19 Maggio 2016

Controlli ad hoc per gli enti No Profit agevolati

di Fabrizio G. Poggiani
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Per il Terzo Settore, destinatario di regimi contabili e fiscali agevolati, sono previsti controlli mirati con utilizzo di software specifici, in dotazione degli uffici periferici.

Queste le indicazioni fornite, con la recente circolare 28 aprile 2016 n. 16/E, dall’Agenzia delle Entrate sul comparto degli enti non commerciali che fruiscono di determinati regimi fiscali agevolati.

La circolare, per come è stata sviluppata dalla direzione centrale, appare più una dichiarazione d’intenti che un vero e proprio vademecum sulle modalità di eseguire le dette verifiche, stante il fatto che viene esclusivamente evidenziata la necessità di ottenere una “selezione mirata” dei soggetti che solo “apparentemente” si presentano come enti non commerciali ma che, di fatto, svolgono vere e proprie attività commerciali, come la somministrazione di alimenti e bevande, l’organizzazione di viaggi, l’intrattenimento e lo spettacolo e quant’altro.

Di conseguenza, si rende necessario recuperare i precedenti documenti prassi che, a differenza di quello in commento, hanno fornito indicazione sugli “indici” e sulle “modalità” di controllo, tali da far emergere situazioni diverse di quelle acclarate (non commerciali).

Con riferimento al comparto degli enti non commerciali, l’Agenzia ha sempre sostenuto che gli uffici periferici si devono concentrare sui “soggetti che apparentemente si presentano come non profit” ma che “in realtà svolgono vere e proprie attività commerciali, tralasciando le situazioni con minima rilevanza.

È noto che il comma 3 dell’articolo 148 del DPR 917/1986 (TUIR) prevede una serie di agevolazioni specifiche per gli enti di tipo associativo (associazioni politiche, sindacali, religiose, assistenziali e culturali, di promozione sociale, sportive e di formazione extra-scolastica), quando le attività esercitate sono svolte “in diretta attuazione degli scopi istituzionali”, prevedendo una sorta di “non commerciabilità” (e quindi di non tassabilità) dei proventi derivanti dall’esercizio di prestazioni svolte dalle dette associazioni anche dietro pagamento di un corrispettivo specifico.

La verifica deve essere eseguita sull’attività effettivamente esercitata dall’ente e, in presenza dello statuto sociale, sulle attività ivi indicate, tenendo conto della necessaria presenza di clausole obbligatorie, di cui al comma 8 del medesimo articolo 148 del TUIR.

Inoltre, si ricorda che alcuni enti possono optare per l’applicazione di regimi particolari, come quello previsto dalla legge 398/1991 – destinato alle associazioni sportive dilettantistiche in qualunque forma costituite (articolo 90 legge 289/2002), alle pro-loco o alle associazioni senza lucro (articolo 9-bis D.L. 471/1992, convertito nella legge 66/1992), alle associazioni bandistiche e ai cori amatoriali, alle filodrammatiche di musica e danza popolare (articolo 2 comma 31 legge 350/2003) – con la determinazione del reddito, ai fini IRES, applicando il coefficiente del 3% al totale dei proventi commerciali e aggiungendo, al risultato così ottenuto, le plusvalenze patrimoniali, interamente tassate, oltre alla possibilità di determinare forfetariamente l’Iva da versare, in luogo dell’utilizzo dell’ordinario metodo di conteggio “Iva da Iva” (Iva sulle vendite meno Iva sugli acquisti).

Su questi soggetti, si ritiene anche per il 2016, si concentrerà l’attività di controllo delle Entrate, stante il fatto che l’obiettivo è quello di intercettare enti che svolgono attività di natura commerciale, nonostante le ridotte dimensioni, soprattutto in presenza di attività come quelle indicate in precedenza (somministrazioni alimenti e bevande, organizzazioni di viaggi e attività di spettacolo e intrattenimento).

Altri soggetti da tempo sotto controllo sono le Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (in sigla, Onlus), introdotte dall’articolo 10 del D.Lgs. 460/1997 (“Riforma Zamagni” per il Terzo Settore), che, posto il rispetto di taluni vincoli statutari e lo svolgimento di attività orientate alla solidarietà sociale, con possibilità di esercizio delle sole attività connesse a quelle istituzionali (e quelle marginali, di cui al D.M. 25/05/1995, per gli enti di volontariato), godono di una generale esenzione dalla tassazione diretta, ai sensi dell’articolo 12 D.Lgs. 460/1997, trasfuso nell’articolo 150 del TUIR, e dell’esclusione dall’ambito Iva (si vedano le disposizioni contenute nel comma 2 dell’articolo 8 della legge 266/1991 per le organizzazioni di volontariato).

Come indicato nella circolare 25/E/2014, l’attività di controllo verso questi soggetti è indirizzata alla verifica delle attività esercitate “in concreto”, tenendo conto, “principalmente” delle informazioni in possesso delle direzioni regionali delle Entrate, per gli enti obbligati all’iscrizione all’anagrafe delle Onlus.

Si ricorda che gli enti per ottenere la qualifica di Onlus, devono inviare una comunicazione, con allegata una dichiarazione sostitutiva, alla Direzione Regionale delle Entrate nel cui ambito si trova il loro domicilio fiscale, con esclusione di quei soggetti qualificabili tali di diritto (cooperative sociali, organizzazioni non governative e di volontariato).

Con riferimento alle organizzazioni di volontariato, di cui alla legge 266/1991, gli uffici territoriali dovranno verificare l’iscrizione nei registri tenuti dalle regioni o dalle province e le direzioni regionali, al fine di ottenere le relative informazioni, procederanno nella stipula di protocolli d’intesa con gli enti territoriali di riferimento.

Tra i soggetti a fiscalità agevolata, sicuramente non come appartenenti al Terzo Settore (salvo le cooperative sociali, inserite come Onlus di diritto, dal citato art. 10, D.lgs. 460/1997), sono state da sempre, e paradossalmente non in quest’ultima circolare, menzionate anche le società cooperative, per le quali la direzione centrale accertamento richiedeva la verifica preventiva dell’iscrizione al relativo albo, nonché l’analisi accurata di specifici indicatori di rischio, come quelli riguardanti la presenza di importi elevati di crediti Iva non giustificati dal settore in cui l’ente mutualistico opera, di sistematiche perdite di esercizio, di un costo del lavoro incoerente con il volume d’affari realizzato e, punto alquanto critico stante la veste particolare e le finalità perseguite, l’omissione della presentazione della dichiarazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore.