10 Dicembre 2019

Attività connesse tassate forfettariamente

di Luigi Scappini
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La scheda di FISCOPRATICO

L’articolo 32, comma 1, Tuir individua il reddito agrario nella “parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell’esercizio di attività agricole su di esso”, introducendo quindi due precise limitazioni.

Da un lato, infatti, il rimando ai limiti della potenzialità fa sì che, leggendo in negativo tale affermazione, è evidente come non tutte le attività esercitate sul fondo determinino un reddito tassabile quale agrario e, dall’altro, non tutte le attività sono produttive di tale reddito, ma solamente quelle agricole come vengono definite compiutamente al successivo comma 2.

Ne deriva che l’imprenditore agricolo, pur mantenendo le caratteristiche per rimanere tale da un punto di vista strettamente civilistico, può mettere in atto delle attività il cui reddito non trova capienza in quello agrario.

Tra di esse vi sono anche, per effetto di quanto previsto dall’articolo 32, comma 2, lettera c), Tuir, alcune attività connesse di prodotto: infatti, fiscalmente, non è più sufficiente rispettare i criteri dettati dal comma 3 dell’articolo 2135 cod. civ., ma è altresì obbligatorio che i prodotti siano ricompresi in un decreto ministeriale di emanazione biennale (da ultimo vedasi il D.M. 13.02.2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 62/2015).

Ai beni non ricompresi in tale decreto il Legislatore riserva un regime agevolato disciplinato dal successivo articolo 56-bis, comma 2, Tuir; tuttavia, l’esclusione dalla tassazione su base catastale non determina l’automatica inclusione in tale norma.

Ai sensi dell’articolo 56-bis, comma 2, Tuir, in particolare, “Per le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, valorizzazione e commercializzazione di prodotti diversi da quelli indicati nell’articolo 32, comma 2, lettera c), ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, il reddito è determinato applicando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, conseguiti con tali attività, il coefficiente di redditività del 15 per cento”.

Punto di partenza è la necessità, qui ribadita, di operare in un contesto di prevalenza di utilizzo di beni ottenuti con l’esercizio di una delle attività agricole principali; poi, rispettato questo parametro inderogabile, sembrerebbe che tutti i prodotti che non trovano “asilo” nel decreto ministeriale, confluiscano in questo regime di tassazione, ma così non è, come chiarito dalla stessa Corte di Cassazione con la sentenza n. 8128/2016.

Oggetto del contendere era la produzione di pasta, prodotto attualmente ricompreso tra quelli che trovano copertura nel reddito agrario per effetto del D.M. 05.08.2010.

La società accertata riteneva che alla produzione di pasta, non trovando il prodotto allocazione tra quelli dell’allora D.M. 19.03.2004, si rendesse applicabile il regime forfettario previsto dall’articolo 56-bis, comma 2, Tuir, che si ricorda essere fruibile esclusivamente dalle ditte individuali, enti non commerciali e società semplici.

Al contrario, l’Agenzia delle entrate, trovando successiva conferma nei Supremi giudici, riteneva tale attività produttiva di un reddito di impresa da determinarsi in via analitica quale differenza tra costi e ricavi.

Punto di partenza è sempre e comunque il dato civilistico che qualifica come “attività agricole connesse quelle che si esplicano su prodotti che provengono prevalentemente e direttamente dall’attività agricola principale, mentre vanno escluse le attività che riguardano prodotti di secondo grado, conseguenti a successive attività.”.

A questo deve aggiungersi, come già evidenziato, il dato fiscale con cui il Legislatore, pur mutuando il dettato civilistico, ha introdotto un’articolazione più strutturata delle attività connesse, suscettibile anche di ampliamento, permettendo, come nel caso del pane, l’introduzione anche di prodotti cd. di seconda lavorazione.

Da ultimo, con l’articolo 56-bis, comma 2, Tuir è stato introdotto un ulteriore regime fiscale per le attività connesse di prodotto, individuate per esclusione; inoltre, “anche se manca il richiamo diretto all’articolo 2135 cod. civ., lo stesso può essere desunto sia dalla descrizione dell’attività in esame – che ripropone sostanzialmente la disposizione civilistica -, sia dal rinvio diretto all’articolo 32, comma 2, lett. c) Tuir, anche se utilizzato per definire per esclusione ed in via residuale il campo di operatività del regime fiscale forfettario”.

In ragione di ciò: “se il bene … sostiene più manipolazioni/trasformazioni, la cessione sarà soggetto a reddito di impresa: devono ritenersi, infatti, escluse dall’ambito di applicazione dell’articolo 56-bis Tuir le attività di trasformazione non usualmente esercitate nell’ambito dell’attività agricola che intervengono in una fase successiva a quella che ha originato i primi prodotti, atte a trasformare ulteriormente questi ultimi fino a realizzare prodotti nuovi che non trovano connessione con l’attività agricola principale ai sensi dell’articolo 2135 cod. civ., comma 3.”.

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