27 Giugno 2025

Assegnazioni agevolate: trattamento ai fini Iva e problematiche connesse

di Fabio Garrini
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Nelle prossime settimane, una volta completata la campagna dichiarativa, gli studi inizieranno a valutare per la propria clientela l’opportunità di realizzare operazioni di assegnazione agevolate; ovviamente il consiglio è quello di non attendere troppo, perché i passaggi da seguire per addivenire all’atto di assegnazione (ovvero di trasformazione) entro la fine di settembre sono diversi, considerando anche la pausa estiva che necessariamente rallenterà il processo.

Nel presente contributo andremo a proporre considerazioni riguardanti gli aspetti Iva che interessano tale operazione, ricordando che la disciplina agevolata nulla prevede in relazione all’Iva (sono previste unicamente agevolazioni riguardanti l’imposta di registro e le ipocatastali).

Per le assegnazioni gli adempimenti sono rinviati al momento nel quale sarà posto in atto l’atto (e lo stesso vale per le trasformazioni). Per le estromissioni, quando queste fossero rilevanti ai fini Iva, andava emessa l’autofattura tenendo conto della data di effettiva estromissione, che andava realizzata entro lo scorso 31 maggio; pertanto, se il documento non  viene inviato allo SdI entro il 12 giugno, occorrerà attivarsi per sistemare il ritardo (nessun problema invece nel caso in cui l’estromissione fosse fuori dal campo di applicazione dell’Iva).

Ci soffermeremo anche sulle conseguenze sulla detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti nel caso in cui le operazioni agevolate fossero esenti o fuori campo Iva (ipotesi frequenti nel campo immobiliare).

Premessa

La Legge di Bilancio 2025 (L. 207/2024) ha riproposto gli istituti per la fuoriuscita agevolata dei beni (in particolare gli immobili) dalla sfera dell’impresa. Si tratta di istituti già proposti più di una volta nel corso degli ultimi anni (da ultimo, un paio di anni fa, con la L. 197/2022) e che vengono applicati sulla base delle regole introdotte nel 2016 dalla L. 208/2015: assegnazione, cessione ai soci, estromissione dalla ditta individuale e trasformazione della società in società semplice.

Mentre è prevista una puntuale regolamentazione ai fini delle imposte dirette, ai fini delle imposte indirette viene unicamente prevista la riduzione alle metà dell’imposta di registro e l’applicazione in misura fissa delle imposte ipotecaria e catastale.

Nulla viene invece previsto ai fini Iva: tali operazioni vengono quindi lasciate alla disciplina ordinaria che, comunque, in molti casi, risulta essere di vantaggio.

Va comunque osservato che proprio a fini Iva si presentano non poche problematiche da gestire, che in molti casi possono costituire un limite di convenienza alla possibilità di porre in essere una delle procedure agevolate.

Visto che l’attuale disciplina è una totale riproposizione di quella già presentata nel 2016, è possibile sfruttare l’impianto interpretativo al tempo fornito dall’Amministrazione finanziaria. In particolar modo potrà essere sfruttato il contributo sul tema offerto dalla circolare n. 26/E/2016.

L’assegnazione e l’estromissione

La disciplina dell’assegnazione ai soci della società e dell’estromissione dalla ditta individuale non presenta una specifica disciplina Iva per accompagnare la fuoriuscita del bene dal perimetro dell’impresa; si presenta quindi la necessità di applicare le ordinarie regole previste dal D.P.R. 633/1972. Questo, però, si badi bene, non è necessariamente da considerarsi una dimenticanza atta a inceppare i meccanismi di convenienza dell’operazione.

L’articolo 2, comma 2, n. 5) e 6), D.P.R. 633/1972., stabilisce una assimilazione ai fini Iva tra le estromissioni / assegnazioni da un lato, e l’ordinaria operazione di cessione dall’altro: tali operazioni senza corrispettivo devono essere trattate, ai fini Iva, al pari delle operazioni onerose.

Sul punto la circolare n. 26/E/2016 ricorda opportunamente che assegnazioni ed estromissioni (ma non le cessioni) esulano dal campo di applicazione dell’Iva quando a essere assegnati sono beni che non abbiano consentito la detrazione dell’Iva in ragione del loro acquisto presso un soggetto privato, ovvero beni il cui acquisto è avvenuto prima dell’introduzione dell’Iva nell’ordinamento interno (acquisti ante 1973), nonché nei casi in cui i beni sono acquistati o importati senza il diritto alla detrazione, neanche parziale, della relativa imposta, ai sensi degli articoli 19, 19-bis.1 e 19-bis.2, D.P.R. 633/1972.

Peraltro, benché la norma richiami tale esclusione da Iva solo per le estromissioni, già con la circolare n. 40/E/2012 (a seguito di una nutrita serie di sentenze della Corte di Giustizia UE in tal senso) l’Agenzia delle entrate chiarì che anche l’assegnazione deva essere soggetta alla medesima previsione.

Da notare che qualora il bene, acquistato senza applicazione dell’Iva, sia stato oggetto di interventi sui quali l’Iva è stata detratta, comunque non ne cambia la natura (l’assegnazione continuerà a essere fuori campo Iva, nei 3 casi in precedenza ricordati); semplicemente, se dette spese sono incrementative, occorrerà (eventualmente) procedere alla rettifica della detrazione se gli interventi sono stati realizzati nell’ambito del decennio di monitoraggio previsto per gli immobili.

Una volta stabilita la rilevanza o meno dell’operazione ai fini Iva occorre verificare lo specifico trattamento da riservare all’operazione: per le operazioni rilevanti, quando si tratta di fabbricati occorre valutare l’imponibilità o l’esenzione. Come noto, il trattamento di tali operazioni è regolato dall’articolo 10, D.P.R. 633/1972, rispettivamente al punto 8-bis per i fabbricati abitativi e al punto 8-ter per i fabbricati strumentali.

Tale trattamento dipende principalmente dalla natura dell’immobile oggetto di assegnazione.

In relazione ai fabbricati abitativi (intendendosi per tali quelli appartenenti alla categoria catastale A, con esclusione di quelli ricompresi nella categoria A/10) l’assegnazione è di regola esente. È, invece, imponibile l’assegnazione effettuata dall’impresa costruttrice o ristrutturatrice entro 5 anni dall’ultimazione della costruzione o dell’intervento; l’assegnazione da parte della società costruttrice è invece esente con possibile opzione per l’imponibilità quando  avviene oltre il termine dei 5 anni. Sono inoltre imponibili (per opzione) le assegnazioni di fabbricati abitativi destinati ad alloggi sociali per le quali l’assegnante/cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione.

In relazione ai fabbricati strumentali (fabbricati di categoria catastale B, C, D, E e A/10), le assegnazioni costituiscono operazioni obbligatoriamente imponibili se effettuate dalle imprese costruttrici o di ripristino degli stessi entro 5 anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento. In tutti gli altri casi opera il regime “naturale” di esenzione ma comunque vi è la possibilità di optare per l’applicazione dell’Iva.

Quando a essere assegnato è un terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria, l’assegnazione dovrà necessariamente avvenire in imponibilità Iva. Sulla base dell’articolo 36, comma 2, D.L. 223/2006 il terreno (anche ai fini Iva) si considera edificabile già dal momento dell’adozione dello strumento urbanistico da parte del Comune.

Quando l’assegnazione ha a oggetto un terreno agricolo (più precisamente, non suscettibile di utilizzazione edificatoria), l’operazione si considera fuori dal campo di applicazione dell’Iva ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera c), D.P.R. 633/1972.

La base imponibile

Ai fini della determinazione della base imponibile occorrerà fare riferimento al criterio costituito “dal prezzo di acquisto o, in mancanza, dal prezzo di costo dei beni o di beni simili, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni” di cui all’articolo 13, comma 2, lettera c), D.P.R. 633/1972. Per le operazioni nelle quali manca il corrispettivo la base imponibile è quindi costituita:

  • dal prezzo di acquisto dei beni o di beni simili, o, in mancanza del prezzo di acquisto;
  • dal prezzo di costo, determinato nel momento in cui si effettuano tali operazioni.

La previsione del criterio del prezzo di acquisto o di costo, in sostituzione di quello del valore normale, implica che la base imponibile Iva della cessione gratuita non comprenda il “ricarico” normalmente praticato sul mercato per quel bene, bensì sia costituita dal prezzo di acquisto del bene “attualizzato” al momento della cessione.

Secondo l’Agenzia delle entrate, occorre tenere anche in considerazione gli incrementi e il deprezzamento che il bene ha subito nel corso del tempo in cui questo è stato in possesso dell’impresa: ai fini della determinazione dell’imponibile, il prezzo di acquisto da prendere a riferimento non può essere limitato all’importo pagato per acquistare il bene, ma deve comprendere anche:

  • tutte le spese sostenute per riparare e completare il bene stesso durante la sua vita aziendale (sempreché si tratti di spese relative ad acquisti di beni e servizi in relazione ai quali sia stata applicata l’imposta e sia stata operata la detrazione della medesima);
  • tenendosi comunque conto, anche con riferimento a queste, del deprezzamento che il bene ha subito nel tempo.

Chiarito il concetto che deve guidare alla formazione della base imponibile per l’assegnazione, è innegabile che l’individuazione del corretto corrispettivo da utilizzare è operazione tutt’altro che agevole: prima di tutto non è immediato ricostruire gli incrementi effettuati sull’immobile, magari nell’arco di decenni e, tra questi, selezionare quelli con Iva detratta.

Le cose non migliorano (anzi, probabilmente è l’aspetto più complicato) quando si tratta di individuare il deprezzamento che il bene ha subito, che può decurtare il valore del bene.

Ora, volendo trovare una sintesi della questione, poiché per gli immobili, nel lungo periodo, non vi sono solitamente deprezzamenti, l’importo da fatturare sarà costituito dal costo/prezzo di acquisto.

Se nel corso del tempo sono stati realizzati degli interventi sull’immobile, anche questi andranno a incrementare il valore, ma solo se è stata detratta Iva: quindi se l’impresa ha ampliato il capannone con un appalto a terzi, le fatture ricevute dalla ditta che ha realizzato i lavori dovranno essere tenute in considerazione; al contrario, se è stato costruito un soppalco interno in economia, rileverà solo il costo dei materiali (travi in ferro, pannelli di cartongesso, controsoffittature, etc.) e dei servizi appaltati a terzi (elettricista, idraulico, etc.), mentre il costo del personale proprio dell’azienda impiegato nei lavori, benché capitalizzato, non rileverà (in quanto costo su cui non è stata detratta Iva).

Concludendo sul tema della base imponibile si ricorda che nella circolare n. 26/E/2016 si afferma esplicitamente che “… la disciplina in esame non prevede alcuna agevolazione in materia Iva, nemmeno con riferimento alle modalità di determinazione della base imponibile delle assegnazioni. Non trova, pertanto, applicazione in ambito Iva neanche la disposizione contenuta nel regime in commento che consente la determinazione della base imponibile delle assegnazioni sulla base del valore catastale dell’immobile”.

Il valore catastale assume quindi rilevanza (opzionale) ai fini delle imposte dirette, mentre ai fini Iva esso è del tutto irrilevante e quindi occorre applicare le regole in precedenza commentate.

Sul tema della base imponibile delle operazioni di assegnazione è intervenuta anche la circolare 37/E/2016 affermando che, in assenza di un prezzo di acquisto cui fare riferimento, come potrebbe accadere nell’ipotesi di un fabbricato non acquistato ma costruito dal soggetto che intende estrometterlo dal regime Iva, la base imponibile è costituita dal costo o dal prezzo di costo di beni simili. L’utilizzo del prezzo dei beni similari a quello oggetto di assegnazione, come affermato dalla circolare n. 37/E/2016, è da utilizzarsi in via di “estremo subordine”, ossia quando non sia possibile ricostruire il costo di acquisto.

Con esclusivo riferimento, dunque, ad analoghe situazioni di mancanza assoluta di prezzo di acquisto originario o del costo, è ammessa la possibilità di determinare la base imponibile secondo il criterio del prezzo d’acquisto di beni similari (a condizione che esistano beni simili sul mercato) sulla base dei prezzi di mercato per il medesimo tipo di beni al momento della destinazione dell’immobile, evitando l’esame in dettaglio di “quali elementi di valore abbiano condotto a tale prezzo”.

La trasformazione agevolata

La Legge di Bilancio 2025 prevede che le agevolazioni previste per le assegnazioni e le cessioni dei beni ai soci si applichino alle società che entro il 30 settembre 2025 si trasformano in società semplici. La trasformazione agevolata in società semplice è riservata alle società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione dei beni assegnabili dei quali si è trattato in precedenza.

La società semplice che ha come oggetto esclusivo o principale la gestione dei beni non svolge attività rilevante ai fini dell’Iva; l’assenza della qualifica imprenditoriale comporta che la trasformazione di una società commerciale in una società semplice di mera gestione immobiliare determina la cessazione dell’attività imprenditoriale, configurando un’ipotesi di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, n. 5), D.P.R. 633/1972.

L’operazione di trasformazione realizza, pertanto, il presupposto oggettivo dell’Iva (qualora sia stata effettuata all’atto dell’acquisto dei beni la detrazione dell’imposta) e viene assoggettata alle stesse regole delineate in materia di assegnazione di beni.

Gli effetti sulla detrazione

Come detto l’opzione di assegnazione/estromissione spesso può avvenire senza applicazione dell’Iva, soluzione che sarà normalmente la più gradita posto che il destinatario del bene (ossia il socio per l’assegnazione, ovvero la “sfera privata” dell’imprenditore per l’estromissione) non beneficia della detrazione dell’Iva eventualmente assolta al compimento dell’operazione.

Il fatto di porre in essere operazioni esenti (o fuori campo Iva) potrebbe causare delle conseguenze in capo alla società assegnante in termini di necessità di sacrificare parte dell’Iva detratta; tale sacrificio, comunque, varia in termini di regole di calcolo e di ammontare dell’Iva restituita, a seconda della situazione specifica dell’immobile e a seconda di quanto tempo risulta essere passato dall’acquisto/costruzione di questo.

Sul tema l’Agenzia delle entrate nella circolare n. 26/E/2016 si limita a un passaggio alquanto stringato:

Nella considerazione che le assegnazioni possono riguardare beni ammortizzabili, occorre verificare se all’atto dell’assegnazione si renda necessario operare le rettifiche d’imposta disciplinate dall’articolo19- bis 2 del D.P.R. 633 del 1972. Si evidenzia che ai sensi del comma 8 della suddetta norma i fabbricati o porzioni di fabbricati sono comunque considerati beni ammortizzabili. L’obbligo di operare la rettifica dell’Iva detratta al momento dell’acquisto e le modalità con le quali va operata dipende dal “regime” con il quale i beni ammortizzabili sono assegnati e dalla circostanza che l’assegnazione avvenga nel corso del relativo periodo di tutela fiscale.

Si ricorda che la rettifica va operata, a norma dell’articolo 19-bis 2, in un’unica soluzione, con riferimento a tanti quinti o a tanti decimi quanti sono gli anni mancanti al compimento del periodo di tutela fiscale”.

La questione, a parere di chi scrive, deve però essere esaminata in maniera sicuramente più estesa; prima di tutto perché l’Agenzia delle entrate pare riferirsi ai soli beni ammortizzabili, in seconda battuta perché le conseguenze devono essere esaminate tanto sotto il profilo della rettifica quanto, anche e preliminarmente, sotto l’aspetto dell’eventuale pro rata che la cessione esente potrebbe provocare.

Pare pertanto molto più utile esaminare i diversi casi che potrebbero venirsi a verificare.

Assegnazione di immobili strumentali ammortizzabili

Questo è il caso esaminato nel documento di prassi e probabilmente anche quello più frequente; per esemplificare, si pensi al capannone o all’ufficio posseduto dalla società. La cessione (e quindi l’assegnazione) di un bene ammortizzabile non partecipa al volume d’affari e, conseguentemente, non incide sul pro rata della società. Le conseguenze in tema di detrazione dovranno essere misurate solo in termini di rettifica della detrazione, qualora il bene sia stato acquistato o costruito nel corso degli ultimi 10 anni (si tratta della rettifica per cambio di destinazione del bene ai sensi dell’articolo 19-bis.2, comma 2, D.P.R. 633/1972), che comporterebbe la necessità di restituire i decimi mancanti al compimento del decennio di monitoraggio. Se il bene è stato acquistato o costruito da oltre 10 anni, e in tale decennio non vi sono interventi incrementativi con Iva detratta, non vi saranno penalizzazioni sulla detrazione già operata.

Assegnazione di immobili merce

Se il bene non è ammortizzabile e viene ceduto in esenzione da Iva, si innesca il pro rata, con conseguenze sulla detrazione dell’Iva assolta nel corso dello stesso periodo d’imposta. Questo è il caso in cui ad essere assegnato è un fabbricato “merce” (costruito per la rivendita), sia abitativo sia strumentale. Oltre alle conseguenze sull’anno di assegnazione (pro rata che potrebbe colpire l’Iva assolta sugli acquisti dell’anno), occorre verificare anche la detrazione operata nei precedenti periodi d’imposta: va, infatti, rammentato che tutti gli immobili, ai fini della rettifica della detrazione, si considerano beni ammortizzabili (quindi la relativa Iva deve essere oggetto di monitoraggio). Si innesca infatti la rettifica della detrazione da cambio di pro rata (articolo 19-bis.2, comma 4, D.P.R. 633/1972) che l’Agenzia delle entrate nella circolare n. 12/E/2007 ha designato come quella applicabile nel caso della cessione di immobili; tale rettifica, si badi bene, colpisce limitatamente alla variazione di pro rata ma si estende a tutti i beni posseduti dalla società.

Assegnazione di immobili patrimonio

Quando a essere ceduto è un immobile “patrimonio” (ossia un abitativo acquistato o costruito per essere tenuto a disposizione o locato, con Iva detratta sull’acquisto, normalmente in maniera limitata in forza del pro rata) l’assegnazione da parte di un soggetto costruttore sarà in ogni caso assoggettata a esenzione.

Come venne precisato dall’Agenzia delle entrate nella risposta a interpello n. 200/E/2020, detta operazione esente può però considerarsi occasionale (proprio perché oggetto dell’attività è la gestione dell’immobile e la sua cessione viene ritenuta operazione non ordinaria), con la conseguenza che non si viene a modificare il pro rata di detrazione Iva applicabile all’anno.

Si viene però a innescare una possibile rettifica della detrazione per cambio di destinazione (al pari dei fabbricati ammortizzabili) che potrebbe portare a dover restituire una quota dell’Iva detratta nel corso dell’ultimo decennio sul bene (Iva assolta sull’acquisto o sugli interventi incrementativi).

Assegnazione fuori campo Iva

Se il bene viene assegnato fuori campo Iva, non vi saranno conseguenze in termini di pro rata in quanto detta operazione non partecipa al volume d’affari della società assegnante. Vi potranno essere conseguenze in termini di rettifica, evidentemente non con riferimento all’Iva assolta in relazione all’acquisto (se la cessione è fuori campo Iva, in sede di acquisto non vi era addebito dell’Iva o questa non è stata detratta), ma piuttosto quella inerente a eventuali interventi incrementativi operati nel corso del precedente decennio.

I beni riscattati

I ragionamenti proposti sino a ora si complicano quando oggetto di assegnazione è un immobile riscattato, in quanto precedentemente oggetto di un contratto di locazione finanziaria. Peraltro, si tratta di una situazione molto frequente, posto che tali beni presentano un costo fiscalmente riconosciuto molto ridotto e quindi sono quelli che più di tutti traggono beneficio da un’operazione di assegnazione agevolata.

La base imponibile dei beni in leasing

La prima questione da valutare riguarda la base imponibile da utilizzare per la fatturazione (imponibile o esente) dell’assegnazione.

In merito alla base imponibile da indicare in fattura, la circolare n. 26/E/2016, in relazione all’applicazione delle regole dell’articolo 13, D.P.R. 633/1972 al caso del leasing, precisa che: “il valore dei beni deve corrispondere al valore residuo degli stessi al momento del prelievo, in modo tale che si tenga conto, come sopra precisato, dell’evoluzione del valore dei beni tra la data della loro acquisizione e quella della loro estromissione dall’attività di impresa. Attesa la necessità di rispettare le regole comunitarie, si esprime l’avviso che, ferma restando la generale qualificazione del leasing come prestazione di servizio, l’assegnazione dopo il riscatto assume, pertanto, rilevanza, ai fini dell’Iva, non già in funzione del solo prezzo di riscatto, ma di un valore che, oltre gli apprezzamenti e deprezzamenti di cui si è detto, deve essere calcolato tenendo conto anche dei canoni di leasing pagati alla società concedente prima dell’esercizio del riscatto”.

In sostanza, assumendo come corretta l’indicazione dell’Agenzia delle entrate, occorrerà emettere una fattura (imponibile o, più spesso, esente) che porterà un imponibile pari alla sommatoria tra valore del riscatto e valore dei canoni: La posizione non è certo sgombra da censure: i canoni, come la stessa Agenzia delle entrate ricorda, sono prestazioni di servizi, quindi non costituiscono prezzo per l’acquisto del bene (e le forme di rettifica che stiamo considerando vengono operate con riferimento ai beni).

Comunque, anche volendo essere acquiescenti a tale posizione, si pongono ulteriori interrogativi:

  • i canoni di leasing devono essere considerati solo per la parte relativa alla quota capitale del canone, come parrebbe logico?
  • comunque, come già affermato in precedenza, la cessione deve essere decurtata della quota imputabile al deprezzamento, con le relative evidenti problematiche di quantificazione. In questo caso risulta ancora più arduo capire quale sia la grandezza oggetto di deprezzamento.

Aspetti che non hanno ricevuto un puntuale chiarimento.

Va comunque osservato che i beni acquisiti in leasing sono nella più parte dei casi fabbricati strumentali, quindi, l’assegnazione potrebbe avvenire in esenzione senza effetti sul pro rata; la base imponibile, sotto tale profilo, risulta essere problema secondario.

La rettifica della detrazione dei beni in leasing

In relazione ai beni riscattati da leasing si pone un secondo e più delicato problema: si tratta delle modalità con le quali trova applicazione la rettifica della detrazione qualora l’operazione di assegnazione sia avvenuta in esenzione.

Sul tema, la circolare n. 26/E/2016 afferma che: “… in caso di assegnazione di immobili acquisiti mediante contratto di leasing per i quali sia stata esercitata l’opzione d’acquisto, ai fini del computo del periodo decennale di rettifica della detrazione occorre, di regola, fare riferimento alla data di esercizio del diritto di acquisto del bene da parte della società utilizzatrice. È da tale momento, infatti, che, a norma del suddetto articolo 19-bis 2, comma 8, del menzionato D.P.R. 633 del 1972, decorre il periodo decennale di tutela fiscale”.

Sotto questo punto di vista la posizione sposata dall’Agenzia delle entrate è certamente condivisibile, posto che il vero acquisto del bene è avvenuto solo a seguito dell’esercizio dell’opzione di riscatto da parte dell’utilizzatore.

Tale posizione lascia però aperti molti dubbi circa l’importo dell’Iva da sottoporre a rettifica: occorre riferirsi solo al prezzo di riscatto o anche ai canoni addebitati in costanza di contratto? Se infatti si afferma che occorre guardare al momento in cui il bene è stato riscattato per capire se operare o meno la rettifica, l’Agenzia delle entrate non precisa se i canoni debbano o meno essere interessati dalla restituzione dell’imposta (si tenga conto che i canoni, come detto, secondo l’Agenzia delle entrate, devono essere considerati per l’individuazione della base imponibile).

Il tema è fortunatamente stato risolto con la risposta a interpello n. 3/E/2018, attraverso la quale l’Agenzia delle entrate ha avuto modo di puntualizzare che a essere oggetto di rettifica è unicamente il prezzo di riscatto del bene oggetto di assegnazione.

Posizione del tutto condivisibile.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare tributaria”.