9 Febbraio 2019

Deducibile la perdita subita su un contratto di “vendor loan”

di Fabio Landuzzi
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La risposta n. 29 fornita dall’Agenzia delle Entrate ad un’istanza di interpello affronta un caso che, se da una parte è certamente particolare per la sua specificità, dall’altra parte presenta un buon interesse tecnico professionale in quanto riguarda – per una sua parte – un’operazione che non di rado si incontra nelle operazioni strutturate di acquisizione di partecipazioni e di imprese in generale.

Ci riferiamo al contratto che nella prassi va sotto il nome di “vendor loan”, ossia al contratto di finanziamento che nelle operazioni di acquisizione assume la natura tipica di un prestito subordinato.

Il tema in discussione attiene alla qualificazione di questo “vendor loan” come credito ai fini della eventuale deducibilità fiscale della sua perdita ai sensi dell’articolo 101, comma 5, Tuir.

La fattispecie descritta nella risposta in commento può essere riassunta in modo semplificato come segue.

Una società holding di investimento aveva venduto ad un’altra società, a sua volta controllata da un fondo di private equity, la partecipazione in un’impresa dalla stessa precedentemente posseduta.

Nell’ambito del contratto di cessione si prevedeva, fra l’altro, che una parte del prezzo di vendita della partecipazione non fosse corrisposta subito, bensì formasse oggetto di un “vendor loan”, ossia a pagamento differito e subordinato alla restituzione di finanziamenti bancari da parte dell’acquirente; su tale “vendor loan” maturavano interessi a favore della holding il cui pagamento era anch’esso differito al momento del pagamento del capitale.

Gli interessi maturati pro-rata temporis sul “vendor loan” sono quindi stati rilevati per competenza economica della holding ed hanno concorso a formare il suo reddito imponibile.

La società le cui partecipazioni erano state cedute è poi entrata in crisi, così che si è concretizzato per la holding il rischio di non ricevere in pagamento né il capitale rappresentato dal “vendor loan”, e né gli interessi medio tempore maturati.

Così, la holding ha dapprima svalutato contabilmente il valore in linea capitale del “vendor loan, e poi anche quello rappresentato dal credito maturato a fronte degli interessi capitalizzati. Ai fini fiscali, queste svalutazioni sono state riprese a tassazione negli esercizi in cui sono state imputate in bilancio.

Nell’anno X, la società le cui azioni erano state oggetto della cessione ha presentato istanza di ammissione al concordato preventivo, il quale è stato omologato nell’anno X+1.

Il piano concordatario prevedeva, fra l’altro, l’azzeramento del “vendor loan ed anche del debito per interessi maturati, proprio perché il loro pagamento era subordinato alla restituzione del debito bancario.

Quindi, nel bilancio dell’anno X la holding ha svalutato per intero tutto il proprio credito, sia per la quota capitale del “vendor loan” che per gli interessi sino a quella data maturati; di nuovo, anche questa svalutazione è stata ripresa a tassazione nell’anno X.

La domanda posta dall’istante era quindi se, nell’anno X+1, in cui si è avuta l’omologazione del concordato, si potesse procedere alla variazione in diminuzione del reddito imponibile essendo intervenute le condizioni previste dall’articolo 101, comma 5, Tuir per la deducibilità fiscale delle perdite su crediti.

L’Agenzia delle Entrate ha risposto positivamente all’istanza del contribuente ed è interessante sottolineare che lo fa affermando, con riguardo al “vendor loan”, che “considerate le caratteristiche di questo contratto (…) si ritiene che lo stesso soggiaccia sin dalla sua sottoscrizione alla disciplina fiscale dei crediti”.

Con questa qualificazione della posta in oggetto, va da sé che con l’omologazione del concordato intervenuta nell’anno X+1 la deducibilità della perdita del credito – tanto in linea capitale quanto per gli interessi – sia acclarata ai sensi proprio dell’articolo 101, comma 5, Tuir.

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