25 Settembre 2020

D.P.C.M. cercasi per il credito d’imposta sulle sponsorizzazioni sportive

di Luca Caramaschi
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Sta creando più di un imbarazzo tra gli operatori la mancata pubblicazione del decreto attuativo con il quale il Presidente del Consiglio dei Ministri dovrà stabilire le modalità e i criteri di attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo 81 D.L. 104/2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.203/2020 del 14 agosto 2020 e riguardante l’attribuzione di un credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari in favore di leghe e società sportive professionistiche e di società e associazioni sportive dilettantistiche.

È infatti con un D.P.C.M., previsto dal comma 2 della richiamata disposizione, che si dovranno prevedere i casi di esclusione, le procedure di concessione e di utilizzo del beneficio, nonché la documentazione richiesta, fino ad arrivare all’effettuazione dei controlli da parte dell’amministrazione finanziaria.

Qualche indicazione su come ci si dovrà muovere la fornisce direttamente la previsione normativa, la quale, sempre al comma 2, stabilisce che il citato credito d’imposta sarà utilizzabile esclusivamente in compensazione “orizzontale” tramite modello di pagamento unificato F24 ai sensi dell’articolo 17 D.Lgs. 241/1997 previa istanza diretta al Dipartimento dello sport della Presidenza del Consiglio dei ministri”.

Che si tratterà di una istanza telematica è altamente probabile, ma l’indicazione più importante è certamente contenuta nell’ultimo periodo del comma 1, nel quale si afferma che “Nel caso di insufficienza delle risorse disponibili rispetto alle richieste ammesse, si procede alla ripartizione tra i beneficiari in misura proporzionale al credito di imposta astrattamente spettante calcolato ai sensi del presente articolo, con un limite individuale per soggetto pari al 5 per cento del totale delle risorse annue”.

Questa indicazione si “sposa” con la successiva previsione del comma 2 che rimanda al decreto attuativo: le “modalità finalizzate ad assicurare il rispetto del limite di spesa di cui al comma 6”.

Non dovrebbe quindi trattarsi di “click day (modalità utilizzata già in diverse occasioni) ma dovrebbe farsi ricorso, come accaduto per il credito d’imposta sulle spese di sanificazione causa Covid-19, ad un meccanismo di ripartizione tra gli aventi diritto che certamente – in considerazione di un tetto di spesa 2020 pari a complessivi 90 milioni di euro – comprimerà in modo deciso la misura del credito prevista dalla disposizione, pari al 50% della spesa pubblicitaria, con il risultato di scontentare tutti.

Un’altra importante limitazione è contenuta nell’ultimo periodo del comma 1 del richiamato articolo 81, nel quale si prevede una esplicita esclusione per “le sponsorizzazioni nei confronti di soggetti che aderiscono al regime previsto dalla legge 16 dicembre 1991, n. 398”.

Si tratta delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche iscritte al Registro telematico tenuto presso il Coni che, rientrando nel limite annuo pari a 400 mila euro di proventi derivanti da attività commerciali connesse agli scopi istituzionali, hanno optato per l’applicazione di questo diffusissimo regime forfettario valido tanto ai fini reddituali quanto ai fini Iva.

Di fatto, con questa limitazione, si traccia una linea di demarcazione ben precisa tra quanti non potranno fare leva su questa agevolazione (le piccole e medie associazioni e società sportive dilettantistiche) e quelle che invece, per struttura e dimensioni (nel settore dilettantistico, le squadre della massima serie dei vari campionati), potranno pensare di aumentare la propria capacità di “reclutamento” degli sponsor facendo leva su questo consistente beneficio fiscale (sempre che, per quanto detto nelle righe precedenti, si rivelerà tale).

Entrando maggiormente nei dettagli dell’agevolazione, il comma 1 dell’articolo 82 in commento precisa che possono beneficiare del credito d’imposta pari al 50% degli investimenti effettuati (deve trattarsi di campagne pubblicitarie, incluse le sponsorizzazioni, di importo complessivo non inferiore a 10.000 euro), le seguenti categorie di soggetti:

  • imprese (a prescindere dalla forma giuridica adottata);
  • lavoratori autonomi (sia in forma individuale che associata);
  • enti non commerciali.

Per quanto riguarda, invece, i soggetti destinatari degli investimenti, la norma precisa che deve trattarsi di:

  1. leghe che organizzano campionati nazionali a squadre nell’ambito delle discipline olimpiche;
  2. società sportive professionistiche, società e associazioni sportive dilettantistiche iscritte al registro Coni operanti in discipline ammesse ai Giochi Olimpici e che svolgono attività sportiva giovanile (in base al comma 4 del citato articolo 81 lo svolgimento tale ultima attività dovrà essere certificata con modalità che saranno verosimilmente previste dal decreto attuativo).

Per complicare ulteriormente l’agevolazione, sempre il comma 4 prevede che, al fine di riconoscere il beneficio ai soggetti eroganti, i soggetti di cui alle precedenti lettere a) e b) devono aver prodotto in Italia, nel periodo d’imposta 2019, ricavi commerciali almeno pari a 200.000 euro e fino a un massimo di 15 milioni di euro.

Decisamente contenuto il periodo di fruizione dell’agevolazione, posto che il credito d’imposta compete in relazione a investimenti effettuati nel periodo che va dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2020.

Da questo punto di vista va osservato che i ritardi nella pubblicazione del decreto attuativo rischiano di comprimere ulteriormente i casi di applicazione dell’agevolazione, in assenza di elementi certi sulla fruizione del beneficio.

Relativamente alla base imponibile su cui calcolare il citato credito d’imposta non appare poi chiaro quale sia il criterio da adottare per la sua determinazione, posto che la norma parla di investimenti “effettuati” e che, come abbiamo visto in precedenza, i soggetti che possono godere del beneficio possono avere differente natura e diversi criteri di classificazione (competenza per le imprese, cassa per lavoratori autonomi, cassa o competenza per gli enti non commerciali).

Queste criticità si evidenziano in particolar modo quando ci si trova di fronte a contratti di sponsorizzazione a durata pluriennale o, in linea con la stagione sportiva, con durata a cavallo del 31 dicembre 2020, data oltre la quale l’effettuazione dell’investimento non consente di fruire del citato credito d’imposta.

Si tratta di aspetti che si auspica vengano chiariti dal decreto attuativo di prossima emanazione.

È inoltre previsto l’obbligatorio utilizzo nei pagamenti di strumenti finanziari tracciabili (il riferimento è all’articolo 23 D.Lgs. 241/1997), mentre la fruizione del credito d’imposta potrà avvenire nei consueti limiti del regolamento sugli aiuti “de minimis”.

Scontata a questo punto sarà l’obbligatoria indicazione degli utilizzi del credito d’imposta del quadro dedicato di ciascun modello dichiarativo del soggetto che effettua l’investimento.

Un ultimo elemento di valutazione per quanti intenderanno accedere al beneficio è rappresentato dal trattamento fiscale dell’investimento effettuato in favore dei soggetti sportivi.

A tal proposito il comma 5 del più volte citato articolo 81, richiamando nella sostanza i contenuti della nota previsione normativa di cui al comma 8 dell’articolo 90 L. 289/2002, stabilisce che “il corrispettivo sostenuto per le spese di cui al comma 1 costituisce, per il soggetto erogante, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine, dei prodotti o servizi del soggetto erogante mediante una specifica attività della controparte”.

Il che si traduce, ai fini fiscali, in una piena deducibilità del costo sostenuto e piena detraibilità dell’Iva assolta sull’investimento effettuato.

Per contro, stante l’assenza di esplicite indicazioni normative circa l’eventuale irrilevanza fiscale del contributo (iscritto in contropartita alla rilevazione del credito d’imposta per gli ordinari), si deve ritenere che tale componente positivo debba concorrere alla formazione del reddito imponibile del soggetto erogante.