14 Aprile 2015

Controlli automatizzati, come gestire le richieste del fisco

di Maurizio Tozzi – Comitato Scientifico Master Breve 365
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Come da tradizione, nel mese di aprile iniziano ad arrivare le prime comunicazioni dell’Amministrazione finanziaria relativamente all’ultima dichiarazione presentata, sia in riferimento alla liquidazione automatica della stessa, che in ordine al controllo formale ex articolo 36-ter del D.P.R. n. 600/1973. La motivazione di tale “solerzia”, soprattutto se rapportata alle possibilità di ravvedimento concesse al contribuente, risiede nella volontà, positiva, di consentire rettifiche “indolori” quando trattasi di legittime riprese che determinano una mera riduzione degli importi dei crediti riportabili, in modo che il soggetto interessato possa decidere di riportare nella nuova dichiarazione solo ed esclusivamente l’ammontare ridotto come rettificato da parte dell’Agenzia delle Entrate, evitando qualsiasi pagamento posto il mancato utilizzo del differenziale contestato. Il rovescio della medaglia è invece rappresentato dalla impossibilità di sfruttare gli ampi termini dei nuovi ravvedimenti per procedere anche al ravvedimento frazionato degli importi dovuti secondo le indicazioni della Risoluzione n. 67/E/2011: per evitare di incorrere in contestazioni degli importi non ravveduti, il messaggio implicito è di “completare” il ravvedimento frazionato proprio entro il mese di aprile, onde evitare le conseguenze ostative dei controlli automatizzati delle dichiarazioni. Se però sopraggiunge il controllo della dichiarazione ed emergono importi da versare, ecco crearsi un problema non di poco conto circa la liquidità del contribuente, che magari aveva fatto affidamento proprio sul ravvedimento delle somme per ottenere un minimo di respiro; all’improvviso, si presenta la necessità di affrontare le richieste delle comunicazioni, essendosi peraltro in prossimità delle prime scadenze di versamento della nuova dichiarazione.

A temperare l’impatto delle comunicazioni provvede l’art.3-bis del D.Lgs. n. 462/1997, che disciplina il pagamento rateale dei debiti in questione senza obbligo di prestare garanzia. Al contribuente dunque si offre uno step importante per ottenere ancora del tempo onde provvedere alla liquidità necessaria, dovendosi peraltro sottolineare che non è la sola alternativa concessa, residuando ancora la possibilità della successiva rateazione nei confronti dell’agente della riscossione. Ovviamente, ogni step richiede un costo maggiore ma almeno consente al soggetto interessato di frazionare l’importo complessivamente dovuto. Nel dettaglio, gli importi che emergono dai controlli automatizzati possono essere versati:

  • in un numero massimo di sei rate trimestrali (solitamente di pari importo, poiché gli ausili informatici forniti dall’Amministrazione finanziaria effettuano in automatico la suddivisione in rate uguali), se il debito non è superiore a 5.000,00 euro;
  • fino ad un numero massimo di venti rate trimestrali di pari importo, nel caso di somme dovute superiori a 5.000 euro.

La tempistica della rateazione è precisa:

  • la prima rata deve essere versata entro il termine di 30 giorni dal ricevimento della comunicazione. Posto che le comunicazioni possono essere effettuate, oltre che con raccomandata direttamente al domicilio del contribuente, anche attraverso il canale Entratel all’intermediario che ha inviato la dichiarazione (se questi ha espressamente dichiarato di voler ricevere l’eventuale avviso telematico), in questo caso i 30 giorni decorrono dal sessantesimo giorno successivo a quello di trasmissione telematica dell’invito. La decorrenza del termine può essere differita nelle ipotesi in cui la comunicazione contenga dati da rettificare, nel qual caso i 30 giorni decorrono dal successivo momento di consegna del nuovo avviso bonario;
  • le rate trimestrali scadono l’ultimo giorno di ciascun trimestre. Sull’importo delle rate successive sono dovuti gli interessi, calcolati dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di elaborazione della comunicazione.

L’attenzione massima deve essere rivolta alla prima rata, in quanto il suo mancato o tardivo pagamento entro il termine previsto comporta la decadenza dalla rateazione e l’iscrizione a ruolo di quanto dovuto per imposte, interessi e sanzioni in misura piena.

Il mancato o tardivo pagamento delle rate successive alla prima è invece gestibile in maniera diversa, volendo “più rilassata”, ancorché meritevole di attenzione. Se infatti il contribuente provvede al pagamento di una rata in ritardo, ma entro il termine di pagamento della rata trimestrale successiva, si espone esclusivamente all’iscrizione a ruolo a titolo definitivo della sanzione del 30%, commisurata all’importo della rata versata in ritardo, salvo che non abbia provveduto al ravvedimento operoso.

La decadenza dalla rateazione con iscrizione a ruolo di quanto dovuto per imposte, interessi e sanzioni in misura piena, dedotto quanto versato nelle rate precedenti, invece, interviene se la rata non è ottemperata (o è pagata in maniera incompleta) nemmeno entro il termine di scadenza della rata successiva. In tale evenienza la sola via d’uscita è rimessa all’interpretazione dell’Ufficio competente, che sulla base delle indicazioni della Circolare n. 27/E/2013 potrebbe considerare l’omissione alla stregua di un errore di lieve entità, una volta constatata la buona fede del contribuente: potrebbe essere il caso, ad esempio, di un mero errore di versamento della rata in questione, magari con piccoli importi di differenza o con lievissimi ritardi. Se invece ci si relaziona con un Ufficio rigido, non resta che attendere l’attivazione delle procedure di Equitalia e provvedere alle ordinarie rateazioni nei confronti dell’agente della riscossione, sapendo di poter confidare, in linea di massima, su una tempistica di almeno 72 rate, fermo restando l’importo minimo di 100 euro. Le implicazioni negative sono però due: da un lato le sanzioni dovute sono ormai divenute piene e, dall’altro, in termini finanziari, sarà sempre necessario monitorare tutte le scadenze e soprattutto evitarne un eccessivo accumulo nel tempo, che ne renderebbe difficile la gestione complessiva.