15 Settembre 2020

Dichiarazioni di intento tra limitazioni e trasferimenti

di Clara PolletSimone Dimitri
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La scheda di FISCOPRATICO

Viene confermata dall’Agenzia delle entrate la limitazione all’utilizzo della dichiarazione di intento in caso di operazioni immobiliari (risposta all’istanza di interpello n. 304 del 3 settembre2020) e la trasferibilità del diritto all’utilizzo alla stabile organizzazione in Italia di una società che ha trasferito la propria residenza fiscale all’estero, ai sensi dell’articolo 166 Tuir (risposta all’istanza di interpello n. 336 del 10 settembre 2020).

Riepiloghiamo le regole di formazione del diritto ad utilizzare la dichiarazione di intento.

Ai sensi dell’articolo 8, comma 2, D.P.R. 633/1972, le cessioni, anche tramite commissionari, di beni diversi dai fabbricati e dalle aree edificabili e le prestazioni di servizi sono effettuate senza pagamento dell’imposta se rese a soggetti che, avendo effettuato cessioni all’esportazione e operazioni intracomunitarie (c.d. “esportatori abituali”), si avvalgono di tale facoltà di acquistare, anche tramite commissionari, e di importare beni e servizi senza addebito di imposta.

La qualifica di “esportatore abituale“, a cui consegue la facoltà di effettuare acquisti e importazioni senza Iva è attribuita a condizione che l’ammontare dei corrispettivi relativi alle operazioni non imponibili registrate nell’anno precedente sia superiore al dieci per cento del volume d’affari determinato a norma dell’articolo 20 D.P.R. 633/1972, senza tenere conto delle cessioni di beni in transito o depositati nei luoghi soggetti a vigilanza doganale e delle operazioni di cui all’articolo 21, comma 6-bis, D.P.R. 633/1972 secondo le disposizioni dell’articolo 1 D.L. 746/1983.

Gli acquisti di beni e servizi da parte dei c.d. “esportatori abituali” possono essere effettuati senza pagamento dell’imposta nei limiti dei corrispettivi relativi alle operazioni non imponibili registrate nell’anno solare precedente (cd. plafond fisso) ovvero nei dodici mesi precedenti (c.d. plafond mobile).

L’intento di avvalersi della facoltà di acquistare beni e servizi senza pagamento dell’imposta (ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera c), D.L. 746/1983, come modificato dall’articolo 12- septies D.L. 34/2019) deve risultare da apposita dichiarazione, redatta in conformità al modello approvato con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, trasmessa per via telematica all’Agenzia medesima, che rilascia apposita ricevuta telematica con indicazione del protocollo di ricezione.

Secondo la normativa vigente, il plafond può essere utilizzato per acquistare o importare, senza pagamento dell’Iva, tutti i beni e servizi inerenti all’attività, con la sola eccezione dei fabbricati e delle aree fabbricabili. Ovviamente, questo non vale per il plafond “vincolato” (commissionari o promotori delle triangolazioni), che è utilizzabile solo per acquistare beni da esportare allo stato originario.

L’interpretazione è confermata dalla circolare 145/E/1998, che chiarisce la portata della norma attualmente in vigore, secondo cui “poiché nelle attuali disposizioni non si riscontra più alcun riferimento all’intento, da parte dell’operatore economico, di esportare i beni o di inviarli in altro stato comunitario, ne consegue che, rispetto al passato, l’agevolazione si rende applicabile anche ai beni ammortizzabili, ai beni acquisiti in leasing ed all’acquisto delle spese generali, a nulla rilevando, per queste ultime, la loro inerenza o meno con l’attività agevolata”.

In relazione all’esclusione dell’agevolazione per le cessioni dei fabbricati e delle aree edificabili, nella stessa circolare 145/E/1998 è stato affermato che essa si rende operante non solo in caso di acquisto, ma anche nelle ipotesi in cui il fabbricato venga realizzato in proprio o mediante contratto d’appalto, oppure venga utilizzato in forza di un contratto di locazione finanziaria.

In particolare, è stato precisato che deve ritenersi inteso “il divieto di utilizzare il plafond per l’acquisizione di fabbricati, in dipendenza di contratti di appalto aventi per oggetto la loro costruzione o di leasing; e ciò in quanto, ancorché la disposizione di cui alla lettera c) dell’articolo 8 del D.P.R. n. 633 del 1972 escluda espressamente dal beneficio solo le cessioni di fabbricati, l’esclusione è evidentemente da estendere a tali modalità di acquisizione dei fabbricati stessi, che realizzano un effetto equivalente”.

Tale limitazione è stata ribadita nella risposta all’istanza di interpello n. 304/2020 in relazione alla quale i canoni di locazione finanziaria, riferiti all’utilizzo di un compendio industriale e che nel caso specifico dell’istanza dovevano ancora essere fatturati a seguito di un accordo transattivo, non possono essere fatturati usufruendo del plafond Iva ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera c, D.P.R. 633/1972.

Con la risposta all’istanza di interpello n. 336/E/2020 viene invece ribadito il riconoscimento dello status di esportatore abituale per una Branch italiana che subentra alla società che ha maturato originariamente il diritto subordinatamente alla circostanza che il “plafond sia relativo al complesso aziendale dal quale è scaturito e per mezzo del quale viene esercitata, senza soluzione di continuità, l’attività da cui originano le operazioni non imponibili con l’estero (cessioni all’esportazione, cessioni intracomunitarie e operazioni assimilate)”.