22 Dicembre 2020

Cessione di crediti deteriorati: conto alla rovescia per la conversione delle dta

di Alessandro Carlesimo
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Scade il 31 dicembre 2020 il termine entro il quale è concessa la facoltà di cedere crediti in sofferenza con il diritto di tramutare in tax credit le attività riferibili alle perdite fiscali ed alle eccedenze di Ace inutilizzate.

L’istituto, regolato all’articolo 44-bis D.L. 34/2019 e di recente rivisitato ad opera dell’articolo 72 D.L. 104/2020, risponde ad una duplice finalità: in primis, favorire la monetizzazione di crediti inesigibili mediante la loro cessione a terze parti; in secundis, consentire alle imprese prive di redditi imponibili di trarre beneficio immediato dalle attività fiscali riconnesse ai seguenti componenti negativi di reddito:

  • perdite fiscali non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile;
  • rendimento nozionale degli incrementi Ace non ancora dedotto né convertito in credito Irap.

Possono accedere al regime le imprese esercitate in forma collettiva, qualunque sia l’oggetto dell’attività svolta e indipendentemente da parametri dimensionali.

Rientrano dunque nell’ambito soggettivo di applicazione sia le società di capitali che le società di persone (con l’inclusione del comma 1 quater è stato fugato ogni dubbio in ordine alla possibilità di ammettere al regime anche le suddette persone giuridiche).

L’opportunità è invece preclusa alle società per le quali sia stato accertato lo stato di dissesto o il rischio di dissesto ai sensi dell’articolo 17 D.Lgs. 180/2015, ovvero lo stato di insolvenza in conformità alla Legge fallimentare o al Codice della crisi e dell’insolvenza (articolo 2, comma 1, lett. b, D.Lgs. 14/2019).

Come accennato, affinché possa aver luogo la conversione delle perdite fiscali e delle eccedenze di Ace, è necessario che l’impresa proceda, entro il 31 dicembre 2020, al trasferimento a titolo oneroso di crediti vantati verso debitori inadempienti.

Al proposito, il debitore è ritenuto inadempiente quando il mancato soddisfacimento del debito “si protrae per oltre novanta giorni dalla data in cui era dovuto” (articolo 44-bis, comma 5, D.L. 34/2019).

Nel silenzio della legge, si considera ammessa ogni forma di alienazione in grado di procurare mezzi liquidi al cedente, senza alcun discrimine tra operazioni che trasferiscono le posizioni creditorie “salvo buon fine” e quelle che, di converso, implicano il sostanziale trasferimento di tutti rischi connessi alla titolarità del credito.

La cessione deve essere effettuata nei confronti di società non legate da rapporti di controllo ex articolo 2359 cod. civ. e non soggette a controllo comune.

La conversione delle eccedenze soggiace ad alcune limitazioni: in particolare, le componenti possono essere trasformate in credito d’imposta fino a concorrenza del 20% del valore nominale dei crediti deteriorati ceduti e, in ogni caso, i crediti ceduti possono essere considerati per un valore nominale massimo pari a 2 miliardi di euro, determinato tenendo conto di tutte le cessioni effettuate entro il 31.12.2020 dalle società tra loro legate da rapporti di controllo e dalle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto.

Nel caso in cui il credito ceduto sia stato, a sua volta, acquistato a titolo oneroso da terzi, occorrerà tener conto nella determinazione delle soglie del valore di acquisto del credito.

Inoltre, nell’ipotesi in cui uno stesso credito sia oggetto di plurime traslazioni, si prevede che il vantaggio fiscale si produca una sola volta con riferimento ai diversi trasferimenti: è così evitato il fenomeno di moltiplicazione del beneficio in relazione al medesimo credito. Sono tuttavia fatte salve le cessioni di crediti precedentemente acquistati da controparti che non hanno beneficiato del regime di conversione.

La scelta di conversione si pone in rapporto di alternatività rispetto alla fruizione del beneficio fiscale mediante deduzione dal reddito imponibile: la conversione delle dta è irreversibile e, quindi, dal momento in cui si opta per tale soluzione, viene preclusa ogni possibilità di ripristino dell’attitudine dei componenti ad essere portati in deduzione in conformità al previgente status fiscale.

In particolare, l’operazione di trasformazione segue il criterio matematico già adottato con riferimento ad altre fattispecie similari (cfr. circolare 21/E/2015), consistente nel moltiplicare le eccedenze residue per l’aliquota d’imposta applicabile in funzione del regime di tassazione adottato dalla società (o dai soci, in ipotesi di trasparenza fiscale).

La conversione ha luogo a prescindere dalla rilevazione in bilancio della fiscalità differita, il legislatore prevede infatti che sia irrilevante l’avvenuta iscrizione o meno delle deferred tax assets. Al riguardo, si rammenta che non tutte le società procedono allo stanziamento delle attività per imposte anticipate in considerazione del fatto che i principi contabili permettono la rilevazione soltanto qualora sussista la ragionevole certezza del loro futuro recupero, data dalla proiezione di risultati fiscali non inferiori all’ammontare delle differenze negative da dedurre (cfr. Principio Oic 25).

A decorrere dalla data di efficacia giuridica di cessione dei crediti deteriorati, il credito fiscale che ne deriva è suscettibile di vari utilizzi:

Qualunque sia l’utilizzo, il credito va indicato nella dichiarazione dei redditi e non concorre alla formazione del reddito d’impresa nè della base imponibile dell’Irap.

L’opzione per il regime, qualora non risulti già esercitata in conformità ad analoghe precedenti disposizioni, si perfeziona mediante apposita comunicazione da effettuare con le modalità previste dall’articolo articolo 11, comma 1, del D.L. 59/2016 (Provvedimento Ade del 227/2016).

È altresì fatto obbligo, nei periodi seguenti, di versare il canone annuo commisurato all’ 1,5% della base di calcolo costituita dalla differenza tra l’ammontare delle attività per imposte anticipate trasformate e le imposte sul reddito versate così come risultanti alla data di chiusura dell’esercizio precedente (circolare 32/E/2016).