17 Marzo 2021

Bonus energetici: illegittime le interpretazioni restrittive dell’Agenzia

di Fabio Garrini
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La detrazione per gli interventi di efficientamento energetico compete non solo ai “privati” ma anche alle imprese; tale bonus spetta tanto per i fabbricati strumentali impiegati direttamente dal contribuente, ma altresì per quelli patrimoniali destinali alla locazione così come per quelli oggetto dell’attività dell’impresa (fabbricati merce). Questa è la posizione imposta dalla giurisprudenza, alla quale ha dovuto uniformarsi l’Agenzia.

La corretta linea interpretativa deve portare a rigettare ogni posizione restrittiva dell’agevolazione non fondata sul tenore letterale della norma.

 

L’ecobonus per le imprese

Le detrazioni per l’efficientamento energetico degli edifici, di cui all’articolo 1, commi da 344 a 349, L. 296/2006, possono essere fruite da tutti i contribuenti residenti e non residenti, anche se titolari di reddito d’impresa, che possiedono, a qualsiasi titolo, l’immobile oggetto di intervento.

Come chiarito dalla circolare 36/E/2007, i contribuenti che conseguono reddito d’impresa sono ammessi al beneficio (ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lett. b, D.M. 19.02.07) indipendentemente dalla forma giuridica: persone fisiche, società di persone, società di capitali, così come gli esercenti arti e professioni, gli enti pubblici e privati che non svolgono attività commerciale, le società semplici e le associazioni tra professionisti. La differenza principale tra imprese e soggetti diversi dalle imprese risiede nel momento di rilevanza del bonus: i secondi computano la detrazione sulla base del principio di cassa, mentre le prime si basano sulla competenza del costo sostenuto.

Il principale dibattito riguardante l’applicazione dell’agevolazione alle imprese riguarda il perimetro oggettivo del bonus; posto che esso compete certamente per i fabbricati impiegati strumentalmente nell’attività, l’Agenzia si era dimostrata contraria alla possibilità di beneficiarne per gli altri immobili, nella convinzione che lo “scopo perseguito dalla legge … è quello di favorire esclusivamente i soggetti che utilizzano i beni”. Almeno questo ritenevano gli uffici dell’Amministrazione Finanziaria.

In particolare, nella risoluzione 303/E/2008 si affermò che i titolari di reddito d’impresa possono fruire della detrazione solo con riferimento ai fabbricati strumentali che vengono utilizzati nell’esercizio della loro attività imprenditoriale, escludendola per le società esercenti attività di costruzione e ristrutturazione edilizia che abbiano eseguito interventi di riqualificazione energetica su immobili merce, costituenti “l’oggetto dell’attività esercitata e non cespiti strumentali”.

Posizione analoga venne espressa nella successiva risoluzione 340/E/2008, nella quale l’Agenzia decise di escludere il beneficio ad una società esercente attività di pura locazione, in relazione ad interventi eseguiti su immobili adibiti alla locazione abitativa, poiché costituenti l’oggetto dell’attività esercitata e non cespiti strumentali.

Tale posizione restrittiva è stata da tempo rigettata dalla giurisprudenza di merito che già da subito si è posta in contrasto con la prassi ministeriale; posizione avallata dalla giurisprudenza di legittimità, nell’ambito della quale si è affermato che la ratio dell’istituto consiste nell’intento d’incentivare gli interventi di miglioramento energetico dell’intero patrimonio immobiliare nazionale, in funzione della tutela dell’interesse pubblico ad un generalizzato risparmio energetico, ed è coerente e si salda con il tenore letterale delle norme di riferimento, le quali non pongono alcuna limitazione, né di tipo oggettivo (con riferimento alle categorie catastali degli immobili), né di tipo soggettivo (riconoscendo il bonus alle “persone fisiche”, “non titolari di reddito d’impresa” ed ai titolari di “reddito d’impresa”, incluse ovviamente le società).

Sul punto consta anche la recentissima sentenza n. 7208 del 15.03.2021, con la quale la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dall’Agenzia avverso una sentenza della CTR Toscana che aveva visto vittorioso il contribuente, una società che aveva fruito dell’ecobonus ex articolo 1, comma 344, L. 296/2006 in relazione ad immobili diversi da quelli strumentali.

Nella sentenza richiamata si legge infatti che, alla luce della fondamento dell’agevolazione, ossia quello di migliorare il tratto energetico del patrimonio immobiliare nazionale, la detrazione è da ritenere concedibile anche agli immobili locati a terzi ed anche a quelli concessi a terzi a titolo di leasing, anche se, in tal caso, la detrazione compete all’utilizzatore e non alla società concedente.

Queste posizioni, come detto, hanno indotto solo lo scorso anno l’Agenzia a ripensare alla propria posizione; nella risoluzione 34/E/2020 l’Amministrazione Finanziaria ha rivisto i propri precedenti ammettendo al beneficio anche i fabbricati merce e quelli destinati alla locazione.

Alla luce di tale evoluzione diventa incomprensibile come l’Agenzia continui a proporre interpretazioni restrittive delle agevolazioni per l’efficientamento energetico.

Si pensi, in particolare, al fatto che l’Amministrazione finanziaria continui a negare (circolare 24/E/2020 e circolare 30/E/2020) l’applicazione del Superbonus (articolo 119 D.L. 34/2020) alle spese sostenute in relazione alle parti comuni dei complessi condominiali che non abbiamo una prevalente destinazione abitativa, arroccandosi in una posizione restrittiva senza fondamento: se lo scopo è il miglioramento energetico del patrimonio immobiliare, non ha alcun senso distinguere il complesso condominiale a seconda della destinazione dei fabbricati in esso ricompresi, posto che la norma non effettua alcuna distinzione in tal senso.

Sul punto si deve peraltro registrare anche la recente critica posizione del Notariato a censura della interpretazione dell’Agenzia (studio 27-2021/T pubblicato il 16.03.2021).