14 Maggio 2014

Accertamento da studi di settore e motivazione della sentenza

di Luigi Ferrajoli
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In un’unica pronuncia la Corte di Cassazione affronta, nuovamente, temi frequentemente sottoposti al suo vaglio a seguito di sentenze non adeguatamente motivate.

La vicenda, oggetto della sentenza n. 7658 del 02/04/2014, nasceva dall’emissione, nei confronti di un soggetto esercente attività di impresa per il trattamento ed il rivestimento dei metalli, di un avviso di accertamento avente ad oggetto maggiore IVA ed IRPEF per l’anno di imposta 1996, in applicazione dei parametri di cui alla L. 549/1995.

L’atto veniva impugnato dal contribuente dinanzi alla CTP di Roma che rigettava il ricorso. Il contribuente, quindi, proponeva appello alla CTR di Roma che riformava la sentenza di primo grado in favore dell’appellante, annullando l’atto di accertamento in quanto formato con mero riferimento ai coefficienti presuntivi di reddito di cui al D.P.C.M. del 27/03/1997, da ritenersi presunzioni semplici, senza che l’Ufficio avesse fornito a conforto ulteriori gravi, precisi e concordanti elementi dallo stesso accertati.

L’Agenzia delle Entrate impugnava la decisione in Cassazione rilevando, per quanto di nostro interesse, i vizi di omessa pronuncia e omessa motivazione, e contestando il valore probante riconosciuto dalla CTR alla procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri e degli studi di settore.

Si ritiene opportuno dare conto dei passi salienti della pronuncia che rappresentano orientamenti costanti sviluppatisi in seno alla Corte.

Sul tema dell’omessa pronuncia la Cassazione ritiene, come più volte ribadito, che ad integrare gli estremi di tale vizio “non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto” (Cassazione 20311/2011 e 3756/2013); “in particolare, si è precisato, la differenza fra l’omessa pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c., e l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, si coglie nel senso che, nella prima, l’omesso esame concerne direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa […] là dove, nel caso dell’omessa motivazione, l’attività di esame del giudice che si assume omessa non concerne la domanda o l’eccezione direttamente, bensì una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione e, quindi su uno dei tratti principali della controversia” (Cassazione 5444/2006).

Riguardo il valore di presunzione legale riconosciuto ai parametri presuntivi ex L. 549/1995, la Corte afferma che la procedura di accertamento tributario standardizzato costituisce “un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sè considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente(Cassazione 26635/2009). E’, quindi, onere del contribuente fornire la prova contraria, mentre in caso di mancata comparizione al contraddittorio lo stesso si assume le relative conseguenze, rappresentate dalla possibilità per l’Ufficio di motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”.

In terzo luogo sul vizio di insufficiente motivazione su un fatto decisivo della controversia, la Corte ribadisce che ai fini della sufficienza della motivazione della sentenza, nell’esame dei fatti di prova, il giudice non può limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perché questo è il solo contenuto “statico” della complessa dichiarazione motivazionale, ma “deve impegnarsi anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto “dinamico” della dichiarazione stessa” (Cassazione 1236/2006). Inoltre, come affermato recentemente dalle Sezioni Unite: “la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento” (Cassazione SSUU 24148/2013).

La sentenza viene quindi cassata con rinvio alla CTR del Lazio affinché, in altra composizione, provveda ad emendare i vizi motivazionali e logici della pronuncia attenendosi ai principi enunciati dalla Corte di Cassazione.