12 Maggio 2020

Corsi di formazione all’estero: indicazioni dalle autorità UE

di Roberto Curcu
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La scheda di FISCOPRATICO

In Italia non è mai stata data una interpretazione precisa circa l’individuazione della territorialità dei corsi di formazione. L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione 44/E/2012, aveva superficialmente chiarito che il servizio di formazione del personale svolto tra soggetti passivi (B2B) ricade nella regola generale di cui all’articolo 7-ter, e come tale è da assoggettare ad Iva nel luogo di stabilimento del committente.

Differentemente dalle Agenzie fiscali dei principali Paesi (Francia, UK, Germania), non veniva fatta alcuna distinzione tra corsi personalizzati del personale, e corsi per i quali è previsto il pagamento di una quota per poter partecipare, in un luogo e nei tempi previsti dall’organizzatore; in questi casi, secondo appunto le interpretazioni delle amministrazioni di tali Paesi, non si era in presenza di un servizio generico, ma di un servizio di accesso ad una manifestazione educativa, scientifica, culturale ecc…, e come tale tassabile nel Paese dove si svolge l’evento.

Questa posizione delle Amministrazioni fiscali estere dei principali Paesi Ue è stata avallata dalla Corte di Giustizia Europea, nella Causa C-647/17.

Le sentenze della Corte di Giustizia Europea, lo ricordiamo, sono una forma di interpretazione autentica della norma oggetto di causa, e come tali assumono la stessa efficacia giuridica della norma stessa; in particolare, la norma interpretata è l’articolo 53 della Direttiva 112/06, recepito nel nostro articolo 7-quinquies, comma 1, lettera b).

Chiarito, quindi, che chiunque in Italia ha l’obbligo di interpretare l’articolo 7-quinquies in maniera conforme a quando ha fatto la Corte di Giustizia, veniamo al caso.

Una società di formazione svedese organizzava dei corsi di contabilità della durata di 30 ore, ripartiti su cinque giornate ed intervallati da un giorno di pausa, previa iscrizione e pagamento anticipato. I corsi venivano svolti in Stati esteri ed il programma determinato anticipatamente, ma adattato in loco in funzione dei partecipanti. L’interpretazione richiesta alla Corte di Giustizia era se un servizio prestato con le seguenti modalità poteva considerarsi relativo all’accesso ad un evento educativo, e come tale tassabile nel luogo di effettivo svolgimento, oppure ricadere nella regola generale e venire quindi tassato nel Paese di stabilimento del committente.

La Corte ha chiarito che si tratta di un servizio di accesso ad una manifestazione, e come tale è tassabile nel luogo in cui viene svolta la manifestazione.

A tale riguardo, tale sentenza è stata oggetto di approfondimento nel 114° meeting del Comitato Iva ed oggetto del documento taxud.c.1(2020)2254683 – 986 di recente pubblicazione.

In tale documento, che non assume rilevanza legale, viene evidenziato come le Amministrazioni fiscali dei Paesi membri, praticamente all’unanimità, ritengono che maggiore è la durata del corso, minore è la possibilità di considerare il servizio come un “diritto di accesso”, ed a larga maggioranza, ritengono che, quando il corso supera la settimana, la prestazione di servizi deve considerarsi ricadente nella regola generale.

L’unanimità di vedute non viene raggiunta nemmeno con riguardo al problema dei corsi che si svolgono in più Paesi Membri; sul punto, la larga maggioranza ritiene che si dovrebbe procedere ad una scomposizione del corrispettivo in proporzione alla durata ed alla tassazione nei relativi Stati, salvo che il corso non avvenga in un solo Stato e solo delle prestazioni accessorie vengano rese all’estero.

Sul punto, quindi, alcune questioni sono apparentemente risolte, mentre per percorsi formativi di maggiore durata, o per i quali solo la parte pratica viene eseguita all’estero (tipicamente i corsi di lingue), non vi è ancora una certezza sulle regole da applicare.