento tra utilizzo e completamento è una previsione finalizzata a regolamentare il trattamento tributario nel caso di utilizzo di fabbricato non accatastato: qualora sia utilizzato, il fabbricato si considera tale anche se non è avvenuta l’iscrizione agli atti catastali.

Se invece interviene l’accatastamento del fabbricato anteriormente all’utilizzo, non si pone alcun interrogativo: l’effettivo utilizzo diviene elemento irrilevante, in quanto dal momento in cui avviene l’iscrizione al catasto esso è imponibile in ragione della rendita catastale.

Sul punto la sentenza in commento è chiara nel dare rilevanza alla data dell’effettivo utilizzo solo quando questo sia anteriore all’accatastamento: “acquista rilievo solo quando il fabbricato non sia iscritto ancora in catasto, realizzando tale iscrizione, di per sé, il presupposto principale, per assoggettare il bene all’imposta.”

Da segnalare, comunque, che prima dell’accatastamento comunque l’immobile non è esente, ma il prelievo viene calcolato sul valore venale quale area fabbricabile.

In molte situazioni, il fatto che l’esistenza del fabbricato venga anticipata al momento di iscrizione agli archivi catastali è addirittura conveniente per il contribuente in quanto si passa da un bene tassato a valore di mercato a un bene tassato su valore catastale.

Il rapporto con l’esenzione per le immobiliari

L’articolo 2, comma 1, del D.L. 102/2013 ha introdotto una importante agevolazione a favore dei soggetti che costruiscono immobili: l’esenzione dal versamento dell’IMU.

Detta esenzione, va evidenziato, non opera ai fini TASI, posto che il comma 678 della L. 147/2013 (introdotto dalla legge di Stabilità 2016) ha stabilito per tali immobili l’aliquota ridotta allo 0,1%. I Comuni possono modificare la suddetta aliquota, in aumento, sino allo 0,25% o, in diminuzione, fino all’azzeramento.

L’esonero è concesso unicamente a favore dell’impresa costruttrice, anche nel caso in cui la costruzione degli immobili non sia la propria attività tipica, così come nel caso in cui l’attività di costruzione sia del tutto occasionale.

Nella risoluzione 11/DF/2013 il MEF ha chiarito che l’agevolazione spetta anche al fabbricato acquistato dall’impresa costruttrice, sul quale la stessa procede a interventi di incisivo recupero.

Il presupposto per il riconoscimento dell’esonero è il fatto che l’immobile sia destinato alla vendita e che, comunque, esso non venga locato.

L’esenzione risulta operativa a partire dalla data di fine dei lavori mentre, in precedenza, l’imposta sarà dovuta quale area edificabile.

Sotto questo punto di vista, la sentenza in commento offre un’indubbia copertura per le immobiliari che abbiano proceduto all’accatastamento dei fabbricati: il fatto che sia stato denunciato agli uffici catastali uno stato di fatto dei fabbricati con relativa attribuzione di rendita, “trasforma” l’immobile facendolo transitare dalla fattispecie delle aree fabbricabili (che non dà diritto all’esenzione dell’imposta) a quella dei fabbricati, in relazione alla quale, ricorrendo i presupposti fissati dalla norma, l’esenzione è applicabile.

Dottryna