30 Luglio 2019

Agricoltura: nuove opportunità dai certificati bianchi

di Luigi Scappini
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L’articolo 48 D.L. 34/2019 (c.d. Decreto crescita) è intervenuto sul comparto energetico e, nello specifico, con i commi da 1-bis a 1-quater ha modificato le regole secondo le quali i progetti di efficienza energetica tramite utilizzo di fonti rinnovabili per usi non elettrici rientrano nel meccanismo per l’erogazione dei Tee (Titoli di efficienza energetica), più comunemente chiamati “certificati bianchi”, introdotti con l’articolo 10, D.M. 20.07.2004 e disciplinati da ultimo con il D.M. 11.01.2017, adottato ai sensi dell’articolo 7, comma 5, D.Lgs. 102/2014.

L’articolo 6, comma 4, D.M. 11 gennaio 2017, in particolare, stabilisce che tali progetti sono ammessi al meccanismi di assegnazione dei certificati bianchi solamente per la parte relativa alla capacità di incrementare l’efficienza energetica e di generare dei risparmi di energia non rinnovabile.

I certificati bianchi rappresentano dei titoli negoziabili sul mercato e che sono rappresentativi dei risparmi energetici nell’utilizzo finale dell’energia.

La negoziabilità di tali certificati deriva dall’obbligo, sussistente in capo ai distributori di energia e gas naturale con più di 50.000 clienti finali, di ottenere ogni anno un risparmio di energia primaria.

Per adempiere a tale obbligo, tali soggetti possono, alternativamente, procedervi o realizzando direttamente o a mezzo di controllate, i progetti di efficienza energetica, o andando ad acquistare sul mercato i titoli rappresentativi del risparmio (i certificati bianchi).

Il Decreto crescita, come anticipato, interviene andando a modificare i parametri di accesso al meccanismo di erogazione dei certificati bianchi.

Il comma 1-bis stabilisce, nello specifico, che il risparmio ai fini dell’ammissione al meccanismo viene determinato:

  1. in base all’energia non rinnovabile sostituita rispetto alla situazione di baseline, per i progetti che prevedono la produzione di energia tramite fonte solare, aerotermica, da bioliquidi sostenibili, da biogas e dalle biomasse ricomprese nella Tabella 1-A del D.M. 06.07.2012;
  2. in base all’incremento dell’efficienza energetica rispetto alla situazione di baseline in tutti gli altri casi.

Indubbio è il vantaggio che si ottiene in termini di conteggi ai fini dell’assegnazione dei certificati bianchi nel caso in cui si investa in un impianto a biomasse, in quanto tutta l’energia non rinnovabile sostituita viene inserita nel conteggio.

Gli impianti a biomasse fino a 2 MW termici, ai sensi del successivo comma 1-ter dell’articolo 48 D.L. 34/2019, devono rispettare i limiti di emissione in atmosfera e le modalità di misurazione come individuate dal D.M 16.02.2016.

La novità sopra individuata è di sicuro appeal per le imprese agricole che potranno direttamente o a mezzo di una E.S.Co. (energy service company) procedere alla presentazione dei progetti e in tal modo vedersi assegnati i certificati bianchi in ragione dell’effettivo risparmio ottenuto che, nel caso di primo intervento, sarà rappresentato dal 100% dell’energia sostituita.

In tal modo l’imprenditore agricolo, una volta ottenuti i certificati bianchi, potrà procedere alla loro vendita sul GME.

Da un punto di vista Iva, la cessione dei certificati bianchi è riconducibile a una prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 3 D.P.R. 633/1972, con applicazione dell’aliquota ordinaria del 22%, con obbligo di separazione delle attività ai sensi dell’articolo 36 D.P.R. 633/1972.

A tal fine, infatti, si ricorda come l’articolo 34, comma 5, D.P.R. 633/1972 stabilisca che “Se il contribuente, nell’ambito della stessa impresa, ha effettuato anche operazioni imponibili diverse da quelle indicate nel comma 1, queste sono registrate distintamente e indicate separatamente in sede di liquidazione periodica e di dichiarazione annuale”.

Tuttavia, si rileva come tali operazioni devono avere il carattere dell’occasionalità e dell’accessorietà all’attività agricola svolta.

Al contrario, se in esse si riscontra una sistematicità e organizzazione, si è in presenza di una attività diversa che deve essere gestita con contabilità separata, fattispecie che si verifica nel caso di cessione dei certificati bianchi sul mercato elettrico.

Ai fini dell’imposizione diretta, la cessione rappresenta un’integrazione di ricavi assimilabile a un contributo in conto esercizio.

Nel caso di soggetto operante in agricoltura, come confermato dall’Agenzia delle entrate con la consulenza giuridica n. 954-21/2014 del 15.05.2015, i ricavi dalla cessione dei certificati bianchi trovano piena copertura nel reddito agrario di cui all’articolo 32 Tuir, come previsto per i certificati verdi con la circolare AdE 32/E/2009.

Tuttavia, tale affermazione non può essere pacificamente accolta quando l’imprenditore agricolo non opera esclusivamente nei limiti di cui all’articolo 32 Tuir o ancora quando sia un soggetto che solamente su opzione determina il reddito secondo le regole di cui sopra.

In tal caso si dovrà fare particolare attenzione, in quanto bisognerà attribuire i ricavi dei certificati bianchi alle singole componenti dell’attività in modo da ricondurli a corretta tassazione.

Tali casistiche si manifestano soprattutto in quelle aziende agricole che maggiormente possono avere interesse a sostituire l’approvvigionamento ordinario di energia con una fonte rinnovabile in quanto aziende ad intensa trasformazione (ad esempio i caseifici e le cantine), o che fruiscono in misura consistente di energia per la loro produzione (vivai) per i quali le biomasse rappresentano un sistema per abbattere i costi di gestione.

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