19 Aprile 2019

Compensi all’amministratore ed esclusione dal regime forfettario

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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Il contribuente forfettario che include nel reddito dell’attività svolta anche il compenso di amministratore non ha alcun datore di lavoro con conseguente inapplicabilità della causa di esclusione di cui alla nuova lett. d-bis) dell’articolo 1, comma 57, L. 190/2014 (aggiunta dall’articolo 1, comma 9, L. 145/2018, e in parte modificata dal successivo articolo 1-bis, comma 3, D.L. 135/2018).

La recente circolare 9/E/2019 dell’Agenzia delle entrate contiene importanti chiarimenti in merito alle nuove cause di esclusione dal regime forfettario riferite al possesso di partecipazioni di controllo in società a responsabilità limitata controllate e con attività riconducibili a quella esercitata in regime forfettario (nuova lett. d) nonché allo svolgimento in via prevalente dell’attività nei confronti dell’attuale datore di lavoro o dell’ex datore di lavoro nei due anni precedenti (nuova lett. d-bis).

In relazione a tale ultima causa di esclusione, l’Agenzia ha in primo luogo precisato che si deve aver riguardo alla prevalenza dei compensi i ricavi percepiti dal datore di lavoro (più della metà) e che la verifica deve essere effettuata alla fine del periodo d’imposta, con la conseguenza che l’eventuale fuoriuscita dal regime opera a partire dall’anno successivo a quello in cui è stata verificata la predetta prevalenza.

Tuttavia, la questione più delicata riguarda l’individuazione del “datore di lavoro”, quale soggetto verso il quale è necessario verificare il requisito della prevalenza dell’attività svolta dal soggetto forfettario.

È del tutto evidente che la ratio di tale causa di esclusione è quella di evitare il “passaggio” da dipendente (o da collaboratore, come si vedrà) a lavoratore autonomo sfruttando il vantaggio fiscale del regime forfettario (in presenza ovviamente anche degli altri requisiti previsti).

A tale proposito, l’Agenzia delle entrate ritiene che la nozione di datore di lavoro sia ampia, nel senso che ricomprende non solo l’ipotesi di percezione di redditi di lavoro dipendente (articolo 49 Tuir) ma anche quella relativa ai redditi assimilati al lavoro dipendente di cui all’articolo 50 Tuir (con esclusione di alcune fattispecie).

In tale ambito rientrano anche i redditi percepiti dagli amministratori di società e, più in generale, da collaborazioni coordinate e continuative.

Tuttavia, affinché operi la causa di esclusione è necessario che sussista una compresenza (ovvero nei due anni precedenti) tra reddito da lavoro, dipendente o assimilato, e reddito derivante dal regime forfettario (d’impresa o di lavoro autonomo), altrimenti la causa di esclusione non opera in quanto mancherebbe il presunto “spostamento” di reddito da dipendente ad autonomo.

Focalizzando l’attenzione sull’amministratore di società, è quindi necessario distinguere due ipotesi:

  • se il reddito derivante dalla carica di amministratore rientra tra quelli assimilati al lavoro dipendente, il contribuente che esercita anche un’attività autonoma in regime forfettario esce dal relativo regime se più del 50% dei compensi o ricavi percepiti dall’attività in regime forfettario derivano dalla società di cui è anche amministratore;
  • se il reddito derivante dalla carica di amministratore rientra invece nell’ambito dell’attività svolta in regime forfettario (ad esempio il commercialista che amministra una società, come chiarito a suo tempo dalla circolare 105/E/2001), non sussiste alcun datore di lavoro in quanto il soggetto non percepisce dalla società che amministra alcuna reddito assimilato al lavoro dipendente (il relativo compenso è infatti un provento dell’attività autonoma).

La circolare 9/E/2019, infatti, individua il datore di lavoro in funzione della percezione di un reddito di lavori dipendente o assimilato, con la conseguenza che in mancanza di tale reddito non opera la causa di esclusione in esame.

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