1 Agosto 2017

Componenti straordinari “derivanti da trasferimenti di azienda”

di Fabio Landuzzi
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Come noto, tra le principali modifiche apportate dal D.Lgs. 139/2015 agli schemi del bilancio, vi è la soppressione dell’area “straordinaria” del conto economico. L’articolo 13-bis, comma 4, del D.L. 244/2016, nel regolare il riflesso fiscale di questa modifica, fissa un principio di carattere generale prescrivendo che, ogni qualvolta le norme fiscali fanno riferimento ai componenti positivi o negativi di cui alle lettere A) e B) dell’articolo 2425, cod. civ., questo riferimento va inteso come compiuto ai componenti ivi classificati secondo i principi contabili di riferimento, ma gli stessi – ai fini fiscali – vanno “assunti al netto dei componenti positivi e negativi di natura straordinaria derivanti da trasferimenti di azienda o di rami di azienda”. La medesima previsione la si ritrova poi ai comma 2, lettera b), ed al comma 3, dello stesso articolo 13-bis, rispettivamente diretti a modificare in questo stesso senso l’articolo 96 del Tuir ed anche l’articolo 5, comma 1, del D.Lgs. 446/1997 in ambito Irap.

Quindi, la scelta di campo compiuta dal Legislatore fiscale è chiara: le voci A) e B) del conto economico sono rilevanti fiscalmente così come le stesse sono determinate applicando i principi contabili di riferimento, ma da esse occorre escludere, ove esistenti, i componenti positivi e negativi derivanti da “trasferimenti di azienda o di rami di azienda” i quali conservano quindi una sorta di straordinarietà fiscale.

La questione che ora si pone è la seguente: qual’è il perimetro che circoscrive i componenti “derivanti da trasferimenti di azienda o di rami di azienda” che devono essere sterilizzati ai fini dell’applicazione dell’articolo 96, dell’Irap ed in generale ogni qualvolta le norme fiscali richiamano le voci A) e B) del conto economico?

L’interrogativo deriva dalla circostanza che il Legislatore non ha utilizzato i termini “plusvalenze” e “minusvalenze” realizzate da atti di trasferimento di aziende, ma ha fatto riferimento a componenti economici “derivanti” da tali trasferimenti.

Assonime, nella recente circolare n. 14/2017 ha affrontato l’argomento rivolgendo l’attenzione ad alcuni tipici componenti che sono soliti derivare da queste operazioni.

In primo luogo, si pensi agli elementi rettificativi del prezzo di cessione dell’azienda come può essere il caso di clausole di earn-out o comunque di forme di integrazione o rettifica successiva del prezzo; in questa circostanza, può ragionevolmente ritenersi che tali componenti, in quanto parte integrante del prezzo, seppure a determinazione postuma, debbano essere trattati come componenti a tutti gli effetti “derivanti” dalla cessione di azienda e quindi rientranti a pieno titolo nella norma di non rilevanza fiscale ai fini che qui interessano.

Più delicata è invece la questione degli oneri accessori all’operazione come i costi per le consulenze, l’imposta di registro, ecc.. Al di là della terminologia utilizzata dal Legislatore, pare più che ragionevole affermare che la natura “straordinaria” fiscale del componente economico da espungere, ai fini qui trattati, dovrebbe essere limitata solamente alla plus o minusvalenza realizzata dall’operazione. Le altre componenti economiche, seppure accessorie rispetto all’operazione, devono ragionevolmente mantenere la loro piena rilevanza fiscale senza essere incise dalla disposizione in oggetto.

Assonime osserva che questa conclusione dovrebbe rimanere valida anche se, a stretto rigore, l’articolo 86, comma 2, del Tuir, specifica che la plusvalenza o minusvalenza si determina “al netto degli oneri accessori di diretta imputazione”; tuttavia, i Principi contabili non prevedono questo trattamento contabile così che le spese sostenute in occasione della cessione di aziende o di rami di azienda sono sempre rilevate fra gli ordinari oneri della gestione.

Ancor più articolato può essere poi il lato dell’acquirente, laddove l’acquisto dell’azienda si accompagni alla rilevazione di un badwill mediante iscrizione di una riserva negativa di patrimonio netto a copertura delle perdite future: quando la riserva sarà riversata a conto economico, questa deve essere sterilizzata ai fini che qui interessano in quanto comunque “derivante” da un trasferimento di azienda? A prima vista, parrebbe di sì, in quanto il collegamento con l’operazione è di certo fuori discussione; e questa sembra essere la soluzione più convincente. Tuttavia, si osserva anche, dall’altra parte, che bisognerebbe considerare quale è la ragione per cui la riserva viene riversata al conto economico, in quanto ciò potrebbe obiettivamente verificarsi in connessione ad eventi successivi all’acquisto dell’azienda e non necessariamente ad esso collegati, così da rendere il componente del tutto scevro dai condizionamenti fiscali qui in discussione.

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