16 Dicembre 2014

Differenze inventariali e presunzioni di cessione ed acquisto

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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Avvicinandosi la fine dell’anno, è opportuno focalizzare l’attenzione sulle “differenze inventariali”, ossia sugli scostamenti tra le giacenze risultanti dalla contabilità e quelle effettivamente presenti in magazzino. Sul punto, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta in passato, con la Circolare n. 31/E/2006, fornendo agli Uffici locali importanti istruzioni operative, soprattutto finalizzate a limitare l’efficacia delle presunzioni di cessione ed acquisto previste dal D.P.R. n. 441/1997. In particolare, il predetto documento focalizza i seguenti aspetti:

  • differenze inventariali rilevate presso gli operatori tenuti alla contabilità di magazzino;
  • differenze inventariali rilevate presso gli operatori della grande distribuzione.

Relativamente alla prima delle due tematiche, l’Agenzia, dopo aver ricordato che l’obiettivo delle scritture ausiliarie di magazzino, di cui all’art. 14, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 600/1973, è quello di seguire le variazioni intervenute tra le consistenze negli inventari annuali, precisa che le aziende, nella prassi operativa, con cadenza periodica (annuale, semestrale o trimestrale) provvedono ad effettuare delle cd. “rettifiche” di magazzino, finalizzate all’adeguamento del magazzino contabile a quello effettivo fisico. Infatti, tali differenze di tipo fisiologico, dipendono da eventi quali: cali fisici o di lavorazione delle merci, errori nell’utilizzo dei codici all’atto del carico/scarico dal magazzino, furti, o eventi accidentali. A tale proposito, correttamente l’Agenzia sottolinea che tali eventi “non necessariamente sono riconducibili a fenomeni di evasione d’imposta, ma si generano anche in modo fisiologico in relazione alla ordinaria dinamica gestionale del magazzino”. Per tale motivo, la stessa Agenzia sensibilizza gli organi verificatori, nell’ipotesi di riscontro delle rettifiche di cui sopra, a non applicare in modo automatico la presunzione di acquisti non documentati (differenze positive), ovvero di vendite non fatturate (differenze negative), ma ad esaminare il processo di formazione delle differenze e a valutare se tali differenze siano generate da eventi fisiologici o patologici in relazione all’attività concretamente effettuata dall’impresa, anche a seguito di elementi forniti dal contribuente. Assumono particolare valore i seguenti elementi, dei quali i verificatori devono tener conto:

  • caratteristiche gestionali, produttive e commerciali dell’azienda;
  • trend delle differenze inventariali rilevate nell’arco dell’ultimo triennio, nonché l’effettuazione di investimenti finalizzati all’adozione di misure preventive per l’eliminazione del fenomeno delle differenze inventariali ed il conseguente rapporto costi/benefici di tali misure;
  • eventuali compensazioni tra differenze positive e differenze negative;
  • valutazione del rapporto tra differenze inventariali e volume d’affari, soprattutto in relazione allo specifico settore di attività in cui opera l’impresa;
  • scarsa “propensione” di vendite non fatturate in caso di differenze riscontrate nelle materie prime utilizzate nel processo produttivo.

Relativamente alla non operatività della presunzione, la Circolare n. 31/E/2006 ricorda che l’art. 2, comma 3, del D.P.R. n. 441/1997, prevede che la perdita di beni dovuta ad eventi accidentali, fortuiti, o comunque indipendenti dalla volontà del contribuente, è provata da idonea documentazione rilasciata da un organo della P.A. (es. Vigili del Fuoco, in caso di distruzione), ovvero, in mancanza, da dichiarazione sostitutiva di atto notorio, da rendersi entro 30 gg., da cui risulti il valore complessivo dei beni mancanti.

Per quanto riguarda la seconda tematica indicata in premessa, ossia quella attinente le differenze inventariali rilevate presso gli operatori della grande distribuzione, l’Agenzia preliminarmente ricorda che l’art. 14, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 600/1973, prevede per i soggetti di cui all’art. 22 del D.P.R. n. 633/1972, tra cui i commercianti al minuto, l’obbligo di tenuta della contabilità di magazzino solo per i movimenti di carico e scarico dei magazzini interni centralizzati che forniscono due o più negozi, o altre unità periferiche, con conseguente esclusione da tale obbligo per tutti gli altri depositi. Al pari di quanto evidenziato per gli operatori in genere tenuti alla contabilità di magazzino, la Circolare n. 31/E/2006 evidenzia che anche per il settore della grande distribuzione è necessaria “un’attenta valutazione delle differenze inventariali rilevate dallo stesso contribuente”. Pertanto, anche per tali soggetti, gli organi verificatori dovranno, prima di applicare eventuali presunzioni, esaminare il processo di formazione delle differenze inventariali e la loro natura fisiologica o patologica in relazione al settore in cui operano e ad altre informazioni ricevute dal contribuente. In particolare, è interessante evidenziare l’affermazione dell’Agenzia secondo cui la prova contraria rispetto alle vendite “in nero” non presenta alcun vincolo, ma può essere fornita con qualsiasi strumento idoneo a contrastare l’iter seguito dai verificatori.