17 Luglio 2018

Entro il 31 luglio le modifiche alle aliquote dei tributi locali

di Giuseppe Rodighiero
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Con il bilancio di previsione, che i consigli comunali devono deliberare entro il 31 dicembre di ogni anno ex articolo 151 D.Lgs. 267/2000 (salvo gli ormai consueti differimenti del termine con decreto del Ministero dell’Interno), l’ente locale stanzia gli importi programmati a sostegno della spesa corrente complessiva (afferente l’ordinario funzionamento dell’ente) e di quella in parte capitale (gli investimenti) dell’anno, sulla base dell’ammontare delle previste entrate correnti (in particolare tributarie, tariffarie e da trasferimenti erariali) ed in conto capitale (derivanti in particolare da oneri di urbanizzazione, monetizzazione di alienazioni immobiliari, entrate da accensione mutui, utilizzo di avanzi di amministrazione di anni precedenti).

Risulta evidente, quindi, che detta programmazione non può che effettuarsi in “relazione (anche) alle previsioni degli incassi relativi ai tributi ed ai servizi locali” (cfr. Corte dei Conti, Deliberazione n. 14/pareri/2006).  In tale ottica, infatti, l’articolo 1, comma 169, L. 296/2006 (Legge Finanziaria 2007) stabilisce il termine della data di approvazione del bilancio di previsione come quello entro il quale possono essere assunte le delibere di determinazione delle aliquote dei tributi locali, nonché dei corrispettivi (rectius delle tariffe) dei servizi pubblici comunali.

Al riguardo, si osserva che, come chiarito dalla Risoluzione Mef n. 1/DF del 29.05.2017 e confermato da copiosa giurisprudenza amministrativa (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, sentenze n. 03808/2014 e n. 03817/2014), detto termine ha carattere perentorio.

Ciò significa che il mancato rispetto dello stesso comporta effetti ope legis, stante il disposto dell’articolo 1, comma 169, L. 296/2006, il quale stabilisce che “in caso di mancata approvazione entro il suddetto termine, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno”.

Quindi, è inefficace la delibera in questione, assunta oltre i termini in parola, ma non illegittima, in ragione del fatto che le nuove aliquote e tariffe entreranno in vigore l’anno successivo a quello di riferimento del bilancio di previsione, in quanto, in tale circostanza, viene preclusa solo “l’applicazione (che sarebbe stata consentita, invece, dall’approvazione tempestiva) a partire dal 1° gennaio” (cfr. Consiglio di Stato, sentenza n. 267/2018).

Altresì, come chiarito dalla deliberazione ut supra della magistratura contabile, la delibera dell’ente che stabilisce le nuove aliquote dei tributi locali e tariffe dei servizi pubblici, perché abbia efficacia retroattiva (quindi dal 1° gennaio dell’anno di riferimento), deve “precedere sempre quella di approvazione del bilancio di previsione, anche se sia approvata prima della scadenza del termine per l’approvazione” del bilancio di previsione, sulla scorta della necessità di dover determinare dapprima le risorse disponibili nell’anno per poi procedere a programmare la spesa.

Detta retroattività delle nuove aliquote e tariffe al 1° gennaio dell’anno di riferimento del bilancio di previsione, peraltro, si desume dal disposto dell’articolo 27, comma 8, L. 448/2001, il quale, facendo specifico riferimento all’efficacia retroattiva dei soli regolamenti sulle entrate, in linea di principio vale anche per le delibere sulle nuove aliquote e tariffe (quindi non solo per i regolamenti), sulla scorta del già citato legame tra previsioni della spesa annuale e determinazione delle entrate attraverso appunto le deliberazioni (non solo di natura regolamentare) delle aliquote e tariffe dell’anno.

Deroghe al termine di approvazione del bilancio di previsione per modificare aliquote e tariffe

L’articolo 54, comma 1-bis, L. 448/2001 consente ai comuni di incrementare le tariffe dei servizi pubblici, anche dopo il termine previsto per l’approvazione del bilancio di previsione, “in presenza di rilevanti incrementi nei costi relativi ai servizi stessi, nel corso dell’esercizio finanziario”, con decorrenza dalla data della delibera comunale, escludendo dunque un effetto retroattivo della stessa. Quindi, in presenza nuovi servizi pubblici in corso d’anno, piuttosto che di incremento del costo di quelli già in essere, viene legittimata l’adozione di nuove tariffe o di incremento di quelle esistenti.

Altresì, un’altra deroga all’articolo 1, comma 169, L. 296/2006 è espressamente prevista dall’articolo 193, comma 3, D.Lgs. 267/2000, che introduce la possibilità per l’ente locale di estendere al 31 luglio di ciascun esercizio finanziario (termine perentorio per l’assunzione della delibera della c.d.Salvaguardia degli equilibri di bilancio”) la possibilità di modificare aliquote e tariffe, con efficacia al 1° gennaio dell’anno di riferimento, quale misura atta a ripristinare gli equilibri di competenza e di cassa.

Peraltro, il termine del 31 luglio per l’adozione delle misure in commento è perentorio. Infatti, il comma 4 dell’articolo in parola prevede, nelle more di adozione dei provvedimenti di ripristino degli equilibri, le medesime sanzioni previste a seguito della mancata approvazione del bilancio di previsione.

Più specificatamente, entro il richiamato termine l’ente deve riconciliare accertamenti di entrata ed impegni di spesa già assunti, nonché quelli previsti che verranno assunti entro l’anno, con quanto previsto in sede di bilancio di previsione. Se viene appurato il mancato rispetto degli equilibri rispetto a quanto previsto a budget, si rendono obbligatori degli interventi per ripristinare detti equilibri, scongiurando rischi che possono portare anche al dissesto.

Tra le misure consentite in tal senso, vi è appunto l’approvazione di nuove tariffe ed aliquote, le quali non possono che essere modificate evidentemente in aumento rispetto a quelle vigenti, stante la finalità di detto intervento: preservare gli equilibri di bilancio (cfr. Corte dei Conti, Deliberazione n. 5/2014).

D’altra parte, tale previsione normativa male si concilia con la sospensione dell’efficacia delle delibere comunali di aumento dei tributi locali prevista dall’articolo 1, comma 26, L. 208/2015 e prorogata anche all’esercizio finanziario 2018 ex articolo 1 L. 205/2017. Infatti, come chiarito dalla Risoluzione Mef n. 1/DF del 29.05.2017, del blocco ope legis degli aumenti di aliquote e tariffe l’ente locale ne deve tenere conto anche ai fini dell’adozione dei provvedimenti per la salvaguardia degli equilibri. Fanno eccezione la Tari ed il contributo di sbarco, espressamente esclusi dall’articolo 1, comma 26, L. 208/2015, i quali, quindi, potranno essere interessati da aumento, in caso di accertamento negativo sul permanere degli equilibri di bilancio, da deliberare entro il 31 luglio.

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