Capitali per lo sviluppo delle PMI: considerazioni antiche e dati recenti
di Massimo BuongiornoLe considerazioni “antiche” alle quali allude il titolo, si riferiscono ad una visione negativa e ben radicata che individua un fattore di debolezza del sistema economico italiano nella incapacità da parte delle PMI che ne costituiscono l’ossatura, di sfruttare tutte le opportunità di crescita potenziale che si presentano.
Molteplici sono le ragioni che di volta in volta sono state addotte a spiegazione del fenomeno.
La ristretta base societaria delle PMI, spesso limitata ad una o poche famiglie, tende a preferire la redditività corrente rispetto alla creazione di valore futura, limitando gli investimenti a quanto strettamente indispensabile e preferendo ampiamente il ricorso al finanziamento bancario rispetto all’investimento di capitali propri.
Ove si osservino i settori industriali nei quali le PMI italiane hanno una posizione di leadership, emerge ancora una netta prevalenza di settori tradizionali, la cui crescita futura sarà sicuramente inferiore a quella dei settori sulla frontiera tecnologica dove la presenza delle PMI italiane è minoritaria. Ne sono cause:
- la scarsa disponibilità di risorse umane qualificate anche in ragione di uno scollamento tra formazione universitaria ed effettive necessità delle imprese;
- la carenza di infrastrutture tecnologiche;
- la limitata disponibilità di contributi pubblici spesso legati a complesse procedure burocratiche per il loro ottenimento.
Il ritardo nei settori più innovativi è solo parzialmente coperto dalla maggiore innovatività/competitività delle imprese italiane nei settori tradizionali.
Ma quanto le ragioni descritte sono ancora valide per spiegare il mondo delle PMI in Italia oggi?
Le evidenze empiriche dell’ultimo decennio, ed ancor più dopo la pandemia, mostrano tutte un crescente dinamismo delle PMI verso decisioni a sostegno della crescita e dello sviluppo.
Un primo profilo riguarda le emissioni obbligazionarie ed in particolare quelle di minibond, i più adatti alle PMI. A partire dal 2019 e fino al 2022 il controvalore totale è cresciuto in media del 17,4% fino ad arrivare a 1,7 miliardi di euro. Negli anni successivi la riduzione dei tassi di interessi, oltre ad altri aspetti più tecnici, ha reso meno appetibile questo strumento pur confermandosi quale importante alternativa al più tradizionale finanziamento bancario.
A livello di nuove quotazioni, e quindi relativamente al capitale di rischio, le nuove quotazioni seguono in Italia l’andamento riflessivo che si riscontra sui principali mercati. È però apprezzabile l’incremento delle dimensioni dell’EGM (Euronext Growth Milan), il mercato riservato tipicamente alle PMI, che ha riscontrato, nel 2024, 21 nuove quotazioni contro 1 sola sul mercato principale. Per quanto il capitale raccolto sia stato molto contenuto (inferiore a 200 milioni di euro), rimane comunque una indicazione di dinamismo.
Passando, infine, al mercato delle imprese si riscontrano ulteriori segnali interessanti.
Secondo il rapporto KPMG, il numero di PMI oggetto di acquisizione è continuamente crescente e ampiamente superiore al migliaio. A testimonianza della crescente internazionalizzazione delle imprese italiane, si nota che nel 2024 l’86% del mercato italiano è rappresentato da operazioni cross-border e, quindi, con controparti straniere. Una ricerca di Grant Thornton del 2024 ha evidenziato come nel biennio 2022-23 tali operazioni siano fortemente in crescita ed abbiano quali partner principali i paesi dell’Unione europea oltre che il Regno Unito, anche a seguito della Brexit.
Da non trascurare l’incidenza delle operazioni condotte dagli investitori finanziari (fondi di private equity, club deal ed altre forme assimilabili) su PMI. Essa può essere misurata sotto due profili. Il primo riguarda gli investimenti diretti che sono ammontati nel 2024 complessivamente a 9,8 miliardi di euro di cui per 6,07 in PMI, il valore più alto mai riscontrato. Il secondo profilo è più difficile da misurare, ma ugualmente importante, e riguarda i cosiddetti “add-on”, ovvero le acquisizioni effettuate da società partecipate dagli investitori finanziari di altre società italiane e straniere per incrementare le dimensioni e realizzare sinergie.
Qual è stato allora l’agente di cambiamento che spiega la dinamica descritta dai dati?
A parere di chi scrive, un ruolo fondamentale, tra gli altri, è stato svolto da una nuova generazione di professionisti e consulenti che hanno saputo supportare gli imprenditori e le società indirizzandole in modo opportuno verso:
- mercati alternativi del debito quando il canale bancario risultava meno competitivo nel fornire le risorse necessarie a sostenere importanti investimenti;
- l’apertura del capitale ad investitori finanziari che potessero contribuire alla crescita dell’impresa sotto il profilo finanziario ma anche incrementandone l’efficienza (ad esempio migliorando i processi gestionali);
- la realizzazione di operazioni straordinarie (acquisizioni, fusioni) quando si ravvisavano interessanti opportunità anche all’estero;
- la cessione a terzi dell’impresa quando risultava evidente che l’indisponibilità di effettuare gli investimenti necessari o problemi di passaggio generazionale rendevano difficile la continuità della governance esistente.
Il futuro rafforzamento delle PMI passa proprio attraverso la crescente consapevolezza di quanto siano indispensabili professionisti specializzati che possano svolgere il ruolo di “traghettatori” verso mercati e strumenti nuovi.