Cessioni di beni previa lavorazione in altro Paese UE e rimborso IVA
di Marco PeiroloIndividuazione del luogo delle cessioni per i beni lavorati”, in
ECNews del 14 ottobre 2014) ha messo in luce che, nelle cessioni di beni con lavorazione, il luogo in cui l’operazione si considera effettuata dipende dall’
oggetto del contratto di compravendita, dovendosi distinguere a seconda che ad essere ceduti siano:
- i beni lavorati dal cedente o da un terzo su incarico del cedente stesso, ovvero
- i beni destinati ad essere lavorati da un terzo su incarico del cessionario.
stesso Paese membro del terzista, l’operazione è territorialmente rilevante in quest’ultimo Paese, per cui assume
natura interna e non intracomunitaria.
fino a tutto il 2009, in cui la lavorazione era assoggettata a IVA in base alla regola del Paese del prestatore, il carattere interno della cessione comportava che,
in assenza dell’obbligo di reverse charge da parte del cessionario, il cedente italiano
non poteva ottenere il rimborso dell’IVA dovuta sulla lavorazione, attivabile secondo la procedura prevista dalla Direttiva n. 79/1072/CEE (cd. VIII Direttiva).
trasferimento intracomunitario dei beni a scopo di lavorazione, che l’art. 41, comma 2, lett. c), del D.L. n. 331/1993 considera
“assimilato” ad una cessione intracomunitaria, l’operatore nazionale avrebbe dovuto
identificarsi ai fini IVA nel Paese membro del terzista al fine di assoggettare a IVA il corrispondente acquisto intracomunitario. Tenuto conto che il rimborso “diretto” (di cui all’VIII Direttiva) non era ammesso, il cedente italiano – attraverso la posizione IVA locale precedentemente “accesa” – avrebbe
compensato l’IVA “a credito”, dovuta sulla lavorazione resa dal terzista, con l’IVA “a debito”, dovuta sulla cessione interna dei beni lavorati.
prestazioni di lavorazione assumono carattere “generico”, per cui sono
assoggettate a IVA nel Paese del committente, anziché in quello del prestatore.
in analogia all’art. 1 dell’abrogata VIII Direttiva,
consente tuttora di ottenere il rimborso qualora il richiedente non residente, nel periodo di riferimento dell’istanza, abbia compiuto operazioni territorialmente rilevanti nel Paese di rimborso, soggette a IVA mediante
reverse charge.
posizione IVA accesa nel Paese del terzista, che resta indispensabile per l’acquisizione intracomunitaria dei beni trasferiti a scopo di lavorazione, deve essere utilizzata per la
fatturazione della cessione interna, con addebito della relativa imposta, solo se non opera il
reverse charge in capo al cessionario; in caso contrario, infatti, il cedente italiano, in applicazione dell’art. 21, comma 6-
bis, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972, deve emettere
fattura non soggetta a IVA con la dicitura “inversione contabile”.
non preclude il rimborso dell’imposta eventualmente assolta in tale Paese sugli acquisti di beni/servizi.
diversa posizione è stata espressa dall’Agenzia delle Entrate nell’ambito delle FAQ pubblicate sul proprio sito Internet (aggiornate al 12 luglio 2010). In tale occasione, è stato
negato il rimborso IVA di cui all’art. 38-
bis2 del D.P.R. n. 633/1972 se il richiedente di altro Paese membro è identificato in Italia direttamente o per mezzo del rappresentante fiscale.
diverse da quelle consentite, che sono le operazioni in
reverse charge e le prestazioni non imponibili di trasporto e relative prestazioni accessorie.
reverse charge, ha il diritto di ottenere il rimborso dell’IVA
anche se identificato, per mezzo di un rappresentante fiscale, in tale ultimo Stato.