12 Giugno 2018

Associazioni sportive dilettantistiche: panorama di giurisprudenza

di Guido Martinelli
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La Corte di Cassazione, nel mese di maggio, ha pubblicato due importanti sentenze aventi ad oggetto le associazioni sportive dilettantistiche.

La prima è una ordinanza della sesta sezione (ordinanza n. 12352 del 18.05.2018) emanata a fronte della impugnazione, da parte della Agenzia delle entrate, di una decisione della CTR della Lombardia (n. 5743/30/16 del 08.11.2016).

Il ricorso denuncia violazione degli articoli 67 e 69 D.P.R. 917/1986 per avere il giudice d’appello riconosciuto il trattamento agevolato dei compensi erogati dall’associazione ai propri istruttori nonostante costoro operassero nell’ambito di una attività sostanzialmente commerciale.

La Corte di legittimità ha ritenuto il ricorso fondato: “a norma degli artt. 67 e 69 Tuir beneficiano del regime di parziale non imponibilità i compensi che l’associazione eroga agli istruttori nell’esercizio diretto di attività sportiva dilettantistica e non anche quelli erogati nell’ambito di una attività sostanzialmente commerciale essendo insufficiente ai fini del trattamento agevolato il mero riconoscimento da parte del Coni della qualifica sportiva dilettantistica dell’associazione erogante”.

Tale decisione sembra disconoscere il processo, iniziato con una serie di decisioni di merito e di documenti di prassi amministrativa (vedi, tra gli ultimi, la circolare INL 1/2016) e culminato nel dettato legislativo di cui al combinato disposto dai commi 358 e 359 dell’articolo 1 L. 205/2017, secondo il quale il compenso sportivo, di cui agli articoli 67 e 69 Tuir, configurando la fattispecie della collaborazione coordinata e continuativa, viene considerato compatibile anche con una prestazione avente causa in un rapporto di lavoro.

Appare, pertanto, ancora più urgente che il Coni, nel rispetto di quanto previsto dal citato comma 358, individui quanto prima quali siano le prestazioni sportive che, qualificate come collaborazioni coordinate e continuative, consentano alle associazioni e società sportive non lucrative di erogare i compensi di cui all’articolo 67, comma 1, lett. m), Tuir.

La seconda decisione (Corte di Cassazione, sentenza n. 11050 del 09.05.2018) ha per oggetto un ricorso di una associazione sportiva avverso una decisione della CTR Lombardia, confermativa della sentenza di primo grado, che aveva condannato il contribuente al pagamento di imposte non versate Irap e Ires.

La tesi della associazione appare suggestiva: in presenza di eventuale disconoscimento delle agevolazioni di cui all’articolo 148 Tuir, occorrerà comunque fare riferimento all’articolo 143 Tuir laddove viene previsto che: “non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell’articolo 2195 cod. civ. rese in conformità alle finalità istituzionali dell’ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione”.

In altre  parole, la difesa del contribuente ha fondato il ricorso sostenendo che tra l’articolo 143 Tuir e l’articolo 148 Tuir sussiste un rapporto di genere e specie.

Pertanto, pur non potendosi applicare l’articolo 148, alla luce dei rilievi emersi in sede di accertamento, stante i risultati di esercizio, sarebbe comunque applicabile l’articolo 143 Tuir e, pertanto, la parte ha richiesto l’annullamento dell’accertamento (“evidenzia quindi che il giudice di appello ha ingiustificatamente ed immotivatamente ritenuta preclusa l’applicabilità del regime ex articolo 143 comma 1 Tuir pur a fronte di attività istituzionale di palestra non riconducibile all’articolo 2195 c.c. e in mancanza di specifica organizzazione di impresa”).

Viene ritenuto, infatti, che il regime di cui all’articolo 143, comma 1, Tuir riconosca indistintamente, a tutti gli enti non commerciali, ivi comprese le associazioni sportive dilettantistiche, una franchigia fiscale minima; infatti, ad avviso di detta difesa, nel caso di specie “non sarebbero riconoscibili solamente i maggiori benefici discendenti dall’articolo 148 cit. per mancata osservanza delle relative condizioni”.

La Corte fa un attento e approfondito esame della disciplina applicabile al caso di specie. Preliminarmente nega l’applicabilità dell’articolo 143 Tuir, confermando la decisione di merito in quanto, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 73, commi 4 e 5, Tuir la natura di ente non commerciale deve essere analizzata anche alla luce della effettiva attività esercitata (“è dunque dirimente per l’individuazione della disciplina applicabile, la qualificazione della commercialità dell’attività svolta per la quale va fatto riferimento all’articolo 55 Tuir”)

Ma approfondisce anche un ulteriore aspetto. Infatti ritiene che l’ordinaria attività dell’ente associativo, qualificabile quale ente non commerciale, debba trovare disciplina nel primo comma dell’articolo 148 Tuir, in conformità del quale le finalità associative devono essere finanziate con lequote o contributi associativi”. Pertanto questa appare essere: “l’attività interna, ossia quella volta verso gli associati, ferma la generale caratteristica di non commercialità dell’ente / associazione”.

I corrispettivi specifici di cui all’articolo 148, comma 3, Tuir, pertanto, dovranno essere solo quelli relativi alle “maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto” Di conseguenza, prosegue il pronunciamento della Suprema Corte: “giova sottolineare che la disposizione non può che prendere in considerazione attività che siano ulteriori (e diverse) da quelle tipiche e conformi alle finalità istituzionali in sé già strutturalmente sottratte al regime impositivo in forza del comma 1”.

Tale affermazione credo debba fare riflettere le numerose associazioni sportive la cui attività esclusiva sia l’organizzazione di corsi sportivi dietro pagamento di un corrispettivo specifico.

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