14 Gennaio 2022

Avviamento riallineato e effetti del conferimento di ramo di azienda

di Fabio Landuzzi
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La scheda di FISCOPRATICO

L’Agenzia delle Entrate, nella risposta all’interpello n. 893-2021, ha affrontato il tema degli effetti di un’operazione straordinaria – per la precisione, il conferimento di un ramo di azienda in una società esistente e la successiva cessione di una parte della partecipazione ricevuta in cambio – sul valore fiscale di un avviamento precedentemente oggetto di riallineamento ex articolo 15, comma 10, D.L. 185/2008, ed incluso nel compendio aziendale conferito.

In prima battuta, per quanto concerne l’innesco del c.d. recapture ossia la rideterminazione del valore fiscale dell’asset precedentemente riallineato quale conseguenza del suo “realizzo” nel “periodo di sorveglianza” (rappresentato dal quarto periodo d’imposta successivo a quello dell’opzione per il riallineamento), è di rilievo sottolineare che l’Agenzia delle entrate conferma in questa circostanza che di per sé il conferimento di azienda (o di ramo di azienda) non configura un’ipotesi di realizzo soggetta a tale regola di decadenza degli effetti del riallineamento.

Tuttavia, la successiva cessione parziale della partecipazione di maggioranza ricevuta nella conferitaria e perfezionata nel periodo di sorveglianza viene qualificata dall’Agenzia delle Entrate come una sorta di indiretto trasferimento e di realizzo dell’asset (avviamento) incluso nel ramo di azienda precedentemente conferito, e perciò come operazione di per sé idonea a determinare la decadenza degli effetti fiscali connessi al riallineamento per l’intero avviamento riferito al ramo di azienda conferito.

In questo contesto, peraltro, l’Agenzia delle entrate richiama, e per l’effetto conferma, quell’interpretazione risalente alla circolare 8/E/2010 secondo la quale in caso di conferimento di azienda in cui è compreso l’avviamento avente un valore fiscale positivo (ad esempio, perché oggetto di riallineamento), tale asset deve considerarsi escluso dalla composizione dell’azienda conferita, dovendo esso essere “stornato” dalla contabilità dell’impresa conferente in conseguenza della perdita di valore derivante dal trasferimento del compendio a cui esso si riferisce; e tale effetto fiscale si realizzerebbe anche laddove l’avviamento di cui si tratta fosse incluso a tutti gli effetti, aziendali, contabili ed anche valutativi, nell’azienda conferita.

Questa visione – che è del tutto avulsa da qualsivoglia definizione tecnica, aziendalistica e contabile di avviamento e tale da creare un “mostro fiscale” concettualmente poco concepibile – produce quindi per l’Amministrazione Finanziaria questo effetto: il valore fiscalmente riconosciuto all’azienda conferita per il soggetto conferente sarebbe dato dalla somma dei valori fiscali delle attività e delle passività incluse nel compendio, ma escluso il valore fiscale dell’avviamento; quindi, il valore fiscale della partecipazione che il conferente riceve nella conferitaria corrisponderebbe al suddetto valore fiscale, perciò espunto quello dell’avviamento. Per il conferitario, infine, i valori fiscali del compendio aziendale in cui subentra in continuità non comprenderebbero quello dell’avviamento. La deduzione fiscale delle quote di ammortamento dell’avviamento proseguirebbe perciò sul conferente.

Ecco allora che, collocata in questo contesto la cessione (parziale) della partecipazione di maggioranza della conferitaria, nella risposta n. 893/2021, l’Agenzia delle entrate la legge come una indiretta cessione realizzativa dell’avviamento tale da innescare il meccanismo del recapture; anche rispetto a questa soluzione, in verità, si nutrono diverse perplessità, poiché se l’avviamento deve (fiscalmente) permanere sul conferente, non si comprende la ragione per cui la cessione di una parte della partecipazione nella conferitaria debba innescare questo fenomeno.

La questione di fondo, però, è proprio il richiamo alla circolare 8/E/2010 ampiamente criticata dalla dottrina perché, come detto, del tutto avulsa dalla realtà aziendale e contabile dell’operazione di conferimento di azienda, e dalla nozione stessa di avviamento.

Per tutte, si ricorda la posizione assunta dall’AIDC nella Norma di comportamento n. 181 pubblicata nel 2011, la cui Massima prende una netta posizione sull’argomento affermando che “in caso di conferimento di un’azienda, in relazione alla quale sia già iscritta nella contabilità del conferente una posta a titolo di avviamento, il conferitario acquisisce l’avviamento unitamente agli elementi che compongono l’azienda e subentra nel valore fiscale che l’avviamento aveva in capo al conferente, indipendentemente dal valore al quale viene iscritto nella contabilità del conferitario, ciò in quanto l’avviamento rappresenta una qualità dell’azienda che non può circolare autonomamente e si trasferisce necessariamente con essa”.

Una corretta impostazione degli effetti fiscali dell’operazione, come bene argomenta la citata Norma di comportamento, non può prescindere dal fatto che l’avviamento si trasferisce alla conferitaria unitamente all’azienda, perché è parte integrante del compendio da questa assunto; di contro, il conferente dismette tale elemento, e ciò sia contabilmente che fiscalmente, unitamente a tutti gli altri elementi che concorrono a formare l’azienda, così che dovrebbe assumere quale valore fiscale della partecipazione ricevuta lo stesso valore fiscale che aveva l’azienda conferita nel suo complesso, comprensivo dell’eventuale valore fiscale dell’avviamento.

Sarebbe auspicabile che l’Amministrazione Finanziaria ritornasse sui propri passi interpretativi, poiché se la dottrina unanimemente ritiene tale posizione non corretta, una ragione per rifletterci – forse – c’è.