19 Novembre 2013

Compensi all’amministratore unico di Srl

di Federica FurlaniSergio Pellegrino
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La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25572 depositata il 14 novembre 2013, ha affrontato il tema della deducibilità dei compensi corrisposti all’amministratore unico di Srl e della sindacabilità da parte dell’Amministrazione finanziaria del loro importo, con una pronuncia che appare davvero poco convincente.

Con riferimento alla prima questione, l’ordinanza in commento esclude la deducibilità dal reddito di impresa del compenso all’amministratore unico di una società a responsabilità limitata, sulla base della considerazione che la posizione di quest’ultimo è equiparabile, sotto il profilo giuridico, a quella dell’imprenditore, non essendo riscontrabile, in relazione alla sua attività gestoria, la formazione di una volontà imprenditoriale distinta da quella della società, e non ricorrendo quindi l’assoggettamento all’altrui potere direttivo, di controllo e disciplinare, che costituisce il requisito tipico della subordinazione.

A favore della stessa tesi la Cassazione si era già espressa con le sentenze n. 21155 del 31 ottobre 2005 e n. 24188 del 13 novembre 2006.

La questione circa l’indeducibilità delle somme corrisposte a titolo di compenso per l’amministratore della società di capitali, equiparato appunto all’imprenditore, nasce dal “vecchio” art. 62 del Tuir, in vigore fino al 31 dicembre 2003, che limitava la deducibilità delle spese per prestazioni di lavoro a quelle sostenute per quello dipendente e per compensi spettanti agli amministratori di società di persone.

Tuttavia è bene precisare che a seguito delle modifiche apportate al Tuir dal D. Lgs. 344/2003, in vigore dal 1° gennaio 2004, il nuovo art. 95 prevede esplicitamente che i compensi erogati agli amministratori di società di capitali, o meglio di società o enti di cui all’art. 73 comma 1 del Tuir, sono deducibili secondo il principio di cassa. Tale disposizione si rende inoltre applicabile anche agli amministratori di società di persone, in virtù del rinvio contenuto nell’art. 56 comma 1 del Tuir.

Di conseguenza il principio di indeducibilità dei compensi agli amministratori di società di capitali, sancito dalla sentenza in commento, non può essere applicato nell’ambito dell’attuale normativa (e quindi a decorrere dal 1.1.2004), come conferma a contraris l’ordinanza: “Del resto il fatto che la deducibilità del compenso all’amministratore ormai possa essere eccepita anche con riferimento alle società di capitali, non cambia affatto il quadro complessivo della fattispecie in esame, dal momento che si tratta di innovazione, introdotta all’art. 95 Dpr 917/86 dall’art. 6, comma 6 D.Lgs. 247/05, ed entrata in vigore soltanto l’1.1.2004, giusta il disposto del comma 13, senza possibilità quindi di efficacia retroattiva”.

La senenza affronta poi l’annosa questione circa la congruità del compenso: può l’Amministrazione finanziaria sindacare l’importo del compenso corrisposto dalla società all’Amministratore, se sproporzionato, ovvero eccessivamente elevato?

La fissazione dell’entità del compenso, come è noto, è una decisione che spetta all’Assemblea dei soci (art. 2364 Cod. Civ.), salva l’ipotesi di amministratori investiti di particolari caratteristiche per i quali la misura del compenso, salva diversa indicazione statutaria, sia stabilita dall’organo amministrativo (art. 2389, comma 3, Cod. Civ.).

Dal 2000 (con la sentenza n. 12813) ad oggi la Cassazione si è espressa diverse volte sull’entità dei compensi, vuoi in alcuni casi a favore della “sindacabilità” degli stessi in nome del principio di inerenza dei costi fissato dall’art. 109 comma 5 del Tuir (sentenze n. 12813/2000, 10650/2001, 20748/2006, 21169/20089), vuoi altre volte a favore dell’“insindacabilità” (sentenze n. 21155/2005, 24957/2010).

L’ordinanza 25572 del 14 novembre scorso sposa la tesi che riconosce all’Amministrazione finanziaria il potere di valutare la congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni, ancorché non risultino irregolarità nella tenuta delle scritture contabili o vizi negli atti giuridici di impresa.

Ne consegue che la deducibilità dei compensi degli amministratori non implica che gli uffici finanziari siano vincolati nella misura indicata in deliberazioni sociali o contratti, competendo all’ufficio la verifica dell’attendibilità economica dei predetti dati.

Sulle pagine di Euroconference NEWS abbiamo più volte denunciato come l’incertezza nelle interpretazioni normative su questioni così basilari sia estremamente deleteria per imprese e professionisti: questa pronuncia, purtroppo, non fa che confermare questa tendenza che sembra inevitabile.