9 Aprile 2018

Dove deve essere effettuata la verifica fiscale?

di Marco Bargagli
Scarica in PDF

Con l’obiettivo di regolamentare i rapporti Fisco – contribuente il legislatore, con la L. 212/2000, ha introdotto lo “Statuto dei diritti del contribuente”, ovvero un vademecum che contiene le disposizioni di riferimento in tema di verifiche e controlli fiscali, dettando precise regole a garanzia del contribuente.

Anzitutto, gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali devono essere effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo.

Di conseguenza, il giorno in cui viene avviata l’attività ispettiva, il contribuente ha diritto di essere informato circa le motivazioni che hanno innescato la verifica fiscale, le annualità oggetto del controllo, la facoltà per il contribuente di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria.

Si rende inoltre necessario procedere con l’illustrazione analitica dei diritti e degli obblighi che devono essere riconosciuti al soggetto passivo nel corso del controllo fiscale.

Inoltre, per espressa disposizione normativa (cfr. articolo 12, comma 3, L. 212/2000), su richiesta del contribuente l’esame dei documenti amministrativi e contabili può essere effettuato anche nell’ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o lo rappresenta.

Proprio con riferimento all’individuazione del luogo di esecuzione della verifica fiscale, occorre comprendere se la facoltà riservata a favore del contribuente, eventualmente non concessa da parte dei verificatori, possa comportare l’illegittimità dell’avviso di accertamento emesso al termine dell’attività ispettiva.

Sullo specifico tema, il Manuale operativo in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza ha chiarito l’ambito di operatività della disposizione in rassegna fornendo precise indicazioni (cfr. volume II – parte III – capitolo 3 “Avvio, esecuzione e conclusione della verifica”, pag. 49 e ss.).

Il documento di prassi opportunamente rileva la ratio normativa, finalizzata a garantire un bilanciamento tra l’esigenza di completezza dell’azione ispettiva e il principio generale stabilito dallo Statuto dei diritti del contribuente, in base al quale le verifiche devono svolgersi con la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività del contribuente, nonché alle sue relazioni commerciali o professionali.

Di conseguenza, si ritiene normalmente più proficuo eseguire l’attività ispettiva presso la sede del contribuente per le seguenti ragioni:

  • sarà consentito ai verificatori un più spedito accesso alla documentazione da ispezionare ed un immediato e continuativo confronto tecnico sia con il contribuente che con il professionista che lo assiste;
  • il contribuente potrà più agevolmente esercitare i diritti che gli sono riconosciuti in occasione delle verifiche, in virtù della possibilità di assistere direttamente e continuativamente alle operazioni ispettive.

Tuttavia, il Manuale operativo in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali chiarisce che le disposizioni sopra richiamate prevedono una mera facoltà del contribuente e non possono essere interpretate per ricavarne, con un ragionamento a contrario, un divieto per i verificatori di “spostare” il controllo in ufficio in assenza di una richiesta del contribuente.

Tale approccio ermeneutico è stato recentemente confermato anche dalla suprema Corte di cassazione con l’ordinanza n. 7613 del 28.03.2018 nella quale, sulla base di un consolidato orientamento giurisprudenziale, è stata confermata la legittimità dell’avviso di accertamento emesso in seguito ad una verifica fiscale eseguita presso i locali dei verificatori, nonostante il soggetto ispezionato avesse esplicitamente richiesto di effettuare il controllo presso lo studio del proprio consulente fiscale.

Nello specifico, come rilevato in sentenza:

  • i verificatori hanno asportato la documentazione amministrativa e contabile presso i propri uffici, in contrasto con il parere espresso dall’amministratore della società, che aveva indicato quale luogo della verifica fiscale il depositario delle scritture contabili;
  • il contribuente ha tentato di esercitare la facoltà prevista dall’articolo 12, comma 3, L. 212/2000; tuttavia i verificatori non solo non l’hanno esaudita, ma hanno deciso autonomamente di esaminare la documentazione presso i propri uffici.

In merito, gli ermellini hanno confermato la legittimità dell’operato dei verificatori rilevando che:

  • dall’analisi del comma 3 dell’articolo 12, in sistematica relazione con il comma 1, si desume solamente l’esigenza che il controllo sia effettuato secondo “modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile”. Esigenza attuata, fra l’altro, attribuendo al contribuente l’opportunità di scelta del luogo del prosieguo dell’indagine fiscale;
  • il contribuente potrebbe dolersi che i verbalizzanti abbiano eseguito un accesso nei locali della impresa in difetto delle esigenze di ricerca e rilevazione indicate nella norma, «ma non anche nel caso inverso in cui la verifica sia stata condotta in luoghi diversi […], risultando pienamente legittimati i verificatori a predisporre discrezionalmente le modalità di svolgimento della propria attività secondo le esigenze che realizzino gli obiettivi delle indagini e delle ricerche, con il limite di evitare quanto più possibile di occupare o prolungare la occupazione dei locali in cui si svolge l’attività imprenditoriale o professionale […]»;
  • i verificatori non sono obbligati a soddisfare la richiesta del contribuente finalizzata a proseguire la verifica presso il professionista che lo rappresenta o lo assiste; inoltre non può costituire oggetto di censura nemmeno l’autonoma decisione degli stessi verificatori di esaminare la documentazione presso i propri uffici.
Il sistema di gestione dei rischi aziendali e il Modello 231