30 Novembre 2018

Effetti della modifica della data di chiusura dell’esercizio

di Fabio Landuzzi
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Nel Caso 10/2018 Assonime ha affrontato il tema della modifica della data di chiusura dell’esercizio sociale della società e della possibilità che l’esercizio straordinario di passaggio abbia una durata anche ultrannuale, ossia superiore ai canonici 12 mesi.

Occorre premettere che il nostro ordinamento non contiene una esplicita definizione di “esercizio sociale” che ne determini in modo inequivocabile anche la sua durata.

È solo dalla combinazione di altre norme che regolano la vita societaria che la dottrina e la giurisprudenza hanno nel tempo sviluppato due principi:

  1. il principio della annualità degli esercizi sociali; e
  2. il principio della indisponibilità degli esercizi sociali.

In particolare, il “principio della annualità” degli esercizi sociali deriva dal sistema di disposizioni contenute agli articoli 2217 (annualità dell’inventario), 2364 (convocazione dell’assemblea dei soci almeno una volta l’anno), 2428 (relazione sulla gestione) e 2430 (creazione della riserva legale attingendo dagli utili netti annuali) cod. civ..

Meno granitico è invece il principio della “indisponibilità” dell’esercizio sociale; la dottrina ha sottolineato che, in verità, non riguarderebbe l’esercizio sociale inteso nella sua durata, bensì avrebbe attinenza a quello che è stato definito come il regolare, automatico succedersi delle attività sociali.

Così, l’identità temporale degli esercizi avrebbe un carattere indisponibile perché modificarne della data di inizio o di chiusura potrebbe provocare una alterazione – seppure anche solo transitoria – nel regolare succedersi degli esercizi sociali.

Ebbene, quest’ultima posizione è stata assai mitigata nel tempo, così che giurisprudenza e dottrina sono giunte alla conclusione di ritenere non preclusa in assoluto la facoltà di modificare, ove ve ne fossero le ragioni, la data di inizio e/o di chiusura dell’esercizio sociale.

L’interrogativo che si pone a questo punto è se, al ricorrere di questa situazione, l’esercizio straordinario di passaggio deve essere necessariamente di durata inferiore ai 12 mesi, oppure se può esistere anche un esercizio di durata ultrannuale.

La soluzione a cui accede Assonime, in quanto ritenuta più ragionevole e condivisa in dottrina, è che l’esercizio straordinario di passaggio, nel caso di mutamento della data di chiusura dell’esercizio, possa essere tanto infrannuale quanto ultrannuale, a seconda delle circostanze del caso concreto; il ricorso ad un esercizio ultrannuale è d’altronde opportuno se il periodo infrannuale di passaggio si riferisce ad un lasso di tempo del tutto non rappresentativo e significativo della gestione sociale.

Il caso esemplificato da Assonime è quello di una modifica della data di chiusura dell’esercizio sociale al 31 marzo di ogni anno; ebbene, se il periodo di passaggio fosse infrannuale, si arriverebbe a chiudere un bilancio riferito ad una gestione di soli tre mesi, perciò ben poco rappresentativa.

Diversamente, sarebbe assai più significativo disporre un periodo straordinario di passaggio di 15 mesi, il cui bilancio di riferimento assumerebbe una rappresentatività del tutto diversa, e ciò nell’interesse dei soci ed anche dei terzi.

Quanto al momento in cui può essere assunta la delibera di modifica dell’esercizio sociale, già il Notariato di Milano, nella Massima n. 16 del 2004 (dopo la precedente Massima n. VII del 2001) aveva ritenuto legittimo che la delibera dell’assemblea dei soci di modifica di tale data potesse essere assunta anche in un giorno successivo a quello di chiusura dell’esercizio in corso, a condizione che ciò avvenisse in un momento tale da consentire l’approvazione del bilancio nei termini di legge.

Perciò, Assonime conclude in senso favorevole alla legittimità di una delibera di modifica dell’esercizio sociale avente efficacia sull’esercizio in corso e non ancora concluso.

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