26 Novembre 2016

Assegni di mantenimento: problemi tra netto e lordo

di Comitato di redazione
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Sovente, in occasione delle separazioni tra coniugi, viene previsto l’obbligo di corrispondere (dall’uno all’altro) un determinato “assegno” con finalità specifica di mantenimento del beneficiario, diversa ed autonoma rispetto all’eventuale assegno per il mantenimento dei figli.

Tale situazione determina spesso problemi di natura tributaria:

  • in capo al soggetto erogante, al fine di determinare la corretta misura dell’onere ammesso in deduzione dal reddito imponibile (secondo il criterio di cassa);
  • in capo al soggetto beneficiario, al fine di determinare la corretta misura dell’imponibile del reddito (assimilato a quello di lavoro dipendente) da tassare secondo il criterio di cassa.

In linea di principio non sembrano esserci delle grandi difficoltà, infatti:

  • entrambe le somme rilevano con il criterio di cassa, quindi non sussistono in astratto disallineamenti tra i due momenti, tranne per ipotesi di erogazioni poste a cavallo della fine d’anno;
  • sembra sussistere un logico equilibrio tra l’istituto della deduzione in capo all’erogante e quello della imponibilità in capo al beneficiario, cosicché il sistema risulta coerente, differenziandosi solo per il diverso peso delle aliquote IRPEF applicabili sui due contribuenti.

Tuttavia, la realtà si presenta in modo diametralmente opposto.

Infatti, i legali sono soliti strutturare accordi che tendono ad assicurare al beneficiario dell’assegno una sommanetta” mensile, risultando più facile il ragionamento di garantire un certo sostentamento all’altra parte.

Per assicurare una somma netta mensile, normalmente si prevede l’erogazione di una sorta di acconto mensile in corso d’anno, salvo provvedere al rimborso delle imposte gravanti su tale reddito in relazione all’annualità.

Questa impostazione, espone il soggetto che elabora le dichiarazioni ad almeno due problematiche:

  • l’erogazione delle imposte “ad indennizzo” avviene normalmente l’anno successivo a quello di riferimento, determinando un disallineamento tra momento di cassa e importi indicati nel provvedimento del giudice o nell’accordo (peraltro, il legale normalmente non si premura di regolare l’aspetto del versamento degli acconti di imposta in corso d’anno);
  • bisogna comprendere se tali erogazioni possano consistere, per l’erogante, in assegni periodici erogati al coniuge, in modo che siano deducibili; analogamente, dovremo poi concludere che se l’erogante deduce, il beneficiario deve tassare, ovvero viceversa.

A tale riguardo, è possibile citare il parere dell’Agenzia delle entrate, manifestato in fase difensiva in un processo tributario gestito dalla CTP di Milano (Sentenza 84/29/11).

L’Agenzia, contestando la deduzione delle somme erogate dal marito alla moglie a titolo di rimborso delle imposte versate, ha affermato che tale comportamento “rappresenterebbe un accordo personale tra gli ex coniugi che, come tale, sarebbe del tutto irrilevante e spurio rispetto all’assegno periodico erogato”.

Ne discende che, in relazione a ciascuno specifico accordo, bisognerà comprendere quale sia l’ammontare periodico “standardizzato” che possa essere qualificato a tutti gli effetti come assegno periodico; solo questa somma potrà essere dedotta dal soggetto erogante.

Stante il fatto che al sistema dell’Agenzia risulta il beneficiario degli assegni, potrebbe capitare che quest’ultimo soggetto sia accertato sulla base del riscontro dei dati indicati nel modello Unico dell’erogante.

Ma ciò non significa che tale dato sia corretto, potendo essere indicati dati eccedenti rispetto al consentito, con la conseguenza che, in forza del già richiamato parallelismo, l’importo da tassare sul beneficiario dovrà essere riqualificato.

Quindi, la conclusione non può che essere una: sarà bene prevedere che le somme dovute a titolo di assegno all’interno degli accordi di separazione siano specificate nel modo più limpido possibile, evitando riferimenti ai valori netti, sia per dare certezza al debitore degli importi dovuti, sia per evitare inutili incagli dal punto di vista tributario.

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