26 Ottobre 2017

Ancora incertezze sulla decorrenza delle dimissioni dei sindaci

di Fabio Landuzzi
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La sentenza della Corte di Cassazione n. 9416 del 12 aprile 2017 segna un nuovo, e non felice, tassello sull’annosa ed irrisolta questione della decorrenza degli effetti delle dimissioni dei sindaci di società di capitali. Il tema da sempre oggetto di dibattito è riassumibile nel seguente interrogativo: in caso di dimissioni di uno o di più sindaci, se manca il numero sufficiente di supplenti per garantire la prosecuzione del collegio nella sua interezza, la cessazione ha effetto immediato oppure si determina una prorogatio, e quindi gli effetti decorreranno solamente dal momento della ricostituzione dell’organo di controllo?

Ebbene, la sentenza della Cassazione propende per questa seconda soluzione. Lo fa partendo dal constatare che è obiettivamente controverso in dottrina e in giurisprudenza quale debba essere la decorrenza di effetti della rinuncia all’incarico da parte di un sindaco di società di capitali; in modo particolare se possa estendersi analogicamente ai sindaci la disposizione di cui all’articolo 2385, cod. civ., sulla proroga degli amministratori. Secondo la Cassazione, diversamente da quanto accade per gli amministratori, per i sindaci sono previsti i supplenti, i quali sono già in carica dal momento dell’accettazione dell’incarico. Anzi, secondo la Cassazione, proprio la previsione della necessaria nomina dei supplenti è l’evidente espressione di un’esigenza di continuità dell’organo di controllo, la quale – prosegue la Suprema Corte – è del tutto analoga all’esigenza di continuità dell’organo di amministrazione; di conseguenza, se non è possibile ricostituire il collegio con il subentro automatico dei supplenti, si rende necessaria un’applicazione analogica della disciplina della proroga.

Questo arresto giurisprudenziale riaccende quindi un dibattito, per la verità mai sopito, dovuto ad una lacuna legislativa che meriterebbe di essere una volta per tutte risolta. Molti sono infatti i riferimenti di dottrina autorevole e di giurisprudenza che si pongono in contrasto con quanto affermato in questa recente sentenza della Suprema Corte (per tutti: le Massime H.E.1 e I.D.3 del Notariato del Triveneto; le Norme di comportamento del Collegio sindacale pubblicate dal CNDCEC; il documento di Unioncamere Toscana di maggio 2013; Tribunale di Milano, 2 agosto 2010; Tribunale di Bari, 2 febbraio 2013; ecc.).

Inoltre, osservata la questione sotto un mero profilo giuridico, va ricordato che la rinuncia all’incarico è un atto unilaterale recettizio il quale produce effetti dal momento in cui viene ricevuto dal destinatario. Allora, ammettere che il povero sindaco dimissionario resti in carica anche contro la sua manifesta volontà, espressa con la formale rinuncia, ha il significato di comprimere ingiustificatamente il diritto del professionista alla libera disponibilità di recedere dall’incarico assunto.

Non va poi dimenticato l’esito del quesito che venne posto dal CNDCEC al Ministero dello Sviluppo Economico (risposta resa con la circolare n. 3687/C del 2016), riguardo alla identificazione del soggetto avente il diritto di cancellare dal Registro imprese il sindaco dimissionario. La questione riguardava il caso dell’inerzia degli amministratori rispetto all’obbligo di cui all’articolo 2400, comma 2, cod. civ., ai sensi del quale la cessazione del sindaco deve essere iscritta nel Registro delle imprese “a cura degli amministratori” nel termine di 30 giorni. Domanda: cosa può fare il sindaco dimissionario se gli amministratori non iscrivono la sua cessazione al Registro imprese? Nella risposta resa dal MiSE, viene dapprima evidenziato come la norma imponga un obbligo per gli amministratori il cui ritardo, o la cui omissione, comporta la sanzione ex articolo 2630, cod. civ..

Prosegue poi la nota del MiSE osservando come in questo caso si realizzi un contrasto fra una norma che pone a carico degli amministratori un obbligo, e l’interesse dei sindaci apparentemente disarmati. La soluzione individuata dal MiSE è che, una volta trascorso il termine di 30 gg., entro cui gli amministratori devono dare pubblicità legale alla cessazione del sindaco dimissionario, il Registro imprese possa essere a tale scopo sollecitato da un soggetto esterno ai sensi dell’articolo 9 della Legge 241/1990. Quindi, trascorsi inutilmente i 30 gg., la pubblicità si attua per via del procedimento di iscrizione d’ufficio della cessazione del sindaco dimissionario, ai sensi dell’articolo 9, Legge 241/1990, a seguito della segnalazione attivata dallo stesso sindaco cessato.

In conclusione, la nota del MiSE sembra confermare la non applicazione della prorogatio alle dimissioni del sindaco, oltre ad offrire una soluzione adeguata per i professionisti in tutte le situazioni in cui un’omissione degli amministratori rischia di consolidare un’asimmetria grave fra la situazione reale e quella apparente che continuerebbe a figurare presso il Registro delle imprese.

 

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