17 Dicembre 2014

Entro fine anno i riaddebiti per l’auto in uso promiscuo al dipendente

di Fabio Garrini
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La fattispecie della vettura in uso promiscuo al dipendente è certamente molto “gettonata” dalla imprese. Il motivo è di tutta evidenza: in un panorama fiscale dove l’autovettura è vista come l’emblema del massimo abuso a disposizione del titolare di partita Iva (tanto che oggi essa risulta, di fatto, pressoché indeducibile), quando può essere configurata l’attribuzione a un dipendente (non all’amministratore in quanto il trattamento è ben diverso) perché questo ne faccia un utilizzo promiscuo (quindi gli sia consentito di servirsene tanto per visitare i clienti, quanto per finalità personali), i vantaggi che ne derivano sono davvero evidenti.

Detta fattispecie richiede però alcuni adempimenti periodici che vanno tenuti in debita considerazione.

 

L’uso promiscuo: i vantaggi aziendali

Mentre per la generalità delle vetture aziendali l’art. 164, comma 1, lett b) del Tuir stabilisce una (misera) deduzione nel limite del 20% dei costi sostenuti, la successiva lettera b-bis) riconosce alla vettura in uso promiscuo al dipendente una misura di deducibilità sensibilmente più cospicua, pari al 70%. Peraltro, tale fattispecie prevede che il costo della vettura sia interamente rilevante senza limiti superiori al costo d’acquisto: questo significa che, se ad essere destinata ad uso promiscuo è una vettura del costo di € 50.000, la quota di ammortamento viene calcolata su tale importo e sarà deducibile al 70% (per le autovetture aziendali il costo è invece rilevante nel limite di € 18.076, su cui calcolare quota di ammortamento e limite di deduzione del 20%). In parole povere, seguendo l’esempio proposto, l’auto in uso promiscuo consente di dedurre una quota di ammortamento di € 8.750, mentre, se tale autovettura fosse una ordinaria automobile a disposizione dell’azienda, la quota deducibile sarebbe di € 1.129. Analoghi vantaggi si ripresentano anche per le spese di gestione.

Dal 2008 è stato introdotto un vantaggio anche sotto il profilo Iva. Sul punto, il Ministero delle Finanze con la Risoluzione 6/DPF/2008 ha precisato che i veicoli a motore concessi in uso promiscuo ai dipendenti generano i seguenti riflessi sulla detrazione Iva assolta sul costo di acquisto e sulle spese di impiego:

  • concessione a titolo gratuito (fringe benefit tassato in busta paga): è consentita la detrazione forfetaria al 40%, senza obbligo di effettuare alcun addebito di Iva a fronte della operazione (prestazione di servizi) gratuita (ai sensi dell’art. 13, ultimo comma D.P.R. n. 633/1972);
  • concessione a titolo oneroso: è consentita la detrazione integrale al 100% dell’imposta (il veicolo si considera come utilizzato a fini esclusivamente professionali), accompagnata dall’obbligo di assolvere l’IVA su una base imponibile almeno pari a quella fissata dalle tabelle ACI in corrispondenza di una percorrenza convenzione di 4.500 Km annui (15.000 km considerati al 30%).

 

Il benefit e il riaddebito

La concessione della vettura in uso promiscuo genera, di default, ai sensi dell’art. 51 Tuir, in capo al dipendente, la tassazione di un reddito calcolato considerando il 30% di una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri previsto per quella determinata vettura (importo aggiornato annualmente e verificabile sul sito ACI).

Il calcolo del benefit imponibile in capo al dipendente deve essere effettuato al netto del corrispettivo addebitato al dipendente per l’utilizzo privato: se il dipendente corrisponde delle somme (con il metodo del versamento o della trattenuta) nello stesso periodo d’imposta, per la possibilità di utilizzare il veicolo che il datore di lavoro gli ha concesso in modo promiscuo, tali somme devono essere sottratte dal compenso in natura imputato. Se l’addebito avviene tramite fattura, quindi assolvendo l’Iva sulla percorrenza convenzionale, oltre ad azzerare il benefit tassato in capo al dipendente, l’azienda ottiene il diritto alla detrazione integrale dell’Iva.

Da evidenziare che, nel caso di addebito tramite fattura, l’importo da considerare a decurtazione del benefit va inteso Iva (22%) compresa.

Al riguardo si deve ricordare che la C.M. 326/E/1997 afferma che il fringe benefit deve essere determinato “… al netto di quanto trattenuto al dipendente o da questo corrisposto nello stesso periodo d’imposta in cambio della possibilità di utilizzare anche a fini personali il mezzo.” Il fatto che sia stato utilizzato il termine “corrisposto”, significa necessariamente che l’addebito al dipendente azzera ai fini fiscali il fringe benefit che si verrebbe a creare in capo a questi, purché venga pagato nel corso del medesimo periodo d’imposta. Conclusione peraltro ragionevole in quanto, come noto, il reddito di lavoro dipendente si determina sulla base del principio di cassa.

Malgrado mai sia stato esplicitamente affrontato il tema in un documento ufficiale da parte dell’Agenzia delle Entrate, pare quindi più che opportuno che la fattura, oltre che emessa entro la fine dell’anno, sia anche pagata entro la medesima data.