7 Ottobre 2019

Cessazione attività e incasso compensi: due strade per i professionisti

di Raffaele Pellino
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La scheda di FISCOPRATICO

Restano ancora dubbi sul comportamento che il lavoratore autonomo deve tenere – ai fini reddituali ed Iva – nel caso voglia cessare l’attività professionale ma non abbia ancora incassato tutti i compensi. Sul punto, nel corso degli anni si sono delineate alcune soluzioni conformi ai diversi pronunciamenti.

Una prima soluzione potrebbe essere quella di tenere “aperta” la partita Iva fino al momento dell’incasso di tutti i compensi professionali: in tal senso, pare deporre l’orientamento di prassi.

Con la circolare 11/E/2007 (paragrafo 7.1), infatti, l’Agenzia delle Entrate – in merito alla natura dei corrispettivi incassati ratealmente a seguito della cessione della clientela – ha sottolineato che “l’attività del professionista non si può considerare cessata fino all’esaurimento di tutte le operazioni, ulteriori rispetto all’interruzione delle prestazioni professionali, dirette alla definizione dei rapporti  giuridici  pendenti,  ed,  in  particolare, di  quelli aventi  ad  oggetto  crediti  strettamente  connessi  alla  fase di  svolgimento dell’attività professionale”. In particolare, la cessazione dell’attività per il professionista – secondo quanto affermato nella risoluzione 232/E/2009 – “non coincide…con il momento in cui egli si astiene dal porre in essere le prestazioni professionali, bensì con quello, successivo, in cui chiude i rapporti professionali, fatturando tutte le prestazioni svolte e dismettendo i beni strumentali”.

Conseguentemente, il lavoratore autonomo deve conservare la partita Iva fino a quando non porta a conclusione tutte operazioni relative alla riscossione dei crediti e al pagamento dei debiti.

Altra soluzione alla questione in esame sembra arrivare dalle disposizioni in materia di contribuenti minimi: fatturare tutti i compensi e, poi, cessare la partita Iva.

Nell’ambito della circolare 17/E/2012 (al paragrafo 5.1) viene, infatti, ribadito che laddove un contribuente “..cessi l’attività  quando ancora esistono…compensi fatturati e non ancora riscossi, ovvero  costi ed oneri per i quali manca ancora la manifestazione numeraria, in linea di  principio restano validi i chiarimenti già forniti..” nella circolare 11/E/2007.

Tuttavia, in alternativa, “è rimessa alla scelta del contribuente la possibilità di determinare il reddito relativo all’ultimo anno di attività tenendo conto anche delle operazioni che non hanno avuto in quell’anno manifestazione finanziaria”.

Seguendo questa interpretazione di prassi, appare possibile procedere alla fatturazione di tutti i compensi, compresi quelli ancora non riscossi (con evidenti riflessi sul piano reddituale ed Iva) e, successivamente, cessare l’attività professionale.

Ad oggi, quindi, la questione resta ancora “aperta” in virtù del fatto che l’Agenzia delle Entrate non si è ancora espressamente pronunciata al riguardo.

Appare, tuttavia, preferibile (anche se economicamente più gravosa) quest’ultima soluzione in quanto prospetta la possibilità di cessare l’attività professionale “anticipatamente” rispetto alla manifestazione finanziaria delle operazioni in essere.

Sul punto, nella risoluzione 232/E/2009, l’Agenzia delle Entrate –pur se limitatamente alle fatture ad esigibilità differita – ha precisato che, qualora il professionista intenda chiudere la propria partita Iva senza attendere l’esito del procedimento pendente, dovrà “preventivamente” versare l’imposta indicata in fattura, anche se non riscossa.

Nello stesso senso, la recente risoluzione 34/E/2019 – pur riferendosi agli eredi del professionista – ribadisce che “in presenza di fatture da incassare o prestazioni da fatturare, gli eredi non possono chiudere la partita Iva del professionista defunto sino a quando non viene incassata l’ultima parcella”.

In particolare, viene precisato che – nel caso di fatture ad esigibilità differita da incassare oppure fatture da emettere – è ammessa la possibilità per gli eredi (in deroga all’articolo 35 D.P.R. 633/1972) di procedere alla chiusura della partita Iva del professionista deceduto anche oltre sei mesi dalla data della sua morte.

Resta ferma, invece, la possibilità di anticipare la fatturazione delle prestazioni rese dal professionista (de cuius) e di chiudere la partita Iva, salvo computare nell’ultima dichiarazione annuale Iva anche le operazioni per le quali si è anticipata l’esigibilità dell’imposta rispetto al momento dell’effettivo incasso.

Alla luce di dette considerazioni, pare potersi altresì sostenere che – ai fini Irpef – il compenso professionale percepito (o, meglio incassato) “successivamente” alla cessazione della partita Iva resti “agganciato” alla sua originaria qualificazione reddituale: trattandosi di prestazione professionale – ai fini dichiarativi – occorre compilare, in ogni caso, il quadro RE del modello Redditi.

Il processo tributario