24 Febbraio 2021

Avviso di liquidazione illegittimo se fa riferimento alla sentenza senza allegarla

di Angelo Ginex
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La scheda di FISCOPRATICO

In tema di imposta di registro sugli atti dell’autorità giudiziaria, l’avviso di liquidazione emesso ex articolo 54, commi 3 e 5, D.P.R. 131/1986, che indichi soltanto la data e il numero della sentenza civile oggetto della registrazione, senza allegarla, è illegittimo per difetto di motivazione, in quanto l’obbligo di allegazione, previsto dall’articolo 7 L. 212/2000, mira a garantire al contribuente il pieno ed immediato esercizio delle sue facoltà difensive, laddove, in mancanza, egli sarebbe costretto ad una attività di ricerca, che comprimerebbe illegittimamente il termine a sua disposizione per impugnare.

È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 4736, depositata ieri 23 febbraio 2021, in conformità al consolidato orientamento di legittimità inaugurato dai giudici di vertice con sentenza 10 agosto 2010, n. 18532 (in senso conforme, ex multis Cassazione, sentenza n. 9299 del 17.04.2013; Cassazione, ordinanza n. 17911 del 13.08.2014; Cassazione, ordinanza n. 12468 del 17.06.2015; Cassazione, ordinanza n. 29402 del 07.12.2017; Cassazione, ordinanza n. 13402 del 01.07.2020).

La fattispecie in esame prende le mosse dalla notifica di un avviso di liquidazione emesso in relazione alla registrazione di una sentenza civile recante lo scioglimento di una comunione ereditaria, con attribuzione al contribuente di bene immobile dietro versamento di conguaglio.

A seguito della proposizione del ricorso da parte del contribuente, i giudici di prime cure annullavano l’atto impugnato, ma l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso in appello, che veniva accolto dalla Commissione tributaria regionale della Campania.

In particolare, quest’ultima evidenziava che il giudice di prima istanza aveva erroneamente ritenuto la nullità dell’avviso di liquidazione impugnato per difetto di motivazione, in quanto doveva ritenersi sufficiente «l’indicazione degli estremi della decisione giurisprudenziale», indicazione, in quanto tale, idonea a consentire al contribuente, «parte necessaria del processo», «di percepire con immediatezza i termini della pretesa tributaria».

Ad adiuvandum, la CTR Campania osservava che il contribuente non avesse dedotto «elementi in grado di dimostrare un effettivo pregiudizio al suo diritto di difesa» e, per di più, aveva «prospettato anche censure attinenti al merito».

In conseguenza di ciò, il contribuente proponeva ricorso per Cassazione affidato a tre motivi, cui resisteva con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Ai fini che qui rilevano, il contribuente aveva eccepito, quale secondo motivo, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 7 L. 212/2000 e dell’articolo 3 L. 241/1990, dal momento che l’avviso di liquidazione impugnato recava una motivazione limitata all’indicazione degli estremi della sentenza pronunciata nel giudizio di scioglimento della comunione ereditaria.

Più precisamente, questi lamentava l’omessa esplicitazione delle ragioni della pretesa impositiva e dei relativi criteri, avuto riguardo ai contenuti della pronuncia stessa, che non era stata nemmeno prodotta in allegato all’avviso di liquidazione poi impugnato, e, con questa, alla base imponibile incisa e alle relative aliquote applicate.

Da ultimo, si evidenziava che il rilevato difetto di motivazione nemmeno avrebbe potuto ritenersi suscettibile di integrazione in ragione della tardiva produzione della sentenza registrata e delle difese da controparte svolte sul punto.

Ebbene, la Suprema Corte ha ritenuto assolutamente fondata la doglianza avanzata con il secondo motivo di ricorso, richiamando il granitico orientamento di legittimità ormai affermatosi in tema di liquidazione dell’imposta principale dovuta per la registrazione di atti giudiziari ex articolo 54, commi 3 e 5, D.P.R. 131/1986.

Più nel dettaglio, i giudici di vertice hanno evidenziato la necessaria indicazione, negli avvisi di accertamento, così come in quelli di liquidazione, della base imponibile oggetto di recupero a tassazione e delle relative aliquote applicate (cfr., ex multis Cassazione, sentenza n. 15381 dell’11.06.2008; Cassazione, sentenza n. 4187 del 20.02.2009; Cassazione, sentenza n. 18389 del 12.07.2018).

La Cassazione ha osservato che l’obbligo di allegazione degli atti previsto dall’articolo 7 L. 212/2000 è volto a garantire il diritto dei contribuenti ad avere piena e immediata cognizione delle ragioni della pretesa fiscale, in modo da valutarne la fondatezza.

È, quindi, illegittimo l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro che indichi soltanto la data ed il numero della sentenza civile oggetto di registrazione, senza allegarla e senza fornire la prova che il provvedimento fosse stato notificato o comunicato al contribuente, a nulla rilevando che questi era stato parte del giudizio civile conclusosi con la sentenza oggetto di registrazione.

Il mero riferimento nell’avviso al numero e alla data della sentenza, senza nessun’altra precisazione, non è infatti sufficiente a ritenere l’atto richiamato conosciuto o comunque conoscibile dall’interessato, per il solo fatto che egli era stato parte nel relativo processo.

Una così scarna indicazione dell’atto imporrebbe al suo destinatario un’attività di ricerca del documento medesimo che comprimerebbe il diritto di difesa del contribuente, diritto alla cui tutela è appunto funzionale l’obbligo di allegazione degli atti previsto dallo Statuto dei diritti del contribuente.

Da ultimo, i giudici di legittimità hanno precisato che, ai fini della compiutezza della motivazione, non possono assumere alcuna valenza eventuali integrazioni operate ex post (ovvero, in corso di causa) dall’amministrazione finanziaria, in quanto il contenuto motivazionale dell’avviso di liquidazione deve sussistere sin dall’inizio, quale requisito strutturale di legittimità dell’atto, così che non può essere integrato a posteriori in sede processuale.

Sulla scorta di tali argomentazioni, quindi, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto dal contribuente e deciso nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, con annullamento dell’atto impugnato.