7 Aprile 2020

Coronavirus: la complessa gestione delle locazioni immobiliari

di Alessandro Carlesimo
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La scheda di FISCOPRATICO

L’emergenza innescata dalla diffusione del coronavirus solleva la necessità di conoscere la prevedibile evoluzione dei contratti di locazione stipulati da quei conduttori che, a vario titolo, si trovano nell’impossibilità di ritrarre le utilità economiche connesse al godimento dell’immobile locato.

Il tema è particolarmente sentito nell’ambito dei contratti aventi ad oggetto la locazione di immobili utilizzati dalle imprese operative nei settori interessati dal fermo dei Decreti, ciò in quanto, per un numero elevato di conduttori, l’esatto e tempestivo pagamento dei canoni risulta di difficile esecuzione, considerato che, allo stato attuale, le misure di sostegno varate non attribuiscono provviste finanziarie in grado di fronteggiare la carenza di liquidità connessa ai mancati introiti aziendali: il bonus locazioni non offre alcun contributo termini di disponibilità immediate, trattandosi di un credito d’imposta (peraltro limitato agli immobili di categoria C/1) utilizzabile in compensazione con altri tributi, come tale, inidoneo a tamponare l’improvvisa crisi di liquidità.

Tanto meno è possibile ricavare dal Decreto Cura Italia specifiche riduzioni o dilazioni dei canoni periodici, a differenza di quanto previsto per gli intestatari di mutui, ai quali è invece concesso il diritto di richiedere ai propri istituti di credito la posticipazione delle rate in scadenza.

Tuttavia, l’articolo 91 D.L.18/2020, mediante l’opportuno richiamo all’articolo 1218 cod.civ., prevede che il rispetto delle misure di contenimento sia sempre tenuto in debita considerazione ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore nei casi di inadempimento o ritardato adempimento.

La norma attribuisce alle restrizioni previste dai recenti provvedimenti il rango di cause di forza maggiore, suscettibili di escludere la responsabilità dell’obbligato in relazione all’inadempimento e al conseguente obbligo di risarcire il danno.

Parrebbe, quindi, che in forza di questa disposizione i pagamenti parziali o ritardati possano essere tollerati nella misura in cui le prescrizioni interruttive abbiano avuto un impatto apprezzabile sull’attività del debitore.

Va peraltro osservato che, nella disciplina generale dei contratti si rinvengono alcune soluzioni, per così dire, straordinarie, le quali possono essere invocate nell’ambito delle locazioni in essere. Si tratta di strumenti giuridici azionabili nell’incombenza di eventi fortuiti ed indipendenti dalla volontà del contraente.

A tal proposito, il codice civile dispone che la sopravvenuta e temporanea impossibilità di adempiere la prestazione sospende l’esecuzione del contratto, senza che il ritardo della prestazione possa essere imputato alla condotta colpevole del debitore (articolo 1256, comma 2, cod. civ.).

Al conduttore penalizzato dagli effetti dell’epidemia (i quali sono pacificamente indipendenti dalla sua volontà) è quindi consentito differire i versamenti dovuti senza conseguenze negative, a condizione che sia ragionevolmente presumibile il nesso di causalità tra omesso pagamento e l’impatto del virus sull’attività svolta.

La sospensione opererebbe anche in presenza di una clausola risolutiva espressa, la quale, come ribadito in giurisprudenza, è produttiva di effetti sempreché si accerti la condotta colpevole del soggetto obbligato (Corte di Cassazione, sentenza n. 23868/2015; Tribunale di Brindisi, n. 1451/2019). Inoltre, se l’impossibilità sopravvenuta dovesse perdurare e trasformarsi in definitiva, a causa, ad esempio, dell’irreversibilità della situazione o del prolungarsi delle restrizioni, l’obbligazione è destinata ad estinguersi (Corte di Cassazione, sentenza n. 26958/2007).

Da qui la possibilità per il conduttore in difficoltà di richiedere la sospensione dei canoni sino a quando l’emergenza non sarà terminata.

Il debitore ha il diritto di domandare la risoluzione facendo leva sulla straordinarietà ed imprevedibilità della situazione epidemica. Ai sensi dell’articolo 1467 cod.civ. “se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto”.

Dunque, al locatario è riconosciuta tale facoltà laddove il protrarsi dell’emergenza e delle misure restrittive renda insostenibile il pagamento dei canoni di locazione.

È in ogni caso rimessa alla discrezionalità del giudice la valutazione dell’eccessiva onerosità del canone dovuto. Nel corso del giudizio inoltre, è data la possibilità al locatore convenuto di rinegoziare le condizioni contrattuali in senso favorevole al conduttore, proponendo un’offerta economica che ristabilisca l’equità della pretesa contrattuale (ad esempio, attraverso una proposta che tenga conto dei nuovi prezzi di mercato).

A differenza dell’ipotesi precedente, l’accoglimento della domanda giudiziale di risoluzione determina lo scioglimento del contratto.

Va evidenziato che l’utilizzatore dell’immobile può anche esercitare il recesso contrattuale. La disciplina speciale delle locazioni ad uso non residenziale attribuisce questo diritto qualora ricorrano gravi motivi e indipendentemente dalle pattuizioni contrattuali, ma con preavviso minimo di sei mesi (articolo 27 L. 392/1978).

Può infine trovare applicazione la soluzione indicata dalla disciplina nelle ipotesi di impossibilità parziale di eseguire la prestazione: in tal caso il conduttore è liberato pagando il canone nella misura in cui gli è stato possibile. Specularmente, il locatore ha il diritto di percepire il canone ridotto in proporzione all’impossibilità sopravvenuta o, in alternativa, il diritto di recedere dal contratto se non ha interesse all’incasso parziale delle somme (articolo 1464 cod.civ.).

Ad ogni modo, nulla vieta alle parti procedere autonomamente alla rinegoziazione del canone (nell’entità e nelle tempistiche di pagamento) concordando sconti e/o distribuendo il versamento degli importi omessi su più annualità.