18 Novembre 2022

Anche la Cassazione riconosce il registro al 9% in caso di decadenza dalla ppc

di Francesca BeniniLuigi Scappini
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L’articolo 2, comma 4-bis, D.L. 194/2009 regolamenta un particolare regime agevolato per l’acquisto e l’accorpamento della piccola proprietà contadina (nel seguito “ppc”).

In particolare, tale articolo prevede l’applicazione delle imposte di registro e ipotecaria nella misura fissa (200 euro) e dell’imposta catastale nella misura dell’1%, per gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti, effettuati da parte di coltivatori diretti e Iap, regolarmente iscritti nella relativa gestione previdenziale e assistenziale. Inoltre, il citato articolo prevede che gli onorari dei notai siano ridotti alla metà.

A scopo antielusivo, inoltre, l’articolo 2, comma 4-bis, D.L. 194/2009 sancisce la decadenza dal regime della ppc nel caso in cui, prima che siano trascorsi 5 anni dalla stipula degli atti, i terreni vengano alienati volontariamente oppure venga meno la coltivazione o conduzione diretta.

In alternativa a tale norma agevolativa ma al contempo vincolante per almeno un quinquennio, il Legislatore, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, Tariffa, Parte prima, allegata al D.P.R. 131/1986, ha previsto l’applicazione dell’aliquotaridotta” in misura pari al 9% in sostituzione di quella “ordinaria” pari al 15%.

La possibilità di beneficiare della citata aliquota ridotta è stata espressamente condivisa dall’Agenzia delle entrate che, con la consulenza giuridica n. 7 del 24.06.2020, basandosi su una lettura a contrario dell’articolo 1, comma 3, Tariffa, Parte prima, allegata al D.P.R. 131/1986, ha espressamente affermato che si applica l’imposta di registro nella misura del 15% “Se il trasferimento ha per oggetto terreni agricoli e relative pertinenze a favore di soggetti diversi dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale“.

Sulla base di tale affermazione, pertanto, l’Agenzia delle entrate ha riconosciuto, alle cessioni effettuate nei confronti di coltivatori diretti e Iap, iscritti nella relativa gestione previdenziale e assistenziale, in assenza della richiesta di beneficiare della c.d. ppc, l’applicazione l’imposta di registro nella misura del 9% prevista, dall’articolo 1, comma 1, Tariffa, Parte prima, allegata al D.P.R. 131/1986.

A questo riguardo, tuttavia, occorre ricordare che, in passato, l’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 100/E/2014, aveva negato la possibilità di fruire di un’agevolazione fiscale richiesta in atto in via subordinata, in caso di decadenza da altra agevolazione richiesta nel medesimo atto in via principale.

Tale posizione di prassi è conforme al costante indirizzo giurisprudenziale di legittimità secondo cui “i poteri di accertamento e valutazione del tributo si esauriscono nel momento in cui l’atto viene sottoposto a tassazione e non possono rivivere”.

Alla luce di quanto sopra, pertanto, in linea di principio, ne potrebbe derivare, quale conseguenza pratica, che, in caso di contestazione da parte dell’Agenzia delle entrate circa la sussistenza dei requisiti della ppc, l’ente impositore possa liquidare l’imposta di registro nella misura dell’aliquota ordinaria del 15%.

In relazione a tale aspetto, tuttavia, si evidenzia che l’Agenzia delle entrate, con la risposta a interpello n. 551/2020, ha riconosciuto l’applicazione dell’aliquota del 9% sia nel caso di rinuncia espressa in atto da parte del contribuente dell’agevolazione di cui all’articolo 2, comma 4-bis, D.L. 194/2009, sia nella differente fattispecie di decadenza dall’agevolazioni per effetto della cessione o del venir meno della coltivazione o conduzione diretta del fondo, nel quinquennio di monitoraggio.

Tali conclusioni derivano dalla circostanza che la decadenza si origina per il venir meno del requisito oggettivo richiesto, mentre rimangono fermi quelli soggettivi dell’essere coltivatore diretto o Iap regolarmente iscritto alla previdenza agricola, ragion per cui rimane applicabile l’agevolazione “alternativa” prevista dall’articolo 1, comma 1, Tariffa, Parte prima, allegata al D.P.R. 131/1986, per “gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere“.

Recentemente la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33288 dell’11.11.2022, si è allineata a tale impostazione affermando il principio di diritto per cui deve essere applicatadi default” l’imposta di registro nella misura del 9% ai trasferimenti di terreni agricoli e relative pertinenze a favore di coltivatori diretti e Iap che siano iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale tutte le volte in cui venga “esclusa (per revoca, decadenza o rinunzia) la concessione delle agevolazioni previste per la piccola proprietà contadina in base all’articolo 1, comma 4, del D.L.vo 29 marzo 2004, n. 99”.