16 Luglio 2021

Cori, bande e filodrammatiche alla luce delle recenti novità normative – II° parte

di Guido Martinelli
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Proseguendo l’analisi avviata col precedente contributo, v’è da dire che si ritiene non fortuito il riferimento al termine “amatoriale” nel disegno di legge del Senato n. 2123 (“Disposizioni concernenti le associazioni musicali amatoriali e agevolazioni fiscali a sostegno della loro attività”) con chiaro riferimento alle c.d. attività sportive amatoriali previste e disciplinate dall’articolo 29 D.Lgs. 36/2021.

Si tratta, infatti, di enti senza scopo di lucro che si possono avvalere di prestazioni “amatoriali” da parte di soggetti specificatamente individuati, a carattere consociativo per le quali diventa possibile anche il riconoscimento di una forma di elargizione economica quale rimborso forfettario di spese, indennità di trasferta, premi o compensi a carattere occasionale, sul presupposto, quindi, che la causa del rapporto non sia quella di scambio tipica di un rapporto di lavoro ma il comune intento del raggiungimento delle finalità associative.

Del resto non possiamo non tenere conto dell’incipit dell’articolo 67 Tuir, laddove sono considerati redditi diversi se “non sono conseguiti nell’esercizio di arti o professioni … né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente…”.

Se questa fosse, come riteniamo, l’interpretazione corretta da dare all’agevolazione in esame alla luce anche di quanto previsto per le attività sportive dal citato D.Lgs. 36/2021, sia nello sport che per cori, bande e filodrammatiche, la conseguenza sarebbe, ai fini della disciplina del terzo settore, la creazione di una situazione “non normata”.

Ossia l’esistenza, per questi enti non tipizzati che volessero accedere al terzo settore, di una figura ibrida che non potrà essere ricompresa tra i volontari di cui all’articolo 17 cts, per il carattere non gratuito della prestazione, ma neanche tra i lavoratori di cui al precedente articolo 16, per carenza del presupposto sinallagmatico della prestazione. Sono evidenti i conseguenti problemi sulla sussistenza o meno degli obblighi assicurativi previsti per i volontari.

Tale caratteristica appare confermata anche dall’inciso prestazioni di natura non professionaleche le deve caratterizzare ai fini della applicazione della norma in esame.

D’altro canto la semplice lettura di due norme costituzionali, il primo comma dell’articolo 37 sulla tutela della maternità e il secondo comma dell’articolo 38 sulle tutele assicurative e previdenziali porta a sostenere che, almeno per quello che riguarda le fattispecie in esame, difficilmente queste possano fare riferimento ad una vera e propria prestazione lavorativa.

Se la riforma del terzo settore deve essere ritenuta un lavoro in progress, forse definire tale posizione sarebbe auspicabile al fine di evitare possibili difformità interpretative tra le varie sedi regionali del Runts.

Va comunque precisato che, a prescindere dai problemi di inquadramento, non sussiste nessun impedimento per l’ente del terzo settore “banda o coro o filodrammatica” a corrispondere detti emolumenti.

Ma le difficoltà ad individuare sotto il profilo soggettivo quali siano i soggette beneficiari della norma non terminano qui.

Infatti, si richiede che tali enti debbano perseguire finalità dilettantistiche.

Il significato da dare a questo termine, nell’ambito culturale, rimane oscuro.

Nel nostro ordinamento non esiste una definizione in positivo di attività dilettantistica. Anche l’articolo 2 D.Lgs. 36/2021, più volte citato, determina il concetto di sport dilettantistico per differenza, ritenendo come tale quello non classificato come professionistico.

Probabilmente, per approssimazioni successive (lo sport dilettantistico è caratterizzato dal principio della assenza dello scopo di lucro) si potrà ritenere il termine dilettantistico come equivalente a quello di ente senza scopo di lucro.

Ma se così fosse dovrà essere definito un passaggio importante.

Alla luce di quanto previsto dall’articolo 149 Tuir e dal titolo X del codice del terzo settore, per la tipologia di attività svolta da cori, bande e filodrammatiche, il rischio che siano da ritenere enti “commerciali” appare alto.

In tal caso, ci si chiede, l’ente in esame potrà continuare a corrispondere gli importi concordati applicando le facilitazioni previste dal combinato disposto di cui all’articolo 67, comma 1, lett. m), Tuir e all’articolo 69, comma 2, Tuir?

La risposta, a mio avviso, non può che essere positiva.

Infatti, come confermato anche dalla Corte di Cassazione (ordinanza n. 8182 del 27.04.2020), vanno distinte le caratteristiche dell’ente da quella che è la qualificazione delle attività poste in essere in commerciali o non commerciali.

Pertanto, giusto l’insegnamento anche della riforma del terzo settore, l’eventuale ingresso nell’area commerciale può avere delle conseguenze sulla disciplina fiscale applicabile ma non incide sulla natura soggettiva e sui diritti che a questa sono connessi.

Rimane, infine, da identificare chi possano essere i soggetti riceventi, ossia quelli che possono rientrare nella categoria dei direttori artistici o collaboratori tecnici.

Se pochi dubbi possono esserci sui “collaboratori tecnici”, termine che dovrebbe racchiudere tutti coloro i quali partecipano e rendono possibile la manifestazione artistica (anche se non si comprende, onestamente, perché a loro è concessa e ai i coristi, bandisti o attori no), qualche dubbio ci potrebbe essere sul direttore artistico.

Sicuramente vi potrà rientrare il regista dello spettacolo o il maestro del coro o della banda; ma altrettanto sicuramente non vi potrà rientrare l’eventuale prestazione didattica dal medesimo posta in essere.