17 Settembre 2015

Associazioni sportive dilettantistiche: come fare per non sbagliare

di Guido Martinelli
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È stata diffusa, qualche giorno fa, una guida, in formato elettronico, realizzata dalla Direzione Regionale delle Entrate del Piemonte che titola, in maniera importante: “Associazioni sportive dilettantistiche: come fare per non sbagliare”. La presentazione, avvenuta lo scorso sette settembre a Torino, ha visto anche la partecipazione del Direttore Orlandi.

Esaminati i contenuti non posso esimermi di esternare le mie forti preoccupazioni su una interpretazione che appare fortemente “pro fisco” e, a mio modesto avviso, non conforme allo stato dell’arte e, comunque, ai comportamenti adottati da tutte le associazioni sportive fino ad oggi.

Vi è un passaggio, alle pagine 29/30 che appare fortemente innovativo rispetto alle prassi e ai commenti di dottrina fino ad oggi esistenti. Siamo nell’ambito della illustrazione degli adempimenti previsti dalla legge 398/91 ai fini Iva. Viene testualmente indicato: “Per applicare il regime forfetario, nell’ambito delle operazioni rilevanti ai fini Iva, occorre distinguere tra le operazioni direttamente connesse e quelle non direttamente connesse con gli scopi istituzionali (le attività istituzionali sono in ogni caso non imponibili).” A tale affermazione fa seguire uno schema secondo il quale la detrazione forfetaria prevista dalla norma in esame si applichi solo alle operazioni “direttamente connesse agli scopi istituzionali”  riportando quale esempio la vendita di biglietti per manifestazioni sportive mentre, invece, per le “operazioni non direttamente connesse agli scopi istituzionali” quali porta ad esempio la cessione di beni durante manifestazioni sportive sarebbe necessaria: “l’applicazione del regime ordinario e dei relativi adempimenti”. Pertanto, “per non sbagliare”, le associazioni che hanno optato per l’applicazione della citata legge 398/91 non potrebbero far rientrare in detta disciplina tutti i loro proventi di natura commerciale ma solo quelli direttamente connessi agli scopi istituzionali trovandosi pertanto nella necessità di impiantare una regolare contabilità Iva per i proventi commerciali “non direttamente connessi”. È chiara l’origine della tesi dell’Ufficio.

L’art. 9 del d.p.r. 544/1999 prevede:

“1. Alle associazioni sportive dilettantistiche di cui all’ articolo 25, comma 1, della legge 13 maggio 1999, n. 133 , alle associazioni senza scopo di lucro ed alle associazioni pro-loco, che optano per l’applicazione delle disposizioni di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398 , si applicano, per tutti i proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali, connesse agli scopi istituzionali, le disposizioni di cui all’ articolo 74, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 , e successive modificazioni”.

Tale principio, però, contenuto in un decreto, appare contrastante con il contenuto della legge istitutiva del regime in esame che, come tale, non può essere abrogata da una norma di rango inferiore.

L’art. 2 comma 3 della legge 398/91, infatti, dispone testualmente che: “per i proventi di cui al comma 2, soggetti all’imposta sul valore aggiunto, l’imposta continua ad applicarsi con le modalità di cui all’articolo 74, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”. I proventi di cui al comma 2 del medesimo articolo sono testualmente: “qualsiasi provento conseguito nell’esercizio di attività commerciali”.

Essendo la legge 398/91 quella alla quale è necessario comunque risalire al fine di determinare e chiarire i criteri e le regole di funzionamento del regime fiscale in essa stessa disciplinato, deve ritenersi indubbiamente prevalere quanto previsto all’art. 2 della medesima, in cui si parla di assoggettamento a regime forfettario di tutti i proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciale, rispetto a quanto previsto all’art. 9 DPR 544/1999, diposizione posta all’interno di un testo normativo che disciplina in via generale le norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in materia di imposta sugli intrattenimenti, imposta al cui regime la legge 398 citata si rifà esclusivamente per quanto attiene alle percentuali di forfetizzazione dell’Iva da detrarre.

In virtù di quanto appena ricostruito, pertanto, si ritiene di non dover condividere (senza qui voler fare accenno alle problematiche contabili che la tesi dell’Ufficio provocherebbe) l’indicazione della Agenzia sui comportamenti da adottare “per non sbagliare” e che debba essere quantificata con le modalità di cui all’art. 74 citato (nel quale sono previste le percentuali di detrazione forfettaria dell’Iva) l’imposta dovuta in relazione a qualsiasi provento conseguito nell’esercizio di attività commerciali senza ulteriori distinzioni di sorta di una associazione o società sportiva.

Ci sia consentita un’ultima chiosa: a pag. 33 viene riportato che l’imposta di bollo per le ASD non è dovuta: “per atti, documenti, istanze, contratti o copie (anche conformi) estratti, certificazioni e attestazioni poste in essere o richieste; per quietanze emesse per la riscossione e per il versamento delle quote o dei contributi associativi”.

A prescindere che la notizia non può che farmi piacere, su quale presupposto normativa si fonda? Io sapevo che il comma sei dell’art. 90 della legge 289/02 l’aveva previsto solo per le Federazioni sportive. Mi è sfuggito qualcosa?