29 Maggio 2020

Acquisti di mascherine senza utilizzo del plafond per l’esportatore abituale

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
Scarica in PDF
La scheda di FISCOPRATICO

L’acquisto di mascherine e degli altri beni elencati nell’articolo 124 D.L. 34/2020 fino al prossimo 31 dicembre 2020 avviene in esenzione Iva con conseguente “risparmio” nell’utilizzo del plafond da parte dell’esportatore abituale.

È questa una delle numerose conseguenze che derivano dall’introduzione di una nuova, sia pure particolare e temporanea, fattispecie di operazioni esenti Iva ad opera del citato articolo 124 D.L. 34/2020 (cd. Decreto Rilancio).

Come noto, al fine di contenere i costi relativi alle forniture di mascherine e di altri beni finalizzati al rispetto dei protocolli imposti dal Governo in questi mesi, l’articolo 124, comma 1, D.L. 34/2020 ha previsto che, a partire dal prossimo 1° gennaio 2021, le cessioni di alcuni beni aventi le predette finalità sono soggette all’aliquota Iva del 5% (inserendo il nuovo numero 1-ter.1 alla tabella A, parte II-bis, allegata al D.P.R.  633/1972).

Il successivo comma 2 dello stesso articolo ha poi previsto che, limitatamente alle operazioni effettuate dal 19 maggio 2020 (data di entrata in vigore del Decreto Rilancio) al 31 dicembre 2020 le cessioni dei beni elencati nel comma 1 sono esenti da Iva, precisando che resta fermo il diritto alla detrazione dell’imposta ai sensi dell’articolo 19, comma 1, D.P.R. 633/1972.

Tralasciando gli aspetti relativi alle conseguenze derivanti dalle operazioni esenti (nel caso di specie sterilizzate), è opportuno evidenziare che la “trasformazione” di queste cessioni da imponibili ad esenti (per l’anno 2020) determina altre conseguenze rilevanti.

In particolare, per quel che interessa in questa sede, il soggetto passivo che vanta lo status di esportatore abituale può evitare di spendere il plafond disponibile per l’acquisto dei beni elencati nel comma 1 dell’articolo 124, trattandosi di operazioni oggettivamente esenti.

Laddove siano state consegnate ai fornitori delle dichiarazioni d’intento, pare opportuno revocarle o almeno “sospenderle” attingendo, in tale ultimo caso, ai chiarimenti forniti con la risposta alla consulenza giuridica 954-6/2018.

Con tale risposta, si ricorda, l’Agenzia ha consentito l’utilizzo “intermittente” della dichiarazione d’intento, consentendo all’esportatore abituale di chiedere al fornitore di effettuare alcune forniture con applicazione dell’Iva, sospendendo in tal modo la dichiarazione d’intento senza revocarla.

Nel caso di specie, trattandosi di un’esenzione efficace fino alla fine del 2020, pare più opportuno procedere con la revoca della dichiarazione d’intento anche se, come detto, il regime delle cessioni di tali beni è oggettivamente esente.

Nella relazione al decreto si legge che, con questa disposizione, viene riconosciuta l’applicazione di un’aliquota Iva pari a zero, in conformità a quanto comunicato dalla Commissione europea agli Stati membri con nota del 26 marzo 2020 in merito alle misure che possono essere adottate con urgenza per mitigare l’impatto della pandemia.

La previsione di un’aliquota “zero” è ovviamente del tutto teorica, e nella prassi dell’Agenzia delle entrate tale concetto era già stato spiegato in passato in relazione alle richieste di rimborso Iva da parte dei coloro che effettuano operazioni attive in regime di inversione contabile al fine di computare tra le operazioni per il calcolo dell’aliquota media anche tali operazioni.

Nel caso di specie, il legislatore nazionale ha preferito inserire una nuova previsione di esenzione in luogo dell’inversione contabile proprio in funzione del fatto che gli acquirenti finali di tali beni sono consumatori finali che, come tali, sarebbero rimasti in ogni caso incisi del tributo (come avverrà, tra l’altro, a partire dal 2021).