18 Novembre 2017

I controlli di continuità aziendale attraverso l’indice Z-Score

di Luca Dal Prato
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Come esaminato anche in precedenti contributi, un tema particolarmente complesso per il collegio sindacale riguarda l’analisi del presupposto della continuità aziendale. In questo contributo, vogliamo soffermarci su un particolare – nonché semplice – indice che riteniamo utile proprio per valutare lo stato di salute aziendale. Parliamo, in particolare, dello “Z-Score” sviluppato da Robert Altman, che si pone l’obiettivo di analizzare la probabilità di fallimento di un’impresa di tipo industriale.

Questo piuttosto longevo indicatore (risalente difatti al 1967 e di cui è possibile trovare molte interpretazioni on line) è determinato attraverso l’insieme di cinque sottoindici:

Z = 1.2X1+1.4X2+3.3X3+0.6X4+1.0X5

La facilità di calcolo dello “Z-score” risiede nel fatto che i dati necessari possono essere facilmente estrapolati dal bilancio d’esercizio. Le variabili di cui sopra sono infatti così determinate:

  • X1: Capitale circolante netto / Totale attività;
  • X2: Utili non distribuiti / Totale attività;
  • X3: EBIT / Totale attività;
  • X4: Valore di mercato del capitale netto / Totale debiti;
  • X5: Fatturato / Totale attività.

La prima variabile discriminante (X1) è un indice che misura la percentuale dell’attivo circolante (calcolato come differenza tra attività correnti e passività correnti) rispetto al totale dell’attivo.

La seconda variabile discriminante (X2) descrive che percentuale di attivo è rappresentata dal reinvestimento di utili non distribuiti. Tale rapporto identifica il valore, creato dall’azienda, che rimane al suo interno per ulteriori investimenti.

La terza variabile discriminante (X3) rapporta l’EBIT al totale dell’attivo aziendale. Questo indicatore è particolarmente efficace in quanto prescinde dall’analisi cumulativa dei tassi di interesse e dalle aliquote di imposta.

La quarta variabile discriminante (X4) rapporta il valore del capitale proprio (derivante dalla somma del capitale conferito e delle riserve) al valore contabile dei debiti (sia a breve che a medio/lungo termine) e costituisce un indicatore di struttura finanziaria in cui il patrimonio netto è valutato a valori di mercato.

La quinta variabile discriminante (X5) descrive il turnover del capitale generato dall’attività di vendita ed è una misura dell’abilità manageriale dell’impresa di operare in ambienti competitivi.

Un valore di Z inferiore a 1,8 significa che l’impresa sta probabilmente andando verso una crisi irreversibile.

Imprese con indici superiori a 3 hanno probabilità di default più ridotte.

Un indice compreso tra 1,8 e 2,9 posiziona invece la società in una zona grigia, in cui non risulta ancora chiara la situazione e il cui quadro va approfondito con ulteriori strumenti di analisi.

Come tutti gli indici, è poi opportuno verificarne, più che il valore assoluto, il suo andamento nel tempo, attraverso l’analisi di più bilanci anche per controllare se esso migliora o peggiora.

Precisiamo infine che, dal 2012 in poi, l’indice ha subito alcuni aggiornamenti, le cui versioni modificate sono denominate Z’ e Z’’ che presentano alcune variazioni rispetto alla formula originale (ad esempio, lo Z’ mantiene gli stessi cinque indicatori dello Z originale, ma attribuisce loro pesi differenti) che possono essere questa volta usate per le imprese non quotate e non industriali. Va comunque specificato che tali indici non possono essere applicati a imprese finanziarie.

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