19 Gennaio 2017

Cosa succede quando si esce dall’IRI …

di Sergio Pellegrino
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Potrebbe sembrare prematuro preoccuparsi della fuoriuscita dal regime opzionale dell’IRI quando vi sono alcuni dubbi circa il suo meccanismo di funzionamento e dobbiamo “pesarne” la convenienza per ciascuno dei nostri clienti, ma la questione è rilevante e soprattutto non adeguatamente disciplinata dal legislatore.

L’articolo 55-bis del Tuir si limita infatti a prevedere che cosa accade alle perdite non ancora utilizzate al momento di fuoriuscita dal regime.

Al riguardo va evidenziato come nel nuovo regime, le perdite non hanno soltanto natura “operativa”, ma possono essere legate anche al funzionamento peculiare del meccanismo impositivo: se infatti in un periodo di imposta viene effettuato un prelievo in misura superiore al reddito conseguito, attingendo a utili tassati ai fini IRI in periodi precedenti e non prelevati, si genera una perdita riportabile nei periodi di imposta successivi.

Facciamo un esempio numerico:

Anno Reddito Prelievo

(tassato IRPEF)

Reddito

(tassato IRI)

Perdita IRI Plafond IRI
1 100.000 100.000 76.000
2 10.000 30.000 20.000 56.000
3 20.000 30.000 10.000 46.000
4 – 10.000 20.000 30.000 26.000
5 20.000 46.000 26.000
Totale 140.000 126.000 100.000 86.000

 

Ipotizzando che, decorsi i 5 anni di durata dell’opzione, si decida di abbandonare il regime IRI, abbiamo una situazione nella quale, a fronte di un reddito d’impresa di 140.000 euro, sono stati tassati 126.000 euro in capo all’imprenditore per i prelievi effettuati e altri 100.000 euro attraverso l’applicazione dell’IRI: si è quindi generata al momento di fuoriuscita del regime una perdita IRI riportabile di 86.000 euro.

Il secondo comma dell’articolo 55-bis del Tuir stabilisce, infatti, che le perdite in questione sono computabili in diminuzione dai redditi ai sensi dell‘articolo 8, comma 3, del Tuir, ossia sono computate in diminuzione dai relativi redditi conseguiti nei periodi di imposta e per la differenza nei successivi, ma non oltre il quinto, per l’intero importo che trova capienza in essi.

La norma dispone che, per la verifica del requisito temporale, l’ultimo anno di permanenza nel regime viene considerato come anno di maturazione delle stesse.

Nel caso di società in nome collettivo e in accomandita semplice, le perdite sono imputate a ciascun socio proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili.

La disposizione non disciplina in alcun modo cosa accade nel caso in cui a fuoriuscire dal regime IRI sia una Srl a ristretta base proprietaria: è ragionevole ritenere che le perdite in questione potranno essere scomputate nei periodi di imposta successivi con le regole “ordinarie” dell’articolo 84 del Tuir, incontrando quindi il limite dell’80% del reddito complessivo (ma non subendo alcuna limitazione temporale).

Si potrebbe però verificare un altro caso, che non è assolutamente regolato dalla norma: al momento della fuoriuscita potrebbero residuare riserve di utili assoggettate ad imposizione ai fini IRI e non oggetto di prelievo.

Volendo fare un esempio “estremo”:

Anno Reddito Prelievo

(tassato IRPEF)

Reddito

(tassato IRI)

Perdita IRI Plafond IRI
1 100.000 100.000 76.000
2 100.000 100.000 152.000
3 100.000 100.000 228.000
4 100.000 100.000 304.000
5 100.000 100.000 380.000
Totale 500.000 500.000 380.000

 

Che cosa succede a queste riserve di utili, che sono state oggetto di tassazione IRI, nel momento in cui verranno distribuite una volta fuoriusciti dal regime?

Nel caso dei soggetti Irpef, imprenditori individuali o società di persone, si può ritenere che al momento del prelievo il percipiente verrà tassato e si determinerà una variazione in diminuzione ai fini della determinazione del reddito d’impresa prodotto in quel periodo d’imposta (oppure, in alternativa, potrebbe venire riconosciuto un credito d’imposta corrispondente): verrebbe quindi “perpetuato” il regime IRI fino ad esaurimento del plafond IRI.

In questo caso sarebbe logico applicare una presunzione “speculare” a quella del comma 6 dell’articolo 55-bis del Tuir, consumando prioritariamente le riserve di utili generate in vigenza del regime IRI.

Per la Srl a ristretta base proprietaria si potrebbe invece evitare di “perpetuare” il regime IRI, tassando gli utili al momento della distribuzione come redditi di capitale.

Per risolvere le problematiche evidenziate, non appare sufficiente un intervento interpretativo da parte dell’Agenzia delle entrate, ma sarà ineludibile una modifica della disciplina introdotta nel Tuir.

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La legge di stabilità e le novità di periodo