27 Gennaio 2021

Credito di imposta per l’e-commerce agricolo per tutte le reti?

di Luigi Scappini
Scarica in PDF
La scheda di FISCOPRATICO

La pandemia iniziata lo scorso anno e tutt’ora in corso ha modificato il modo di pensare delle aziende, anche in ragione delle cambiate abitudini dei consumatori.

In tal senso, anche nel settore primario, nonostante le evidenti limitazioni direttamente collegate alla tipologia di prodotto (soprattutto quando si deve garantire la freschezza e la conservazione), ampio sviluppo ha avuto l’utilizzo di siti di e-commerce.

Il Legislatore, conscio delle difficoltà di approntare un efficiente sistema di vendita online, con la Legge di bilancio per il 2021 ha previsto, per il settore primario, un credito di imposta per la realizzazione o l’ampliamento di infrastrutture informatiche finalizzate al potenziamento del commercio elettronico.

Tale forma di commercializzazione può rappresentare, soprattutto nei settori dove i prodotti sono soggetti ad accise, un’arma a doppio taglio in quanto, se è vero che con un click si raggiungono potenziali clienti in tutto il mondo, è possibile che vi siano implicazioni, da un punto di vista fiscale, che comportano aggravi economici in capo alle aziende venditrici che potrebbero rendere l’operazione non così vantaggiosa.

 La norma introdotta con il comma 131 della Legge di bilancio 2021, probabilmente conscia sia di questa problematica, sia della ritrosia del settore, prova a incentivare tale percorso, riproponendo, con alcuni accorgimenti, il credito d’imposta di cui all’articolo 3, comma 1, D.L. 91/2014, spettante per il potenziamento del commercio elettronico.

I fondi messi a disposizione ammontano a 5 milioni di euro annuali per il triennio 2021-2023 e sono destinati al solo settore agricolo e agroalimentare, con il preciso obiettivo di migliorare le potenzialità di vendita a distanza a clienti finali residenti fuori del territorio nazionale, per la creazione, ove occorra, di depositi fiscali virtuali nei Paesi esteri, gestiti dagli organismi associativi, per favorire la stipula di accordi con gli spedizionieri doganali, anche ai fini dell’assolvimento degli oneri fiscali, e per le attività e i progetti legati all’incremento delle esportazioni.

L’articolo 3 D.L. 91/2014 (il c.d. Decreto Competitività) riconosce un credito d’imposta nella misura del 40% delle spese per nuovi investimenti sostenuti, e comunque non superiore a 50.000 euro.

La particolarità della norma si rinviene nel perimetro soggettivo, essendo individuati, infatti, quali possibili fruitori le reti di imprese agricole e agroalimentari costituite ai sensi dell’articolo 3 D.L. 5/2009, anche costituite in forma cooperativa o riunite in consorzi o aderenti ai disciplinari delle strade del vino di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), L. 268/1999.

In questo modo, il Legislatore intende dar credito a iniziative che vedano coinvolti più soggetti per cercare di aggregare il più possibile gli operatori del comparto primario, che da sempre scontano una limitata dimensione rispetto ai competitors comunitari (e non solo) e che spesso sono restii ad unirsi con altri soggetti.

Con provvedimento direttoriale dell’Agenzia delle entrate, da adottare entro 30 giorni decorrenti dal 1° gennaio 2021, saranno stabiliti i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d’imposta.

La norma è abbastanza asciutta nel richiamare il concetto di rete, ma la domanda che bisogna porsi è se tutte le tipologie di rete possono avere accesso al credito.

Nel tempo, infatti, si sono andate a sviluppare due differenti forme di rete: una prima c.d. “leggera” e una seconda c.d. “pesante”, in quanto si caratterizza per il riconoscimento della soggettività giuridica e la conseguente produzione un reddito a lei imputabile in via autonoma.

Stante il dato letterale della norma si ritiene che il credito di imposta sarà fruibile anche a mezzo di semplici reti contratto senza dover appesantire e rinforzare troppo il legame tra i vari soggetti.

Del resto, scopo della rete, nel caso di specie, sarebbe quello di implementare i canali attraverso i quali “fare business” cercando di abbattere i costi attraverso una distribuzione tra tutti i soggetti e la fruizione di un incentivo sotto forma di credito di imposta.

Discorso diverso, invece, ad esempio, deve essere fatto nel caso del credito di imposta c.d. Transazione 4.0. che si ritiene azionabile attualmente alle sole reti soggetto.

In tal senso depone il dato letterale ma, a parere di chi scrive, non la ratio della norma.

Il comma 1051 della L. 178/2020 testualmente richiama “Tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, comprese le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito dell’impresa”, ragion per cui, per fruire del credito è necessario essere un soggetto titolare di un reddito; altro discorso è la cedibilità ai soci.

Transazione 4.0 ha l’obiettivo di accompagnare le imprese verso un nuovo modo di produrre, sfruttando alta tecnologia.

Le reti sono nate anche per questo: dare la possibilità anche ai piccoli, tramite sinergie e condivisione dei costi, di accedere a servizi e tecnologie altrimenti economicamente insostenibili.

Ecco che allora, soprattutto per il settore primario, dove le reti si sono sviluppate prevalentemente in forma di rete contratto, si dovrebbe interpretare in senso estensivo la norma, dando la possibilità a tali reti di effettuare gli investimenti e ripartire il credito in proporzione ai vari retisti aderenti.