6 Novembre 2013

Cedere cubatura è come cedere un terreno edificabile

di Luigi Scappini
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L’Associazione Dottori Commercialisti di Milano, con la norma di comportamento n. 189, è intervenuta in merito al corretto trattamento da riservare alla cessione di volumetria, contratto tipizzato dal Legislatore con il D.L. n. 70/2011, giungendo a conclusioni pienamente condivisibili.

Con l’art. 5, comma 1, lettera c) del decreto,il legislatore ha previsto, al fine di liberalizzare le costruzioni private, la tipizzazione di uno schema contrattuale diffuso nella prassi, consistente nella cessione di cubatura.

La cubatura, o volumetria che dir si voglia, rappresenta diritto reale atipico ove i due terreni (quello del cedente che rinuncia alla volumetria edilizia inerente il proprio fondo, e quello del cessionario, dove essa viene trasferita per edificare più di quanto originariamente previsto) devono tendenzialmente – almeno sulla scorta dei modelli elaborati – essere contigui e collocati entro la medesima zona o ambito territoriale. Scopo della cessione di cubatura è permettere al cessionario di esercitare lo ius aedificandi sul proprio terreno.

La norma di comportamento precisa come l’effetto traslativo finale è dato dalla sommatoria di due atti, distinti ma allo stesso tempo complementari: la compravendita tra cedente e cessionario e il provvedimento amministrativo che di fatto ratifica l’avvenuto aumento di cubatura a seguito del passaggio intercorso tra le parti. Ne deriva che la cessione in oggetto è assimilabile alla compravendita di un diritto reale atipico di godimento su cosa altrui.

Delineato da un punto di vista giuridico il negozio, bisogna analizzarne i connessi riflessi fiscali.

In questo caso è necessario scindere l’analisi in funzione della natura privatistica o meno del cedente.

Punto di partenza, in ogni caso, è l’art. 9, comma 5 del Tuir, secondo cui le disposizioni inerenti le cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che determinano la costituzione e il trasferimento di diritti reali di godimento. Ne deriva che la cessione della cubatura, deve essere tassata seguendo le regole previste per i terreni edificabili.

In conseguenza di ciò, se cedente è una persona fisica, si renderà applicabile quanto disposto dall’art. 67, comma 1, lett. b) del Tuir ai sensi del quale sono tassate le plusvalenze che si originano mediante la cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.

Ne deriva una incontrovertibile tassabilità della “cessione di cubatura”. La successiva cessione del terreno, privo di indice di edificabilità, dovrà essere ricondotta nella fattispecie ordinaria dei terreni, con la conseguenza che se la cessione avviene decorso un quinquennio dall’acquisto, la plusvalenza non si renderà imponibile.

Se la cessione avviene nell’ambito del regime di impresa, si potranno avere due differenti modalità di partecipazione al risultato dell’esercizio, a seconda della “natura” del fondo cui inerisce la cubatura:

  • nel caso di terreno iscritto tra le immobilizzazioni, si avrà una plusvalenza ai sensi dell’art. 86 del Tuir;
  • nel caso in cui il terreno sia un bene destinato alla vendita, la cessione determinerà un ricavo ex art. 85 del Tuir.

Nel caso di assoggettamento del cedente a Irap, il trattamento del ricavo o della plusvalenza è analogo a quello previsto per la cessione della piena proprietà.

Il vero aspetto spinoso della questione attiene le modalità di quantificazione della plusvalenza e più precisamente le modalità da seguire per valorizzare la cubatura che è insita nel terreno posseduto.

La norma di comportamento differenzia la situazione a seconda che il terreno sia edificabile sin dal momento in cui è entrato nel possesso del cedente ovvero lo sia è diventato a seguito di intervento amministrativo. In quest’ultimo caso, la norma individua quale modalità di stima del valore fiscale da riconoscere alla cubatura e da contrapporre al prezzo di cessione, la redazione di una perizia di stima da parte di un perito.

Nel caso in cui l’edificabilità fosse presente ab origine, una prima soluzione potrebbe essere quella di confrontare il valore di mercato della “cubatura” con quello di un terreno analogo non suscettibile di utilizzazione edificatoria, ma la soluzione potrebbe prestare il fianco a possibili contestazioni da parte dell’Amministrazione.

Consigliabile è la modalità individuata dall’Associazione, che coincide con quanto affermato in passato dalla stessa Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 210/E/2008 in tema di costituzione di una servitù “non aedificandi” in cui la modalità di quantificazione del costo fiscalmente riconosciuto, ove non autonomamente determinato in sede di acquisizione, si ritiene debba essere “un criterio di tipo proporzionale, fondato sul rapporto tra il valore complessivo attuale dell’immobile e della rinuncia alla servitù e il corrispettivo percepito per la rinuncia alla servitù”.

Esempio

Costo di acquisto originario del terreno: 300.000

Valore terreno senza “cubatura”: 600.000

Corrispettivo percepito: 400.000

400.000/(600.000 + 400.000) = 40%

300.000*40% = 120.000

Plusvalenza: 400.000-120.000 = 280.000

Per quanto attiene l’imposizione indiretta, l’Associazione conclude per l’applicazione dell’Iva in misura ordinaria, essendo assimilata la cessione di cubatura a quella dei terreni edificabili, o, in caso di cessione da parte di privato, all’ imposta di registro proporzionale ex art. 1 della Tariffa A TUR. In tal senso si ricorda come deponga anche il riferimento giurisprudenziale, infatti, la Cassazione, con sentenza n. 5363 del 2 novembre 1998 ha affermato che “ai fini dell’imposta di registro è soggetto all’imposta proporzionale e non all’imposta fissa, l’atto con cui il proprietario di un lotto edificabile costituisce su di esso un vincolo di inedificabilità … (la cessione di cubatura), pur non essendo un atto costitutivo di una servitù, non dà luogo infatti ad un mero vincolo amministrativo, in quanto il trasferimento della potenzialità edificatoria di un lotto all’altro comporta una diminuzione del valore del primo lotto e un correlativo incremento del valore dell’altro“.