Dalla cessione di un ramo d’azienda alla scissione parziale di una STP: limiti e criticità del patto di non concorrenza
di Giorgia Totani di MpO & PartnersUna Società tra Professionisti (STP) non sembrerebbe di regola poter integrare il concetto di “azienda” ai sensi dell’articolo 2555, cod. civ., in quanto esercita un’attività professionale riservata, tendenzialmente priva di natura imprenditoriale.
Tuttavia, la STP, sebbene in via residuale e strumentale, può esercitare anche attività imprenditoriale. Infatti, ai sensi dell’articolo 9 del D.M. Min. Giustizia n. 34/2013, “Il consiglio dell’ordine o del collegio professionale, verificata l’osservanza delle disposizioni contenute nel presente regolamento, iscrive la società professionale nella sezione speciale di cui all’articolo 8, curando l’indicazione, per ciascuna società, della ragione o denominazione sociale, dell’oggetto professionale unico o prevalente, della sede legale, del nominativo del legale rappresentante, dei nomi dei soci iscritti, nonché degli eventuali soci iscritti presso albi o elenchi di altre professioni.”.
Di conseguenza, si può dedurre che la STP possa essere titolare, e quindi disporre, di un insieme di assets che possono configurare un’azienda o ramo di azienda: infatti, qualora la STP sia dotata di un assetto strutturato di beni e risorse organizzate, in presenza di determinati presupposti e limitatamente alle attività non riservate, può integrare a tutti gli effetti il concetto di “ramo d’azienda”.
Si comprende facilmente, allora, come anche per le STP, in caso di trasferimento di ramo di azienda, sia applicabile l’articolo 2557, cod. civ., il quale prevede che “Chi aliena l’azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta.”
Tutto ciò premesso, ci si chiede in particolare se il divieto di non concorrenza di cui all’articolo 2557 cod. civ., possa operare anche in casi di trasferimento di assets attuati in forme diverse dalla cessione di ramo di azienda. Nello specifico, si pensi ai casi di scissione parziale di una STP che implichino un cambiamento della compagine sociale o che siano strumentali ad una successiva cessione di quote della società scissa.
Al fine di rispondere a tale quesito, è necessario innanzitutto definire i confini entro cui tale disposizione può operare: è infatti essenziale, al fine di evitare la nullità di un’eventuale clausola di non concorrenza, tenere bene a mente i commi secondo e terzo dell’articolo in oggetto i quali prevedono che “Il patto di astenersi dalla concorrenza in limiti più ampi di quelli previsti dal comma precedente è valido, purché non impedisca ogni attività professionale dell’alienante. Esso non può eccedere la durata di cinque anni dal trasferimento. Se nel patto è indicata una durata maggiore o la durata non è stabilita, il divieto di concorrenza vale per il periodo di cinque anni dal trasferimento.”
Dal tenore letterale della norma si evince in maniera univoca che il limite temporale quinquennale ha natura di norma imperativa, non derogabile in senso peggiorativo dalla volontà delle parti. Tale carattere vincolante, tuttavia, non preclude la possibilità di rinnovazione del patto solo ove inizialmente stipulato per un termine inferiore al massimo legale, purché il cumulo delle durate non superi comunque il limite dei cinque anni.
Per quanto concerne l’ambito territoriale, l’articolo 2557, cod. civ., può essere letto in combinato disposto con l’articolo 2125, comma 1, che ne richiede soltanto la determinazione. A riguardo l’orientamento giurisprudenziale risulta non univoco: infatti, da una parte si registra un’interpretazione restrittiva che ritiene nullo il patto esteso all’intero territorio nazionale, considerandolo eccessivamente limitativo; dall’altra parte, alcune pronunce di merito (T. Milano 22.10.2003; T. Roma 24.10.2001; T. Milano 16.12.1994; T. Milano ord. 3.5.2005) ritengono legittima l’estensione della clausola anche all’intero territorio nazionale o dell’Unione Europea, sottolineando proprio che l’articolo 2125, comma 1, richiede soltanto la determinazione spaziale del limite, senza porre alcuna preclusione quanto alla sua ampiezza. In ogni caso, la valutazione andrà fatta a seconda delle condizioni specifiche in cui opera la STP.
Più delicata è invece la questione relativa al contenuto oggettivo del divieto. In tal senso, risulta invalido quel patto che…