26 Ottobre 2021

Cessioni con installazione all’estero: regole Iva

di Roberto Curcu
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La scheda di FISCOPRATICO

Molte imprese manifatturiere cedono beni all’estero, eseguendo la installazione degli stessi, il montaggio o l’assemblaggio; si pensi ad aziende che installano grossi macchinari industriali, oppure stufe, caminetti, scale, recinzioni, ecc., e molteplici dubbi nascono sul regime fiscale da adottare.

Per quanto riguarda il trattamento Iva di una operazione, la prima cosa da fare è quella di individuare se l’operazione viene qualificata come cessione di beni o come prestazione di servizi; nella normativa nazionale, soprattutto per operazioni prettamente immobiliari, la fattispecie determina l’applicazione di diverse aliquote Iva o l’applicazione o meno del regime del reverse charge.

Per quanto riguarda poi l’ambito internazionale del tributo, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi hanno regole diverse per l’individuazione della stessa, tanto che la stessa Corte di Giustizia Europea, nel passato, fu chiamata a pronunciarsi circa la natura di un contratto che prevedeva la fornitura con posa di un cavo sottomarino tra la Svezia e la Danimarca.

Entrando in un maggiore dettaglio, quando vengono eseguiti delle cessioni con installazione in ambito  internazionale, cioè all’estero, o con soggetti esteri, esiste una ulteriore fattispecie da tenere in considerazione, e cioè la “cessione con installazione”; in particolare, l’articolo 41, comma 1, lettera c), D.L. 331/1993 prevede che sono non imponibili, in quanto assimilate alle cessioni comunitarie, le “cessioni, con spedizione o trasporto dal territorio dello Stato, nel territorio di altro Stato membro di beni destinati ad essere ivi installati, montati o assiemati da parte del fornitore o per suo conto“.

Come chiarito dalla circolare 13/1994, ancorché con riferimento agli acquisti con installazione, “la cennata operazione rileva non come prestazione ma, nella sua interezza, quale fornitura (…)dello Stato, anche se in esecuzione di contratto di appalto, d’opera e simili“.

Nel recepire il diritto comunitario, bisogna infatti abbandonare i cavilli giuridici tipici del diritto italiano, relativi alla distinzione tra fornitura con posa ed appalto, e guardare la sostanza dell’operazione: se si è trasferito il diritto di proprietà di un bene, si è in presenza di una “cessione di beni”, altrimenti di una prestazione di servizi. Il fatto che il bene già esistesse prima della stipulazione del contratto, che sia stato creato da zero, in modo standard o personalizzato, e dove sia stato creato, non assume rilevanza a tali fini, essendo solo “cavilli giuridici” dei codice civile di matrice romana.

Cavilli giuridici che il Ministero delle Finanze dimostrò comunque di non considerare, quando, con la circolare 26/1979, precisò che sono da considerare esportazioni le consegne di beni all’estero, anche se in dipendenza di contratti di appalto, “limitatamente al corrispettivo dei beni esportati”.

Come autorevole dottrina commenta tale passaggio, il riferimento è al caso di aziende che portano le materie prime all’estero per realizzare in loco un bene, e quindi possono fruire della non imponibilità articolo 8, e della conseguente formazione del plafond, nel limite del valore dei beni esportati.

Ciò premesso, il D.L. 331/1993 disciplina il regime delle cessioni con installazione, prevedendo che gli acquisti da altri Stati UE di beni installati in Italia non sono acquisti comunitari, ed “assimilando” le cessioni alle cessioni comunitarie. Assimilazione tuttavia parziale, posto che nelle cessioni con installazioni la non imponibilità è garantita anche se il cliente non è identificato in altro Stato UE.

Ad avviso di chi scrive, quindi, non è corretto l’approccio tenuto dall’Agenzia delle Entrate nella risposta ad istanza di interpello 573/2020 con la quale si è cercato di capire se, secondo i canoni del diritto civile italiano, una operazione va qualificata come cessione di beni o come prestazione di servizi.

Ci si riferisce, in particolare, al caso di una impresa a cui un soggetto comunitario aveva commissionato la realizzazione di una camera bianca, e quindi tale soggetto portava i beni che servivano alla realizzazione di detta camera bianca all’estero, e qui li “installava”, “assiemava” e “montava”.

L’Agenzia delle Entrate, seguendo i canoni del codice civile giunge alla conclusione che si è in presenza di una prestazione di servizi, in quanto la volontà contrattuale era la realizzazione di qualcosa di nuovo (e quindi un fare, piuttosto che un dare), e dunque la territorialità dell’operazione va individuata ai sensi degli articoli 7-ter e seguenti (nel caso specifico l’operazione viene considerata “immobiliare” e quindi da tassare nel luogo in cui verrà montata la camera bianca).

Ad avviso di chi scrive, pur non giungendo a conclusioni sostanzialmente diverse, l’operazione doveva essere qualificata come una cessione con installazione, da tassare nel luogo in cui avviene il montaggio.

Se nel caso specifico la territorialità dell’operazione non muta, diverso sarebbe il caso se il bene montato non fosse qualificato come bene immobile, e quindi la territorialità della prestazione di servizi sarebbe da individuare con il luogo di stabilimento del committente.

Si pensi al caso di cessione con installazione in altro Stato UE di beni mobili, effettuata a favore di un italiano soggetto passivo; qualificare tale operazione come prestazione di servizi porterebbe a determinare la territorialità in Italia, mentre come cessione con installazione l’operazione andrebbe tassata all’estero.

Nel caso di montaggio di qualcosa di immobiliare all’estero, e quindi di operazione sempre tassata all’estero,  qualificarla come prestazione di servizi immobiliare o come cessione con installazione può cambiare radicalmente gli obblighi strumentali; se l’operazione fosse fatta nei confronti di privati, qualificarla come prestazione di servizi darebbe diritto ad assolvere l’Iva estera con il regime Oss, mentre qualificare una operazione come cessione con installazione obbligherebbe all’identificazione all’estero.

Inoltre, qualificare l’operazione come una cessione con installazione comporterebbe, in alcuni Stati, anche l’obbligo di identificazione per operazioni effettuate verso clienti che sono soggetti passivi di quello Stato; obbligo più raramente sussistente nel caso di prestazioni di servizi immobiliari.