26 Ottobre 2013

Decadenza biennale per l’accertamento del maggiore valore venale dell’azienda ceduta

di Fabio Landuzzi
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La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia con la sentenza n. 54/32/2013 del 15 aprile 2013 ha dichiarato illegittima la rettifica operata dall’Ufficio delle Entrate ai fini dell’imposta proporzionale di registro riguardo ad un presunto maggior valore venale attribuito ad un ramo di azienda oggetto di cessione, per l’intervenuta decorrenza del termine biennale di decadenza dell’attività di rettifica e liquidazione della maggiore imposta di cui all’art. 76 del D.P.R. 131/1986 (Testo Unico dell’Imposta di Registro – Tur).

In particolare, l’articolo 76, comma 1-bis, del Tur dispone che l’avviso di rettifica e liquidazione della maggiore imposta di cui all’articolo 52, comma 1 (ossia, l’imposta corrispondente al valore venale dell’azienda trasferita accertato in misura superiore a quello dichiarato o al corrispettivo pattuito dalle parti), deve essere notificato entro il termine di decadenza di due anni dal pagamento dell’imposta proporzionale di registro. Il maggiore termine triennale previsto dal comma 2, letterra b), dell’articolo 76 del Tur, potrebbe essere eccepito quando venisse contestata un’ipotesi di occultazione di corrispettivo.

Nel caso in discussione, il contratto di cessione del ramo di azienda era stato stipulato fra le parti in data 21 febbraio 2008; il contratto prevedeva che il prezzo di cessione sarebbe stato soggetto a correttivi, ossia alle tipiche clausole di aggiustamento prezzo la cui determinazione definitiva venne poi compiuta fra le parti alla data del 30 settembre 2008. Quindi, al momento della stipula del contratto di cessione del ramo di azienda, la registrazione dell’atto ed il pagamento dell’imposta di registro vennero eseguiti sulla base del corrispettivo provvisorio. Poi, una volta che si fossero determinati gli aggiustamenti del prezzo, si sarebbe provveduto ad integrare l’imposta di registro assolta, in caso di incremento del corrispettivo, oppure a richiedere a rimborso la maggiore imposta di registro pagata in sede di registrazione del contratto, qualora l’aggiustamento prezzo fosse stato negativo.

Il punto controverso, nel caso di specie, era rappresentato dal termine iniziale da cui computare la decorrenza dei due anni per la rettifica del valore del ramo di azienda ceduto e per la liquidazione della maggiore imposta di registro da parte dell’Amministrazione Finanziaria; secondo l’Ufficio delle Entrate, questo termine dovrebbe decorrere dal giorno in cui il prezzo di cessione del ramo di azienda viene determinato in modo definitivo, e quindi dal 30 settembre 2008, data in cui sono stati quantificati gli effetti delle clausole di aggiustamento prezzo rendendo quest’ultimo definitivo. Di diverso avviso le parti, secondo cui il termine di decadenza ex articolo 76-bis, comma 1, del Tur, deve essere inteso decorrere dalla data del pagamento dell’imposta proporzionale, e quindi deve essere fatto riferimento al momento in cui è stata liquidata l’imposta sul prezzo provvisorio dichiarato nell’atto di cessione del ramo di azienda.

La CTR della Lombardia, nella sentenza in commento, confermando il giudizio di primo grado, dà ragione ai contribuenti, e riconosce che il termine biennale di decadenza per l’eventuale avviso di rettifica dell’Ufficio delle Entrate deve essere fatto decorrere dalla data del pagamento dell’imposta di registro riferita alla stipula del contratto di cessione del ramo di azienda; a nulla rileva la circostanza che il prezzo sia in parte soggetto a clausole di aggiustamento. Queste clausole, secondo la CTR della Lombardia, avrebbero solo l’effetto di obbligare le parti ad integrare il pagamento dell’imposta qualora il prezzo definitivo risultasse maggiore, oppure le legittimerebbero al rimborso in caso di aggiustamento prezzo in diminuzione. Viene peraltro non accolta l’eccezione che era stata sollevata dall’Ufficio delle Entrate nella controversia secondo cui l’esistenza di clausole contrattuali che assoggettano il prezzo di cessione a possibili variazioni possa essere trattata alla stregua di una condizione sospensiva ex art. 19 del Tur, applicando a tale evento le regole dell’avveramento della condizione.

In conclusione, la sentenza in commento indica che nei contratti di cessione di ramo di azienda la presenza frequente di clausole di aggiustamento prezzo i cui effetti si producono fisiologicamente diversi mesi dopo la stipulazione del contratto, non produce di per sé una posticipazione del termine iniziale per la decorrenza dei due anni di decadenza a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria per espletare l’azione di rettifica del valore venale dell’azienda ceduta.